Il modello portoghese

Rinascita economica – Il governo delle sinistre del premier António Costa in due anni è riuscito quasi miracolosamente a risollevare il Paese quando era a un passo dal baratro, attirando l’interesse di Bruxelles
/ 29.01.2018
di Gabriele Lurati

A Lisbona nessuno avrebbe scommesso un solo centesimo sulla sua durata. Quando nel novembre 2015 l’ex sindaco della capitale lusitana, il socialista António Costa, formò il governo delle sinistre unite, lo scetticismo era largamente diffuso. In un Paese dove storicamente i vari partiti della sinistra sono sempre stati divisi e alle prese con guerre fratricide, la nascita di un esecutivo socialista sostenuto da tre componenti con anime diverse (i comunisti del PCP, il «Blocco di sinistra» e i Verdi) era visto con perplessità o persino deriso. L’opposizione di destra affibbiò al nascente governo il nome spregiativo di «geringonça» (una parola usata in genere per definire un aggeggio obsoleto e difettoso), tanto erano scarse le possibilità di riuscita di António Costa. Invece, a distanza di poco più di due anni, tutti i pronostici sono stati clamorosamente smentiti e il modello portoghese comincia a destare interesse in tutta Europa.

Le alte sfere di Bruxelles stanno prendendo atto che il Portogallo si è ripreso sul piano economico con una ricetta diversa da quella dell’austerità tanto predicata dalla Commissione Ue, mentre i vari partiti della sinistra europea «invidiano» ai colleghi lusitani questa coalizione progressista compatta e vincente che rappresenta un’eccezione in un’Europa dove la maggioranza degli esecutivi è di altro colore politico. Costa è riuscito far dimenticare gli anni duri e la sensazione di umiliazione vissuta dal Paese con l’intervento della Troika (Ue, Bce e Fmi) che nel 2011 imposero misure di lacrime e sangue in cambio di un prestito di 78 miliardi di euro. Nei successivi quattro anni il governo del premier conservatore Pedro Passos Coelho applicò alla lettera le raccomandazioni della Troika basate essenzialmente solo sul rigore economico e su una politica di austerity (fatta di privatizzazioni di aziende pubbliche e durissimi tagli nel settore sociale e delle pensioni), fino a che nel 2015 gli è subentrato il leader dei socialisti António Costa, che sta seguendo anch’egli una politica economica rigorosa, ma differentemente distribuita.

Il suo governo ha in effetti tenuto in ordine i conti pubblici, come chiedono le istituzioni europee, ma contemporaneamente ha adottato politiche progressiste e di sinistra, che hanno dato respiro ai settori della popolazione più colpiti dalla crisi. In soli due anni il governo di Costa ha così dimezzato la disoccupazione (portandola dal 17 all’8,2%), ha aumentato il salario minimo (da 485 a 557 euro), ha portato il deficit pubblico sotto il 2%, ha messo fine all’era delle privatizzazioni forzate (come quella della compagnia aerea di bandiera TAP) pur aprendosi ai capitali stranieri (in particolare a investimenti provenienti dall’America Latina, Cina e Russia). Tutto ciò ha generato una forte ripresa economica (il Pil cresce del 2,5%) trainata dalle esportazioni e dal turismo che sta vivendo un proprio «boom»: nell’ultimo anno vi sono stati più di 12 milioni di turisti in un Paese che ha solo 10 milioni di abitanti.

E proprio questo settore, oltre che essere un importante volano per l’economia lusitana, è stato recentemente al centro dell’attenzione di vari media. In effetti il Portogallo è diventato una sorta di «paradiso fiscale» per pensionati. Sono moltissimi i cittadini europei che, al termine della loro vita lavorativa, decidono di andare a vivere nel Paese lusitano grazie a una legge speciale che permette un’esenzione fiscale della durata di 10 anni. Più di 50’000 persone, di cui una buona parte è composta da coppie di italiani, hanno sfruttato al volo questa nuova opportunità. Il Portogallo è così diventato la terra promessa per gli «over 65» che vengono attirati dal clima mite, dal mare, dal buon pesce e dai prezzi bassi ma, soprattutto, dalla possibilità di poter incassare al lordo la loro pensione. Così facendo il Portogallo è riuscito a rilanciare anche il settore immobiliare che sta sperimentando di nuovo una crescita notevole, con i prezzi delle case che stanno ritornando ai livelli pre-crisi del 2007. 

