Il futuro dei partiti nei fondi del caffè

Elezioni federali - A metà legislatura, i partiti iniziano a scaldare i motori e ad affilare le armi in vista dell’autunno 2023. Qual è il loro stato di forma? Sguardo sul panorama politico in Svizzera a due anni dalle elezioni federali
/ 01.11.2021
di Luca Beti

Ottobre 2021. Siamo al giro di boa dell’attuale legislatura. Tra due anni in Svizzera si tornerà al voto. È il momento quindi per guardare nella sfera di cristallo e predire quale risultato potrebbe scaturire dalle urne tra due anni. L’ultimo barometro elettorale, condotto dall’Istituto di ricerca demoscopica Sotomo per conto della Società svizzera di radiotelevisione SRG SSR, ci dice che se andassimo al voto oggi non cambierebbe molto sotto la cupola di Palazzo.

Con il 26,6 per cento (+1%) delle intenzioni di voto, l’Unione democratica di centro (UDC) rimane il primo partito in Svizzera. Se facciamo riferimento al barometro elettorale del 2020, l’UDC guadagna addirittura 2,5 punti percentuali, invertendo così la tendenza che vedeva i democentristi in perdita dalle elezioni 2019. Il Partito socialista (PS) conserva il secondo posto con 15,8 per cento delle preferenze (–1%). Mentre il Partito liberale radicale, Alleanza del Centro e Partito ecologista svizzero sgomitano per il terzo posto. La loro percentuale si aggira sul 13 per cento (13,6% per il PLR, 13,2% per l’AdC e 13,2% per i Verdi). Una gara alla pari che stando agli autori del barometro è dovuta, da una parte, al costante calo di consensi del PLR che perde 1,5 punti percentuale rispetto al voto del 2019. Dall’altra, alla fusione tra Partito popolare democratico e Partito borghese democratico grazie a cui è stato possibile arrestare parzialmente (–0,5%) la caduta libera di PPD e PBD.

Anche se i risultati dei sondaggi vanno presi con le pinze – il margine di errore è dell’1,3 per cento e nelle ultime elezioni federali nessuno aveva previsto con precisione l’ondata verde e la netta perdita dell’UDC – i dati possono fornirci alcune indicazioni interessanti per capire come i vari partiti si stanno avvicinando all’autunno 2023. Dopo aver perso 12 seggi e 3,8 punti percentuali nel 2019, il partito di Marco Chiesa sembra essere riuscito a invertire la rotta. Secondo gli autori del sondaggio, l’UDC ha riguadagnato terreno grazie alla sua costante critica nei confronti delle misure di lotta alla pandemia decise dal Consiglio federale. Anche la difesa delle libertà fondamentali si è rilevato un cavallo di battaglia vincente, sostituendo quello storico, migrazione e asilo, che negli ultimi anni non ha più dominato il dibattito politico e pubblico. Inoltre, l’UDC ha conseguito recentemente alcune importanti vittorie. Dopo aver riportato nel settembre 2020 una sconfitta alle urne con l’iniziativa per la limitazione (ossia contro la libera circolazione delle perone), nel 2021 Chiesa ha inanellato una serie di successi: dall’iniziativa anti-burqa alla legge sul CO2, respinta dal popolo alle urne e con il solo UDC ad opporvisi. Poi c’è il fallimento dell’accordo quadro con l’Unione europea, intesa contro cui il leader storico, Christoph Blocher, si è sempre battuto. E in vista della campagna elettorale del 2023, l’UDC sembra stia già affilando le armi. Nel 2019 si era scagliato contro «i sinistroidi e gli europeisti», ritratti come dei vermi che mangiavano la mela svizzera. Di recente ha attaccato la politica rosso-verde di alcune città, definendola parassitaria, occupando così una questione riemersa nelle ultime votazioni federali, ossia il fossato tra popolazione rurale e urbana.

Al momento è ancora presto per capire se la frattura tra città e campagna sarà un argomento capace di monopolizzare l’attenzione degli elettori. Stando al sondaggio di Sotomo, attualmente sono altre le preoccupazioni della popolazione, una su tutte il cambiamento climatico. E così, stando al barometro elettorale, i Verdi marciano più o meno sul posto, mentre i Verdi liberali continuano a guadagnare consensi e segnano un più due per cento (9,8%) rispetto al 2019. Ciò significa che l’ondata verde non si è indebolita. Anzi si è fatta sentire anche nei cantoni. Nei parlamenti di Giura, Soletta, Basilea-Città, Argovia e Vallese, il movimento ecologista (Verdi e Verdi liberali) ha continuato a conquistare seggi. Ma inarrestabile è stata anche l’avanzata delle donne. Per esempio, da aprile 2021 il Gran consiglio del canton Neuchâtel vanta una maggioranza femminile: è la prima volta che succede in Svizzera. Anche in Vallese, la percentuale di donne nel parlamento è aumentata e oggi è del 35 per cento, con un più 16 per cento rispetto al passato. Anche nei parlamenti di alcune città, tra cui Berna, Losanna e Friburgo, sono state elette più donne che uomini.

Il Partito socialista con il duo Wermuth e Meyer si è dato un nuovo volto: più giovane, urbano e mobile. Alla fine di agosto 2021, nell’ambito di un congresso straordinario il partito ha già piazzato i blocchi di partenza in vista delle elezioni federali. Gerhard Pfister è invece il «nuovo» presidente dell’Alleanza del Centro, nata dalla fusione tra PPD e BDP. Eliminando nel nome ogni riferimento cristiano, almeno nella denominazione tedesca e francese, intende guadagnare i voti di chi si riconosce in uno schieramento del centro, ma non per forza nella lettera C. Con la fusione, l’AdC intende risalire la china dopo l’11 per cento ottenuto nell’autunno 2019.

In chiara difficoltà è invece il Partito liberale radicale che continua a perdere voti a livello federale, un’erosione di consensi iniziata nel lontano 1983. Situato in una posizione scomoda, tra la destra e i Verdi liberali, il PLR si trova spesso sotto un fuoco incrociato e ha difficoltà a definire chiaramente i contorni della sua politica. Michael Hermann, politologo e direttore dell’Istituto di ricerca demoscopica Sotomo, ha indicato che sui temi fondamentali, come le misure antipandemia, la legge sul CO2 e la questione europea, i liberali radicali erano divisi e non hanno parlato con una voce sola. Nei cinque anni di presidenza, Petra Gössi non è riuscita a far riguadagnare terreno al partito, nonostante abbia cercato di cavalcare l’onda verde per conquistare i giovani. Una virata ecologica che non è piaciuta però molto alla base. Inoltre, negli ultimi anni, l’agenda politica è stata dominata, oltre che dalla pandemia, anche dall’accordo quadro e dai rapporti della Svizzera con l’UE, un tema piuttosto scomodo per il PLR. A metà legislatura, Gössi ha quindi deciso di gettare la spugna e ha ceduto il timone al consigliere agli Stati Thierry Burkart. A lui spetta ora il compito di ricucire gli strappi e unire le diverse ali del partito. Ma soprattutto dovrà tentare l’impossibile: difendere il doppio seggio in Consiglio federale. Va ricordato tuttavia che i sondaggi e il barometro elettorale rimangono un esercizio funambolesco tra se e ma. Le somme definitive verranno tirate il giorno delle elezioni. Con le intenzioni di voto non si vincono le elezioni e nemmeno seggi in Consiglio federale.