Non è piaciuto ai rappresentanti dell’economia (economiesuisse) l’obiettivo dell’Ufficio federale dell’ambiente e, per esso, della Confederazione, di ridurre le emissioni di CO2, mediante un risparmio dei tre quinti di emissione in patria, tramite compensazioni, e dei due quinti all’estero. Questi ultimi mediante l’acquisto di certificati internazionali, che poi vengono conteggiati nel bilancio climatico elvetico.
Per «economiesuisse» l’obiettivo nazionale di riduzione dei tre quinti delle emissioni corrisponde a un «freno alla crescita». Interventi a protezione del clima in patria e all’estero dovrebbero essere parificati e alle imprese dovrebbe essere concesso di scegliere dove risparmiare emissioni. Secondo il responsabile dei problemi climatici, Beat Ruff, il commercio di certificati è fondamentalmente ragionevole. Così si possono, infatti, determinare tutti i potenziali di riduzione possibili, meno costosi e con maggior efficacia. A parità di costi, la riduzione delle emissioni di CO2 in un paese in via di sviluppo è molto maggiore che in Svizzera.
Ma l’uso di questi certificati è ancora controverso. Molti di essi non hanno potuto raggiungere gli obiettivi prefissati, secondo Christian Zeyer, di Swisscleantech, per cui è molto più importante l’obiettivo di riduzione sul piano nazionale. Proprio in Svizzera – secondo Swisscleantech – esiste un grosso potenziale di riduzione delle emissioni di CO2 nel risanamento degli edifici esistenti. Ma bisogna agire in fretta. La durata di un impianto di riscaldamento a petrolio è di 20 anni, ma un’insufficiente isolazione di una nuova costruzione rischia di provocare 40 anni di consumi eccessivi di energia.
Dal canto suo, «economiesuisse» non chiede che la riduzione delle emissioni di CO2 in Svizzera venga effettuata all’estero. Non è nemmeno comprovato che la rinuncia a un obiettivo di riduzione in patria provochi immediatamente un trasferimento degli sforzi messi in atto per un miglioramento del clima. Si tratta piuttosto di agire in modo flessibile, anche perché gli obiettivi della futura politica energetica globale non sono ancora chiari.
Dalle opinioni dell’associazione mantello dell’economia si distanzia però il ramo delle assicurazioni. Un portavoce della loro associazione annuncia di appoggiare l’elaborazione di un piano nazionale di riduzione delle emissioni di CO2. Secondo lui una riduzione a media scadenza delle emissioni all’estero sarebbe favorevole dal punto di vista dei costi, ma è pure necessario che la Svizzera si assuma la propria responsabilità in questo campo.
Dal punto di vista prettamente economico non tutti vedono il pericolo di un rallentamento della crescita. Sforzi per migliorare l’efficienza nell’uso delle risorse dell’energia, nonché per la riduzione della dipendenza dalle energie fossili, hanno sempre effetti positivi anche sulla concorrenzialità. In molti concludono che posizionandosi sul piano internazionale fra i più rapidi nell’attuare le misure necessarie, le possibilità per l’economia nazionale migliorano. Del resto la Svizzera dispone di ricerche e di tecnologie molto avanzate sul piano internazionale tali da garantirle un posto di privilegio nei futuri sviluppi del settore.
Nelle classifiche mondiali sulla riduzione di emissioni di CO2, la Svizzera è comunque classificata seconda, dietro soltanto alla Svezia e davanti agli altri paesi europei, nell’ordine Francia, Italia, Spagna e Gran Bretagna. Si tratta della statistica allestita da Swisscleantech e che riguarda le emissioni di gas a effetto serra, in tonnellate equivalenti CO2, per settore, nel 2015.
Come in altri casi, anche in questo si può dire che la Svizzera è vittima del suo successo, dal momento che le sue emissioni di CO2 concernono soprattutto settori come l’abitazione e l’uso dell’automobile. Nei settori traffico e abitazione, la Svizzera supera, infatti, parecchi altri paesi nelle emissioni di CO2. I suoi abitanti godono infatti di case più grandi (quindi più costose da riscaldare, che spesso usano ancora impianti a olio) e dispongono di un maggior numero di automobili per abitante e anche più potenti, per cui consumano di più.
Per quanto riguarda l’industria, siamo invece molto puliti. Disponiamo di energia idro-elettrica e anche nucleare che emettono pochissimo CO2. La tecnologia e l’esperienza ci aiutano, come aiuta il fatto che le industrie «sporche» hanno lasciato il paese. Il prossimo passo verso un’ulteriore riduzione delle emissioni sarà la nuova legge sul CO2, attualmente in Parlamento, che si propone di applicare l’accordo di Parigi sul clima, che limita a meno di due gradi il riscaldamento del pianeta.