A Lisbona, per esempio, il business dei lavori di ristrutturazione degli edifici si sta imponendo in buona parte della città, con buona pace di chi trovava la capitale lusitana affascinante proprio per quel suo tipico aspetto malinconico e decadente. Tuttavia è soprattutto lungo il litorale atlantico che si dirigono la maggior parte degli investimenti stranieri. In particolare è nell’estremo sud del Paese, nell’Algarve, dove il settore immobiliare sta ritrovando il dinamismo economico di dieci anni fa.

L’artefice di questa rinascita economica è il ministro delle Finanze Mario Centeno, che è riuscito a cambiare il paradigma classico dell’austerità, spostando l’attenzione dalla quantità alla qualità della spesa pubblica. In questi ultimi due anni di governo socialista non vi è stata perciò la necessità di tagliare i trasferimenti sociali o di ridurre la spesa sanitaria e pensionistica, ma si è ottenuto ugualmente un rilancio dell’economia.

Anche sulla base di questi ottimi risultati, Centeno è dal 13 gennaio scorso il nuovo presidente dell’Eurogruppo, il centro di coordinamento europeo che riunisce i ministri delle Finanze dei 19 paesi che adottano la moneta unica, precedentemente guidato dall’olandese Jeroen Dijsselbloem. Centeno, con un profilo più tecnico che politico visto che è un economista che ha lavorato prevalentemente solo come alto funzionario dello Stato nel Banco de Portugal, è ora chiamato ad imprimere un’inversione di rotta alla politica economica dell’Eurozona dopo anni di politiche filotedesche.

La sua nomina a capo dell’Eurogruppo è un altro aspetto di questa rinascita portoghese che sta mietendo successi anche a livello diplomatico internazionale. Da più di un anno infatti il veterano ex primo ministro António Guterres è il segretario generale dell’Onu Il Portogallo dunque, pur essendo un Paese considerato marginale in Europa e relativamente piccolo, è riuscito a esportare le sue migliori personalità politiche al di fuori dei suoi confini, mettendo due lusitani ai vertici di istituzioni di rilevanza mondiale come è il caso di Guterres o come è stato in passato con José Manuel Durão Barroso (per dieci anni presidente della Commissione europea, dal 2004 al 2014).

Non mancano però i problemi strutturali in Portogallo che nemmeno le politiche del premier António Costa ha potuto risolvere nel breve periodo. Il debito pubblico rimane sempre molto alto (attorno al 130% del PIL), il sistema bancario è ancora traballante nonostante negli anni scorsi alcune banche siano state salvate grazie al ricorso a fondi europei, la creazione di impiego è di tipo precario (il 63% dei nuovi contratti sono a tempo determinato) e i salari bassi (la paga media è di 646 euro al mese). Anche le infrastrutture del Paese rimangono per certi versi obsolete. Un esempio è stata l’ondata di incendi scoppiata nell’estate scorsa che causarono più di un centinaio di morti ed evidenziarono le debolezze sistemiche del Portogallo. Il governo di Costa fu messo sotto accusa perché non seppe prevenire e gestire la tragedia. Il suo esecutivo e il suo partito furono messi in discussione ma, dopo aver superato una mozione di censura in Parlamento, hanno recuperato forza vincendo le elezioni municipali dell’ottobre scorso nei maggiori centri del Paese e adesso il partito socialista primeggia nei sondaggi in intenzioni di voto (42% contro il 27% dei conservatori del PSD).

Il successo più importante di António Costa comunque è forse quello ottenuto in termini di immagine. In soli due anni è riuscito a cancellare l’idea di un Portogallo come pecora nera dell’Ue, convertendolo in un modello di riferimento di cui parlano i media internazionali e a cui si ispirano ora i partiti di sinistra di tutta Europa. Il Paese lusitano sembra inoltre indicare a quei partiti progressisti dell’Ue che in questi anni hanno preferito governare in coalizione con partiti di centro-destra perdendo però consensi (vedi Italia e Germania), che c’è ancora spazio per una vera politica di sinistra. L’esperimento della «geringonça» non è dunque fallito e funziona. E questo l’hanno capito per primi i mercati finanziari che stanno scommettendo da un anno sul Portogallo, tanto che lo spread portoghese ha raggiunto poche settimane fa i minimi storici. Questo è stato forse il suggello al coraggio innovatore di António Costa che ha saputo creare un piccolo miracolo economico.