Fino a qualche anno fa l’Italia si considerava, con qualche supponenza, il terzo o quarto grande d’Europa. Oggi è da tutti trattata come il grande malato del continente. L’Italia ha infatti dimensioni strategiche ed economiche tali da apparire nazione sistemica – sì, ma in senso negativo. Se va a gambe all’aria rischia di crollare l’insieme dell’Unione Europea, o almeno se ne dovranno rivedere sostanzialmente i profili.
Su questo sfondo va considerato il rischio Italia nel contesto internazionale, specialmente per quanto riguarda l’area dell’euro. A differenza della Grecia, ma anche del Portogallo o perfino della Spagna, le dimensioni dell’economia italiana rivelano che la fuoriuscita di Roma dall’eurozona avrebbe un effetto devastante per l’intero gruppo dei paesi aderenti alla moneta europea. Per conseguenza di un tale evento, le onde sismiche si diffonderebbero in tutto il mondo.
Questo spiega l’attenzione, davvero rara nel Secondo dopoguerra, con cui i media internazionali, specialmente europei americani, osservano la Penisola. Il governo italiano è sotto stretto controllo da parte delle autorità comunitarie e delle principali potenze, non solo europee. Ma nessuno è in grado di stabilire una prognosi sufficientemente attendibile riguardo al suo futuro. Nell’attesa di poterlo fare, prevale la prudenza. Questo spiega perché Bruxelles abbia finora rinunciato a imporre la procedura d’infrazione contro l’Italia, nel timore di suscitare reazioni negative da parte delle agenzie di rating (tutte americane) e per conseguenza dei mercati finanziari globali.
Ad aggravare il profilo di crisi che molti disegnano intorno all’Italia, le recenti e meno recenti deviazioni di Roma dall’ortodossia atlantica ed europea. L’accordo con la Cina sulle vie della seta, siglato in occasione di una visita dal sapore imperiale compiuta in marzo a Roma dal presidente Xi Jinping, è stata considerata da Washington come un atto di vero e proprio tradimento. L’Italia ne sta già pagando le conseguenze, sia attraverso la riduzione del flusso di informazioni segrete di cui gode in quanto membro dell’Alleanza Atlantica, sia anche sotto il profilo del trattamento nelle grandi partite geoeconomiche.
Nelle ultime settimane, l’attenzione critica delle maggiori capitali europee, oltre che di Washington, è stata moltiplicata dall’accostamento crescente di Roma a Mosca. Nulla di straordinariamente nuovo, considerando la storica russofilia italiana, del tutto indifferente al regime: le simpatie italiane per Mosca erano evidenti ai tempi della monarchia sabauda, perfino durante il fascismo, e in maniera più smaccata durante la guerra fredda, via Partito comunista, Eni o Fiat. Ma l’ultima visita di Putin in Italia e gli indizi che portano a individuare una filiera di rapporti e finanziamenti privilegiati da parte di Mosca verso il principale partito italiano di governo, la Lega, hanno accentuato l’allarme.
Il documento che illustra l’incontro tra Gianluca Savoini, intimo di Matteo Salvini, con alcuni emissari russi, in cui si sarebbe trattato di possibili tangenti a favore della Lega, è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso. Associata all’insistenza italiana, sia pure per vie riservate, che mira a sospendere o almeno ridurre le sanzioni europee (imposte da Washington) alla Russia per l’annessione della Crimea, quel documento disegna uno scenario molto inquietante.
Agli osservatori esterni, e anche a molti italiani, lo scontro perenne interno alla maggioranza di governo a Roma, formata da due partiti polarmente opposti, indica la prossimità di una nuova crisi e quindi di nuove elezioni. Se questo dovesse materializzarsi prima del varo della legge finanziaria, che rivelerà se e fino a che punto l’Italia vorrà attenersi alle regole di bilancio fissate dall’Europa, le conseguenze sullo spread e quindi sull’affidabilità di Roma sarebbero enormi.
Non sembra che i gruppi dirigenti dei maggiori partiti italiani siano perfettamente consapevoli delle responsabilità che hanno non solo verso i loro concittadini ma verso l’insieme europeo e i loro alleati storici. Se questa incoscienza dovesse produrre risultati catastrofici, ne conseguirebbe il commissariamento dell’Italia. La trojka a Roma sembrava fino a ieri ipotesi di pura scuola, oppure incubo. Domani, o dopodomani, potrebbe rivelarsi realtà. E l’Italia si confermerebbe, ancora una volta, paese sistemico, capace di innescare crisi destinate a cambiare il profilo del continente e del mondo. Non in senso positivo.