Matteo Renzi voleva far cadere Giuseppe Conte ma per ora lo ha soltanto indebolito. Al termine del primo assalto il capo del Governo sale un po’ malconcio al Quirinale e illustra al presidente della Repubblica il suo programma: darsi un paio di settimane per allargare la maggioranza improvvisata che lo ha salvato dalle grinfie di Renzi, distribuire qualche Ministero ai parlamentari che hanno accolto la sua richiesta di soccorso e tirare avanti verso l’epilogo fisiologico della legislatura, che il calendario colloca fra poco più di 2 anni. Gongola il Partito democratico, che registra il successo della strategia difensiva di Conte e in fondo vede con piacere Renzi confinato all’opposizione. Ma la partita resta aperta, questo duello scatenato proprio al culmine della doppia emergenza, sanitaria ed economica, innescata dalla pandemia (vedi articolo in alto), può ancora riservare molte sorprese.
Abbiamo evitato il salto nel buio, commenta il segretario del Pd Nicola Zingaretti. Ma si rende conto che Renzi non mollerà la presa. L’ex capo del Governo sa di essere impopolare, ben pochi lo rivogliono a Palazzo Chigi. Ma almeno vorrebbe indossare i panni del kingmaker, o meglio del kingkiller, e mandare a casa quell’outsider di Conte. Per questo ha ritirato dall’Esecutivo le due ministre e il sottosegretario che fanno capo al suo partito, Italia viva, puntando sulle dimissioni del presidente. Ma Conte non è stato al gioco: niente dimissioni, anzi ricerca di nuovi consensi parlamentari in sostituzione di quelli venuti meno. La manovra di Renzi ha stupito e allarmato l’Ue, visto l’inquietante sfondo delle difficoltà italiane. Il dettaglio non meno inquietante è che Roma è in grave ritardo nel mettere a punto i progetti per attingere ai fondi europei destinati a far ripartire l’Italia (Recovery plan).
Renzi deve evitare elezioni anticipate che andrebbero a vantaggio del centro-destra e sarebbero probabilmente deleterie per il suo partito. Punta sul fatto che non è il solo a temere il ricorso alle urne. Per favorire la transizione si dice pronto ad appoggiare un nuovo Esecutivo ma a questo punto è Conte a fare il duro: mai più rapporti con chi provoca la crisi in un momento simile! Manca il consenso di Italia viva? Ebbene, cercheremo in Parlamento i voti dei cosiddetti «responsabili» (o «volenterosi»), che rimpiazzino quelli degli ex alleati e assicurino la fiducia al Governo. E così parte quello che l’opposizione fulmina con una formula non proprio elegante, «mercato delle vacche»: deputati e senatori delle più varie provenienze guadagnati alla causa in cambio di misteriose promesse. Ciò che rende la diatriba surreale è che di tutto si parla fuorché di contenuti, di programmi, di cose concrete.
Lo scontro fra il presidente e l’ex presidente si fa serrato. Di fronte all’intransigenza dell’avversario, Renzi rischia l’effetto Salvini, cioè l’amaro destino che toccò all’altro Matteo un paio di anni fa, in quella pazza estate del 2019 quando il capo leghista, allora ministro dell’Interno e vicepresidente del Consiglio, stordito dai bagni di folla e dai sondaggi favorevoli provocò la crisi del suo stesso Governo. Lo scopo dichiarato era prendere il posto di Conte a Palazzo Chigi dopo aver fatto man bassa di voti elettorali. In quella occasione fu proprio Renzi a salvare il presidente scongiurando le elezioni anticipate e bloccando l’ascesa di Salvini. Gli bastò suggerire un paradossale ritocco: il Pd prese il posto della Lega al fianco dei Cinquestelle e come per incanto il Governo giallo-verde subì una metamorfosi e diventò giallo-rosso. Accadde così che un incredulo Conte, fino a qual momento alla guida di un Esecutivo di centro-destra, si trovò traslocato al centro-sinistra. Ma a Renzi il frutto della sua spericolata manovra non piaceva affatto, per questo nell’autunno 2019 uscì dal Pd fondando Italia viva. Contava molto sulla nuova creatura politica ma si accorse ben presto che era ben lontana dal sedurre gli italiani. Il suo spazio di manovra è dunque limitato dal timore di un confronto elettorale dagli esiti prevedibilmente disastrosi.
Sbarazzarsi di Conte senza interrompere la legislatura, questo lo scenario perfetto. All’ex presidente non manca il gusto dell’azzardo, come quando promosse un referendum costituzionale giurando che in caso di sconfitta avrebbe considerato chiusa la sua esperienza politica: «Cambierò mestiere, non mi vedrete più». Era il dicembre 2016 e fu sconfitto, forse perché molti elettori desideravano proprio levarselo di torno, eppure rimase politicamente attivo, lasciando la presidenza del Consiglio ma tenendosi ben stretta la segreteria del Pd fino alla batosta elettorale del marzo 2018.
Di fatto Renzi è ancora al centro della scena, nonostante lo scarso peso del suo partitino, ma stavolta non ha legato il suo destino politico all’esito della sua arrischiatissima mossa. Cerca piuttosto di recuperare i favori popolari, ai minimi termini stando ai sondaggi d’opinione. Tanto che il caustico Massimo D’Alema, a suo tempo fra i principali bersagli della «rottamazione» predicata da Renzi, riassume così la situazione: il politico che riscuote meno consensi vuole cacciare chi è al vertice della popolarità. Cioè Conte, appunto, che a torto o a ragione i sondaggi collocano in quella confortante condizione. Il duello fra il presidente e l’ex presidente ha avuto il suo culmine al Senato, dove i due si sono affrontati direttamente. Alle parole aspre del senatore Renzi – «Stiamo assistendo a un mercato indecoroso» – Conte risponde con accenti altrettanto duri: «Non si può governare con chi dissemina mine».
Per ora la strategia del capo del Governo, basata sulla sostituzione di nuovi consensi parlamentari a quelli di Italia viva (che non ha spinto a fondo l’offensiva, come forse avrebbe voluto Renzi frenato dai suoi, scegliendo una prudente astensione) è dunque andata a buon fine. La fiducia è passata, sia pure con un esiguo margine di voti, dopo che Conte ha invocato la necessità di contrastare il sovranismo rilanciando la tradizione europeista. Ha anche insistito sulla prospettiva del rimpasto: nel linguaggio dei corridoi parlamentari rimpasto significa posti di Governo a disposizione. Ora si attendono la definizione di una più ampia maggioranza, forse la creazione di un gruppo centrista al Senato e l’ardua navigazione in un mare pieno di scogli. Se non ce la facciamo non abbiamo paura del voto, si dice a Palazzo Chigi. Un chiaro messaggio per tutti, soprattutto per Renzi.
Il duello, il «mercato» e la paura del voto
In Italia Conte resiste all’attacco di Renzi e punta a rafforzare la maggioranza. Ma la partita rimane aperta mentre il Paese annaspa e accumula ritardi sul Recovery Plan
/ 25.01.2021
di Alfredo Venturi
di Alfredo Venturi