Il grande esperimento americano

La manovra da 1900 miliardi di Joe Biden è un piano ambizioso per cambiare la ridistribuzione dei redditi. Insieme alla rapida campagna di vaccinazione, aggiungerà un punto percentuale al Pil del pianeta nel 2021
/ 22.03.2021
di Federico Rampini

È cominciato un altro grande esperimento americano, una di quelle avventure che avvengono periodicamente nella storia di questa Nazione. È un po’ nascosto fra le notizie – positive pure quelle – sulla campagna vaccinazioni che procede a grandi passi. Mi riferisco alla gigantesca manovra di spesa pubblica che Joe Biden è riuscito a fare approvare dal Congresso. Ce n’era stata una perfino superiore un anno fa sotto Donald Trump (2200 miliardi) e contribuì a evitare un crollo nel reddito delle famiglie. Ma il bello della manovra Biden è questo «piccolo sporco segreto»: non era più necessaria.

Proprio perché Trump e il Congresso – democratici inclusi – l’anno scorso avevano varato più sostegni ai cittadini e alle imprese di qualsiasi altro Paese al mondo, il trauma sociale della crisi è stato attutito. I redditi delle famiglie sono perfino aumentati. Per carità, oltre mezzo milione di americani hanno perso la vita e dieci milioni hanno temporaneamente perso il lavoro, una tragedia incancellabile. Ma poteva andare molto peggio. Le previsioni formulate nel 2020 dipingevano un quadro più catastrofico. Biden cominciò a parlare della manovra da 1900 miliardi di aiuti quando eravamo ancora in recessione e molti datori di lavoro licenziavano. È entrato alla Casa Bianca che tutto era cambiato: Trump gli aveva lasciato in eredità delle scelte azzeccate sui vaccini Pfizer, Moderna, Johnson & Johnson; più un’economia già in forte ripresa e l’occupazione in risalita. Biden è stato abile, ha cambiato in corsa l’obiettivo della spesa pubblica. Non più necessaria per tamponare una voragine di perdite da lockdown, lui l’ha ripensata con un obiettivo nuovo: un vasto programma di lotta alla povertà e di riduzione delle diseguaglianze. Così la sua prima legge di bilancio è diventata un massiccio trasferimento dalle tasse dei ricchi ai conti correnti del ceto medio. Poiché i soldi arrivano ai tre quarti degli americani, il ri-bilanciamento non riguarda solo i poveri.

Dopo quarant’anni di dilatazione delle diseguaglianze, in cui il famoso «un per cento» volava nella stratosfera dell’opulenza e la maggioranza rimaneva ferma o scivolava in giù, comincia un tentativo energico d’invertire la tendenza. Non è la prima volta che l’America intraprende grandi esperimenti sociali. Ebbe il «New Deal» di Franklin Roosevelt durante la Depressione degli anni Trenta; la «Great Society» di Lyndon Johnson negli anni Sessanta per curare la miseria e le piaghe sociali del razzismo. Non tutti quegli esperimenti ebbero il successo sperato. La critica dei liberali e conservatori va considerata: c’è sempre il rischio che i programmi di spesa pubblica alimentino una burocrazia ipertrofica e creino una cultura della dipendenza, dell’assistenzialismo.

Biden in questo inizio di presidenza ha sfoderato pragmatismo, nel valorizzare il ruolo dell’impresa privata e del libero mercato. Al posto suo un politico di sinistra allevato in qualche Nazione europea avrebbe contestato gli accordi firmati da Trump con Big Pharma. Invece Biden ha preso atto che il mestiere di produrre tanti vaccini in poco tempo è una capacità degli industriali, non dei burocrati. Nelle sfide che quest’America affronta, riappare la gara con la Cina. Biden vuole dimostrare che fra le previsioni sbagliate del 2020 c’era anche quella sull’impotenza delle democrazie. Il mondo intero sta prendendo le misure di una ripartenza americana più rapida e più vigorosa del previsto: le conseguenze sono globali. Per la maggior parte sono positive, ma non manca qualche rischio.

Una spesa pubblica aggiuntiva pari all’8,5% del Pil nella più ricca economia mondiale non passa inosservata: ha un effetto «spillover», cioè una parte della domanda aggiuntiva che genera «fuoriesce» letteralmente, si trasforma in importazioni e quindi fa bene al resto del mondo. Si stima che la manovra Biden, insieme all’effetto della campagna vaccinazioni sempre più rapida (ormai 20% della popolazione immunizzata) aggiungerà un punto percentuale al Pil dell’intero pianeta nel 2021. Grazie alle manovre di spesa precedenti, quelle varate nel 2020 sotto l’Amministrazione Trump, a fronte di una perdita di redditi pari a 490 miliardi di dollari, le famiglie americane avevano ricevuto trasferimenti pubblici per 1300 miliardi. C’era stata quindi una sovra-compensazione del danno e paradossalmente molti americani si sono scoperti un po’ più ricchi per effetto della pandemia.

A questo ora viene ad aggiungersi un pacchetto di aiuti da 1900 miliardi che è prevalentemente indirizzato agli individui (una parte minore va agli enti locali, alla scuola e alla sanità). Si calcola che alla fine di marzo le famiglie americane avranno accumulato 2100 miliardi di risparmi. Questa è la ragione per cui i repubblicani – più qualche autorevole economista democratico – hanno considerato eccessivo il «deficit spending» di Biden. La critica è fondata solo se si continua a considerarla una spesa pubblica in funzione anti-crisi, il classico intervento keynesiano anti-ciclico. Ma come ho spiegato siamo di fronte a un piano ambizioso per cambiare la distribuzione dei redditi. L’impatto redistributivo potrebbe risultare potenziato se i democratici riusciranno ad aggiungere a questa legge di bilancio delle riforme successive come l’aumento del salario minimo legale e il rafforzamento dei diritti sindacali. Tutte cose che sono nei loro programmi, anche se le maggioranze risicate di cui godono alla Camera e al Senato rendono tutt’altro che scontata l’approvazione della totalità del pacchetto.

L’altro pezzo forte dell’agenda di Governo è il piano d’investimenti pubblici da 2000 miliardi, tra grandi opere per ammodernare le infrastrutture, ed energie rinnovabili per la lotta alla crisi ambientale. È interessante notare che questi piani, pur essendo sostenuti dall’ala sinistra del partito democratico, non dispiacciono all’establishment capitalistico che appoggia Biden. Vedi la campagna pubblicitaria di Amazon in favore del salario minimo a 15 dollari: mentre per le piccole imprese un raddoppio del costo del lavoro può essere un duro colpo, i colossi possono vederlo come un modo per accelerare lo sfoltimento della concorrenza. Anche ai tempi di Franklin Roosevelt si crearono delle intese fra grande industria, Governo e sindacato, a scapito delle forme di capitalismo meno competitive e più arretrate. Un blocco sociale che guidò l’economia americana fino ai tempi di Richard Nixon, passando per le presidenze democratiche di Kennedy e Johnson.