167 anni. Da dove iniziare a ricordare qualche tappa di questa lunga storia? Tenendo conto del suo epilogo, stiamo parlando del Credit Suisse, val forse la pena di cominciare con un po’ di leggerezza e, perché no, con una vecchia cuffia, di quelle che si mettevano sulle piste da sci quando ancora nevicava copiosamente. Un berretto tricolore – bianco, rosso e azzurro – con una croce elvetica stilizzata, e due sigle: SKA e CS. Era il 1977 quando i vertici della banca decisero di distribuirne quasi un milione, gratis. Oggi il Credit Suisse è in via di liquidazione e quella cuffia, ironia della storia, vale molto più di una singola azione del gruppo zurighese. Basti dire che la settimana scorsa sul portale di vendite online Ricardo c’era chi chiedeva fino a 550 franchi per uno di quegli storici berretti. Il valore dell’azione invece è scivolato sotto il franco svizzero, non basta nemmeno per bere un caffè. E qui finisce questo incipit all’insegna della leggerezza.
Quella cuffia ci permette però di parlare anche di una delle tante zone d’ombra con cui si è dovuto confrontare l’istituto di Zurigo, una vicenda che risale allo stesso anno, il 1977, e che coinvolse appieno il Ticino. Non per nulla quel caso è passato alla storia come «Lo scandalo di Chiasso». Fu un intreccio di operazioni non autorizzate, attraverso soldi in nero in fuga dall’Italia e una finanziaria basata nel Liechtenstein, chiamata Texon. Un caso di riciclaggio sull’asse Chiasso-Vaduz che quando venne alla luce, in seguito alla crisi petrolifera, aveva ormai causato una voragine da oltre un miliardo e 400 milioni di franchi. Il presidente generale della banca dovette lasciare il suo incarico, i vertici del CS di Chiasso finirono in galera e ci fu persino un risvolto politico, visto che un Consigliere di Stato ticinese, Fabio Vassalli, si vide costretto a dimettersi dal Governo per alcuni suoi contatti con la stessa Texon, che lui in un primo tempo aveva invano cercato di nascondere. Una questione da cui non emersero responsabilità gravi, ma quella mancanza di trasparenza gli costò il posto in Governo, appena due anni dopo la sua elezione.
Già allora, come del resto sta capitando anche oggi, questa vicenda diede il via a un infuocato dibattito politico a Berna, dove vennero depositati ben 17 atti parlamentari che chiedevano di accrescere la vigilanza pubblica sull’intero settore finanziario elvetico e una limitazione del segreto bancario. La vicenda Texon fu il primo grande passo falso di questa banca nata a Zurigo nel 1856. E qui val la pena di tornare proprio a quegli anni, alla seconda metà dell’Ottocento, e al fondatore dell’istituto, lo zurighese Alfred Escher, considerato uno dei padri della Svizzera moderna. E anche qui c’è un intreccio, questa volta di visioni e di progettualità, che porta di nuovo al Ticino e, in particolare, alla prima galleria ferroviaria del San Gottardo. Erano decisamente altri tempi, basti ricordare che Escher rivestì diverse cariche politiche anche contemporaneamente, visto che le leggi di allora lo permettevano.
Nato nel 1819, a soli 29 anni e a nome del suo partito, il PLR, fu eletto nel Governo del canton Zurigo, dove fu a lungo anche deputato in Gran consiglio. A livello federale Escher fece parte del Consiglio nazionale per ben 34 anni e per quattro volte fu presidente dell’Assemblea federale. Un primato. A lui e Stefano Franscini, primo consigliere federale ticinese, si deve la creazione del Politecnico federale di Zurigo. Non ebbe mai l’ambizione di diventare consigliere federale. Gli bastava, si diceva allora, dominare il Governo dall’esterno. Non per nulla lo storico Peter Stadler lo ha definito «l’unico statista della Svizzera di quel tempo che poteva assomigliare, seppur da lontano, a Bismarck». Ma Escher non fu solo un politico, fu anche un imprenditore e un pioniere. A lui si deve in particolare lo sviluppo della rete ferroviaria, che in Svizzera in quegli anni era appena agli albori e in grave ritardo rispetto a diversi altri Paesi europei. In Parlamento, Escher riuscì ad imporre la sua visione liberale e a fare in modo che il finanziamento e i lavori per l’estensione della rete ferroviaria fossero affidati all’economia privata e non alla Confederazione. E così fu anche per la prima galleria del San Gottardo, l’impresa di quel secolo.
Per far questo c’era però bisogno di investitori e di una nuova banca, con caratteristiche e servizi ben più efficaci di quelli offerti da una semplice cassa di risparmio. Nella sua Zurigo Alfred Escher creò così il Credito Svizzero. Era il 1856 e la città sulla Limmat non era certo quella che conosciamo oggi, nel nostro Paese i centri di maggior rilievo erano allora le antiche città commerciali di Basilea, Ginevra o San Gallo e nulla lasciava immaginare che Zurigo si sarebbe presto trasformata nella prima piazza bancaria della Svizzera. Per Escher, che aveva solo 39 anni, fu un successo fin dai primi giorni. Basti dire che la sottoscrizione delle azioni della banca andò subito a gonfie vele, come ricorda un altro storico, Joseph Jung, nel suo volume Alfred Escher, il fondatore della Svizzera moderna. «Era ormai un fenomeno sociale, occorreva assolutamente prendervi parte e soprattutto evitare di diventare lo scherno di tutti arrivando troppo tardi. Fu un evento unico nella storia dell’economia svizzera del XIX secolo». Sbocciò così, con questo slancio inatteso, quello che sarebbe poi diventato il fiore all’occhiello della finanza svizzera, a fianco e in rivalità costante con UBS.
Già nel 1870 la banca aprì la sua prima filiale a New York, ci vollero invece più di 30 anni per aprirne una a Basilea, la prima sede svizzera del CS al di fuori della città di Zurigo. Escher non si limitò a dar vita a questa banca, si mosse ad esempio, anche in campo assicurativo creando quelle che oggi sono Swiss Life e Swiss Re. Quest’uomo che come nessun altro seppe plasmare la Svizzera dell’Ottocento morì quasi dimenticato, lontano dalla gloria, a causa soprattutto degli scontri per la gestione del progetto ferroviario del San Gottardo, segnata da importanti sorpassi di spesa e dalla morte di 177 operai. Oggi davanti alla stazione di Zurigo Escher guarda dall’alto della sua statua verso la Bahnhofstrasse, con la sede centrale del Credit Suisse lì a poche centinaia di metri. Ha creato una banca, altri l’hanno trasformata in un colosso mondiale e altri ancora l’hanno portata alla sua rovina. Un crollo dalle conseguenze ancora in gran parte da definire, anche per chi ci lavora, ma che ci permette di tornare a guardare ad Alfred Escher. E chissà che nelle visioni di questo fondatore della Svizzera moderna non si possano trovare degli sprazzi di luce per uscire da questo vicolo buio.