Il dilemma degli affitti

Conseguenze del Covid - Spesso le parti trovano un accordo sulla somma da pagare da parte di piccoli commerci che non possono lavorare, senza bisogno di interventi pubblici. Ma a Berna si studiano altre soluzioni
/ 08.06.2020
di Ignazio Bonoli

La pandemia del Covid-19 e più ancora i mezzi e i metodi per combatterla, hanno suscitato parecchie discussioni su molti piani: da quello filosofico a quello politico, a quello economico. In realtà la crisi, che è stata dapprima sanitaria, è poi divenuta subito politica ed economica. In sostanza si è posto il grosso dilemma a sapere se nell’azione contro la pandemia dovessero prevalere gli aspetti sanitari (e quindi umani), quelli politici (di società) o quelli economici (legati alle libertà individuali).

Alla domanda se dovessero prevalere i primi, rispetto agli altri, si sono avute talvolta risposte anche molto divergenti. Per noi è chiaro che sul piano immediato l’intervento sanitario è preminente e questo giustifica i poteri eccezionali concessi allo Stato. Poteri che però devono lasciare il posto il più presto possibile alle preoccupazioni della società e dell’economia, entrambe indissolubilmente associate in una società che si vuole di stampo liberale.

Se il concetto teorico è facilmente comprensibile, la sua applicazione pratica non lo è sempre. In sostanza si può arrivare a contrapporre un eccesso di liberismo economico (come sembrano aver voluto fare, almeno agli inizi, gli Stati Uniti o la Svezia) all’estremo opposto, cioè una regolamentazione fin nei minimi dettagli e nelle loro interpretazioni, fino a giungere a una sorta di collettivismo stretto e intransigente (come sembra aver voluto l’Italia, magari sul modello cinese). La Svizzera, forte della sua lunga tradizione democratica e federalistica, ha invece puntato molto sulla responsabilità individuale (accanto ovviamente a misure drastiche dovute al momento particolare) e la cosa sembra aver funzionato bene.

Ora, però, si presenta l’altra faccia del problema: quella di come uscire dalla crisi economica provocata dalle misure sanitarie. A livello europeo – in particolare – si sono stanziati miliardi su miliardi, sotto varie forme, ma tutti con lo scopo di evitare, o almeno allentare, gli effetti di una pericolosa recessione economica. Anche in questo caso la Svizzera è stata una delle prime ad adottare un metodo molto vicino alle idee liberali: quello della fideiussione per prestiti ottenuti dalle aziende presso le banche, per far fronte a possibili crisi di liquidità. Con anche il rischio – come qualche economista ha ricordato – di salvare aziende che il mercato avrebbe comunque condannato.

La discussione però continua, sull’onda delle considerazioni filosofico-politiche, anche fino ai minimi livelli. In questo contesto va quindi rilevata (per fare un esempio, che può sembrare banale) la diatriba tra proprietari e gerenti di attività economiche di medio e piccolo calibro. Diatriba che è stata affrontata comunque anche dalle Camere federali. La domanda è: in caso di chiusura forzata dei locali, perché il gerente (per esempio di un negozio) deve continuare a pagare l’affitto? Prima di intervenire, eventualmente, il Consiglio federale attende che le parti trovino un accordo adeguato. Il Parlamento, alla ripresa dei lavori, sembra però intenzionato a proporre una soluzione: l’ultima proposta sostiene la riduzione dell’affitto da parte del proprietario del 40% (fino a un massimo di 15’000 franchi) per il periodo di chiusura ordinato dall’autorità.

Una soluzione – ancora una volta – prettamente svizzera, che cerca di conciliare le due opposte tendenze, invadendo il campo del privato e obbligando lo Stato ad occuparsi di cose che avrebbe preferito evitare. Ma questa è una tendenza che nella «liberale» Svizzera sta prendendo sempre più piede, anche al di fuori di periodi di emergenza. In altri paesi, solitamente più favorevoli all’intervento dello Stato, si sta tentennando, nel timore di creare pericolosi precedenti.

In Germania ci si limita a evitare disdette di contratti di affitti non pagati, mentre le piccole aziende godono di un sussidio unico di 15’000 euro per tre mesi, ma si spera in un accordo fra le parti. Anche in Austria si spera in un accordo fra le parti, a quanto sembra già in atto nel 95% dei casi. In Francia, nel pacchetto di aiuti all’economia, si prevedono dilazioni nel pagamento degli affitti e il possibile ricorso a un fondo di solidarietà. In Italia, le aziende con un massimo di 5 milioni di euro di cifra d’affari annua possono chiedere allo Stato il 60% di tre mesi di affitti per chiusura forzata. Il pagamento avviene mediante credito d’imposta e può compensare anche eventuali riduzioni concesse dal proprietario. Si spera comunque di raggiungere simili accordi anche dopo il periodo di chiusura.

Anche in Svizzera, alcuni Cantoni forniscono aiuti in caso di accordo fra le parti. Il Parlamento federale ha però già respinto un allungamento dei tempi di pagamento dell’affitto riaprendo così la questione di fondo.