Il Papa in Colombia per suggellare la pace

Dal 6 all’11 settembre Sarà il suo 4. viaggio in America Latina, l’ultimo in Messico
/ 04.09.2017
di Giorgio Bernardelli

In un mondo dove i venti di guerra soffiano e i muri continuano ad alzarsi, Papa Francesco sta per partire per un nuovo viaggio che lo porterà in uno dei pochi angoli del mondo dove – almeno ufficialmente – è in corso un processo di pace. Da mercoledì 6 e fino a lunedì 11 settembre Bergoglio sarà infatti in visita in Colombia, in un itinerario che vede al centro proprio il superamento delle ferite lasciate in eredità dal lungo conflitto tra la guerriglia marxista delle Farc e l’esercito di Bogotà.

Le Farc – Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia – sono state a lungo il più longevo dei movimenti guerriglieri di stampo marxista in America Latina. Nate nel 1964 hanno condotto una lotta armata durata più di mezzo secolo, con una guerra che ha lasciato dietro di sé 260’000 morti e almeno 60’000 dispersi. Numeri che bastano da soli a dire come voltare pagina non possa essere un fatto indolore a Bogotà: il negoziato condotto a Cuba, con il sostegno aperto del Vaticano oltre a quello della Spagna, è stato lungo; e lo stesso accordo firmato nell’agosto 2016 dal presidente Juan Manuel Santos – per questo insignito del premio Nobel per la pace – è finito poi impallinato in ottobre nel referendum popolare che avrebbe dovuto confermarlo. Il processo di pace non si è però fermato: il testo dell’intesa è stato emendato e approvato a maggioranza dal Parlamento, che ha fissato un nuovo percorso nel quale una delle tappe fondamentali è stata il 15 agosto scorso la consegna delle ultime armi da parte degli ex-guerriglieri delle Farc. Il movimento rivoluzionario ha completato la sua trasformazione in partito politico in vista delle elezioni del 2018, con lo stesso ex comandante Timochenko che ha simbolicamente abbandonato il nome di battaglia per tornare a essere il cittadino Rodrigo Londoño. «Questo regime e questo sistema non sono fatti per noi. Ma ci siamo dentro e siamo qui per cambiarlo», ha detto appena pochi giorni fa a 1100 delegati riuniti per il primo congresso del nuovo partito.

Al di là delle dichiarazioni – però – voltare pagina resta difficile, soprattutto in un contesto in cui le ferite restano aperte, la corruzione endemica, le diseguaglianze sociali diffuse. L’ex presidente Alvaro Uribe – che è stato il grande oppositore degli accordi – rimane il punto di riferimento di quella metà del Paese che ritiene la pace con le Farc un oltraggio alla memoria delle vittime della guerriglia. C’è però anche un altro rischio molto concreto: quello che – soprattutto in alcune aree periferiche – lo spazio lasciato libero dal movimento rivoluzionario venga occupato dai gruppi criminali, pronti ad arruolare gli ex guerriglieri che smobilitano. Un dato in particolare appare preoccupante: il ritorno della coltivazione della coca; le stime parlano di una crescita dai 96 mila ettari del 2015 ai 150 mila del 2016.

Dentro a questo scenario Papa Francesco proverà a spendere il suo carisma per dare corpo al percorso di riconciliazione nazionale che gli accordi di pace presuppongono. Bergoglio visiterà quattro città pronunciando ben dodici discorsi; tra le tappe c’è anche Medellin, che per la memoria della Chiesa latino-americana rappresenta lo storico incontro di Paolo VI con i campesinos nel 1968 e l’«opzione preferenziale per i poveri», il grande slogan nel cui alveo si sviluppò la Teologia della liberazione.

Anche questo quarto ritorno di Papa Francesco nella sua America Latina avrà comunque un significato ben al di là dei confini della Colombia. Non fosse altro che per l’inevitabile accostamento con il vicino Venezuela, da mesi alle prese con il durissimo braccio di ferro tra il presidente Nicolas Maduro e le proteste di piazza, che hanno già fatto più di cento morti. L’eredità pesante di Hugo Chávez – con tutte le contraddizioni di un socialismo fondato esclusivamente sulle rendite petrolifere – resta infatti un rompicapo per il Vaticano che, nonostante i ripetuti appelli e tentativi di mediazione, a Caracas non riesce a proporre una strada che faccia uscire davvero il Paese dal muro contro muro.

È probabile che dalla Colombia Papa Francesco torni a lanciare un appello per il Venezuela anche per il significato che questa vicenda assume oggi per tutto il Continente. Il tramonto del sogno neo-bolivariano appare evidente; ma l’unica alternativa disponibile rischia di essere il ritorno a un modello squisitamente neo-liberista. Anche il recentissimo colpo di mano di Michel Temer in Brasile con la decisione di cancellare con un colpo di penna un’immensa riserva naturale in Amazzonia per fare spazio agli interessi dell’industria estrattiva appare come un chiaro segnale in questo senso.

Sarà la politica il cuore di questo viaggio in Colombia di Francesco: la proposta di un modello capace di includere i poveri, gli indios, i contadini senza terra senza le scorciatoie di un socialismo rivelatosi incapace di incidere davvero sui meccanismi che generano l’ingiustizia. Altrimenti l’unica alternativa per le masse impoverite dei latinos resterà sempre e solo trovare un varco nascosto sotto il muro dell’America di Trump.