Il 9 maggio, giornata che l’Europa festeggia ogni anno in ricordo della dichiarazione di Robert Schuman – ex ministro degli esteri francese che nel 1951 pose le basi del progetto d’integrazione europea – è stata una buona occasione per riflettere sullo stato di salute e sul futuro dell’Ue. L’occasione è stata favorita anche dalla guerra in Ucraina, che ha costretto l’Unione a una reazione senza precedenti, fondata sulla condanna dell’aggressione russa, su severe sanzioni contro Mosca, sulla difesa dell’integrità territoriale e della sovranità dell’Ucraina, sugli aiuti economici e militari forniti a Kiev, nonché sull’accoglienza di milioni di profughi costretti ad abbandonare il loro paese.
L’azione dell’Ue e di altri paesi europei che non fanno parte dell’Unione è stata esemplare da più punti di vista. Innanzitutto per la presa di coscienza dell’importanza della posta in gioco, ossia della minaccia che la Russia fa pesare sull’integrità di uno stato sovrano, quindi sulla democrazia e la libertà, che sono i principi sui quali si fonda l’Occidente. Poi per l’importanza degli aiuti forniti. Infine per la solidarietà che è stata espressa al di là di relazioni e di interessi nazionali non necessariamente convergenti. La reazione dell’Ue ha però messo in luce anche le debolezze dell’attuale progetto d’integrazione europea, gli ostacoli che frenano la sua azione e i passi che andrebbero compiuti – sia sul piano interno sia su quello esterno – per consentire all’Europa di avere una rilevanza geostrategica e di non dover subire i nuovi equilibri internazionali che si stanno profilando.
Le novità che potrebbero essere introdotte nell’Unione, per migliorarne il funzionamento, sono state evidenziate da due eventi concomitanti: la fine della Conferenza sul futuro dell’Europa e il discorso che il presidente francese Emmanuel Macron ha tenuto il 9 maggio a Strasburgo, davanti al Parlamento europeo, nella sua veste di presidente dell’Unione. La Conferenza ha riunito 800 eletti, esperti e cittadini, che hanno lavorato durante un anno e che adesso hanno presentato una serie di proposte per rendere l’Unione più democratica ed efficiente. Nel suo discorso Macron ha ripreso una parte di quelle proposte e ne ha aggiunto altre. Tre sono le principali novità verso le quali si vuol andare. La prima è la revisione dei trattati dell’Unione, che molti ritengono necessaria per potersi adeguare alla nuova realtà internazionale. La seconda porterebbe all’abolizione del voto all’unanimità, per sostituirlo con il voto alla maggioranza qualificata in settori essenziali come la politica estera e la fiscalità. Oggi ogni stato membro dispone del diritto di veto. Un solo governo può quindi bloccare un provvedimento voluto da tutti gli altri stati membri, come per esempio il varo di sanzioni contro uno stato terzo. L’ultima novità permetterebbe di creare una Comunità politica europea alla quale potrebbero aderire tutti quegli stati che vogliono diventare membri dell’Ue ma che non sono ancora in grado di adeguarsi ai parametri richiesti, per esempio per quanto concerne lo stato di diritto o la lotta contro la corruzione. La Comunità risponderebbe a quella voglia d’Europa che hanno espresso stati come l’Ucraina, la Moldavia, la Georgia e i paesi balcanici.
Sul piano internazionale, l’invasione russa dell’Ucraina ha compattato i 27 stati membri dell’Ue e ha risuscitato la Nato. Ha però anche evidenziato dipendenze e impreparazioni in particolare in due settori, quelli della difesa e dell’energia. Per la difesa del continente europeo si è rivelato ancora una volta determinante il ruolo della Nato come forza deterrente alle ambizioni imperialistiche del Cremlino. Un ruolo che oggi attira anche paesi con una lunga tradizione neutrale, come la Svezia e la Finlandia. Alcuni stati dell’Ue hanno reagito aumentando il bilancio militare e rafforzando il dispositivo orientale del continente, ma ben poco è stato fatto sulla strada verso una maggiore integrazione delle forze militari europee e una maggiore autonomia in seno alla Nato.
Il settore energetico ha dimostrato una preoccupante dipendenza dal gas e dal petrolio russi. Una dipendenza che intralcia l’esecuzione delle sanzioni decretate dopo l’aggressione dell’Ucraina e che mette a dura prova l’intesa tra i 27 stati membri dell’Unione. Accedere all’autonomia energetica, senza chiedere troppi sacrifici ai cittadini, sarà un compito difficile da realizzare. Ci vorrà tempo e una continua volontà politica da parte di tutti i governi. L’immagine che emerge oggi dall’Unione europea è quella di un cantiere, di una «ricostruzione» cosparsa di sfide da affrontare per poter rafforzare l’indipendenza e il ruolo internazionale dell’Europa. Il cammino non sarà facile, perché le opposizioni interne sono forti. Lo ha dimostrato anche una prima presa di posizione di una decina di stati che si sono subito dichiarati contrari alla revisione dei trattati Ue. I prossimi mesi ci diranno quale sarà il ritmo impresso alla volontà di cambiamento e quali sono le reali possibilità di arrivare ai primi risultati concreti.