Tel Aviv è una bolla, dicono. Perché tutto quello che accade qui è diverso da ciò che succede nel resto di Israele. Ma se Tel Aviv è «The Bubble», allora il suo quartiere Florentin è molto di più. Tra le sue strade sgargianti di graffiti può addirittura accadere che le cose accadano al contrario. Un esempio? Nelle ultime elezioni israeliane di aprile, Florentin è stata l’unica circoscrizione del Paese in cui i partiti di sinistra hanno preso più del 70% dei voti. Un caso unico e in netta controtendenza nella complicata geografia politica dello Stato ebraico, che ha visto invece crescere quasi ovunque il blocco delle destre nazionaliste e religiose.
Florentin il quartiere ribelle. Florentin il quartiere bohémien. Florentin il quartiere più hipster del mondo. Dove si guarda con sfiducia alle politiche del governo di Benjamin Netanyahu e dove le tensioni mediorientali, a differenza del resto del Paese, risuonano come un’eco lontana. Qui può addirittura sembrare di non essere nemmeno nello Stato ebraico, quando appiccicato a un muro vedi il manifesto di un dj-set in discoteca, intitolato «The Arabs do it better», “gli arabi lo fanno meglio”.
Quella di Florentin è la storia di un quartiere da sempre abitato dalle classi più emarginate della società israeliana, cresciuto negli anni ‘50 dopo la creazione di Israele, grazie all’arrivo di operai dalla Grecia e dalla Bulgaria. Braccia, e mani abituate a stringersi in pugno, lavoratori tradizionalmente socialisti, se non addirittura comunisti. Un retaggio politico che è rimasto. Su alcuni balconi oggi sventola la bandiera rossa e nera dell’Antifaschistische Aktion, il collettivo antifascista internazionale. Un simbolo legato anche alla squadra di calcio locale, l’Hapoel Tel Aviv, di cui Florentin è da sempre la roccaforte. I suoi tifosi, schierati politicamente a sinistra, sono conosciuti per i loro cori in favore della pace tra israeliani e palestinesi. «Love Israele, hate racism» è lo slogan più famoso.
Al bar Kiosko, in una delle strade centrali del quartiere, ci sono tanti piccoli Benjamin Netanyahu appesi a testa in giù sopra il bancone. Per Yetam Cohen, architetto di 46 anni e proprietario del locale, è un modo per resistere. Il suo locale, spremute d’arancia e musica a tutto volume del chitarrista nigerino Bombino, è «una casa per tutti coloro che credono che si possa ancora cambiare questo Paese». Nel suo bar, Yetam organizza dibattiti, invitando politici sia arabi che israeliani, propone conferenze, allestisce mostre denunciando i problemi concreti della società israeliana. «L’ultima la abbiamo smantellata proprio oggi: una esibizione fotografica sulla carenza di alloggi a bassa pigione. Florentin è sempre stata così: un luogo di speranza e di denuncia».
Del resto il carattere battagliero del quartiere è su ogni muro, ad ogni angolo di strada. A Florentin ci sono migliaia e migliaia di graffiti. The Street Art of Tel Aviv, un’esposizione a cielo aperto, che oggi anche le guide turistiche invitano a visitare, con tanto di tour organizzati due sere a settimana. Graffiti che invitano a riflettere sulla contemporaneità israeliana: dalla giustizia sociale, alle divisioni tra arabi ed ebrei, al capitalismo, alla povertà.
A fine anni ‘90 la televisione israeliana cominciò a trasmettere una serie televisiva dedicata a Florentin, che raccontava le difficoltà quotidiane di un gruppo di giovani del quartiere. La serie divenne ben presto un cult in Israele, e la fama di Florentin cambiò. Da quartiere dubbio e malfamato, oggi Florentin è diventato un quartiere alla moda, dove fa tendenza vivere. Così negli ultimi anni i prezzi immobiliari hanno cominciato a crescere, e oggi Florentin è a rischio gentrificazione: si demoliscono e si ristrutturano le vecchie case, e si costruiscono nuovi appartamenti di alto standing, che pochi, qui, possono permettersi.
Ma tra i marciapiedi sovrastati da coreografie multicolore, ai tavolini dei bar alternativi, tra negozi vegan e monopattini elettrici, il fascino di Florentin attira ancora giovani da tutto il Paese. Come Yael, 30 anni, fotografa di matrimoni, che due anni fa si è trasferita qui fa da Bet Shemesh, una cittadina nel centro di Israele. Nel quartiere ha trovato un’atmosfera più rilassata e un modo di vivere più aperto e inclusivo. «Noi israeliani vogliamo solo appartenere a un paese normale, e qui ci riusciamo meglio che nel resto di Israele».
Una Israele dentro Israele è Florentin. Un luogo prezioso, perché mostra l’esistenza di un altro paese, ben lontano dalle tensioni che si percepiscono sulle aspre colline degli insediamenti ebraici in Cisgiordania e dagli stereotipi forgiati da decenni di conflitto israelo-palestinese. Forse, sperano tutti qui, si può ancora cambiare qualcosa.