Il Brasile dà un calcio al razzismo

Paso doble – Il Santos Football Club di San Paolo, la squadra di Pelè, ha scatenato una martellante campagna via social dopo la denuncia di insulti razzisti subiti da un suo giocatore
/ 25.11.2019
di Angela Nocioni

«Contundente». Questa è la parola portoghese che rimbalza di bocca in bocca in Brasile per raccontare la campagna antirazzista del Santos football club. Campagna dal linguaggio esplicito molto efficace. Il Santos di San Paolo è una delle squadre di calcio più amate del Brasile e più famosa all’estero. È la squadra che fu di Pelè.

È successo che un calciatore di Cearà ha denunciato pubblicamente che un suo compagno di squadra nero ha ricevuto insulti razzisti da un tifoso del Santos durante una giornata di campionato a fine ottobre.

La dirigenza del Santos ha reagito nella seguente maniera. Innanzitutto ha avviato una martellante campagna via social. Il Brasile è un Paese incredibilmente più connesso di qualsiasi Paese europeo e i messaggi via social hanno un grande impatto: un quarto della popolazione si informa solo via social network (dettaglio fondamentale per capire l’efficacia delle fake news su cui si è costruita parte della campagna elettorale dell’attuale presidente Jair Bolsonaro che nei pregiudizi razzisti sguazza). I social sono da giorni tempestati di messaggi, con il logo della squadra, con questo contenuto: «Se sei razzista, non tifare Santos». Oppure: «Se sei intollerante, xenofobo o razzista, non venire allo stadio, non usare prodotti con il nostro marchio. Meglio: smetti di tifare Santos. Tu non meriti questa squadra e non sei benvenuto nella nostra casa». E ancora: «I nostri spalti sono uno spazio per quasi tutti: abbiamo santistas di ogni etnia, età, origine, abitanti di ogni parte del Brasile, persone di ogni genere, di differenti posizioni politiche, scelte, gusti e credo religiosi. Soltanto per i razzisti lo spazio non c’è».

Il Brasile è stato letteralmente inondato di foto (meravigliose) di ragazzine e ragazzini neri di varie favelas locali vestiti con la divisa del Santos che è stata rinnovata, «in omaggio agli idoli neri brasiliani», in un total black per sottolineare che la squadra è «bianca e nera» spiega la società. Uno degli slogan di maggior successo è questo: «Fin quando ci sarà un uomo nero a sfidare il sistema con un pallone ai piedi, il Santos vivrà».

I giocatori sono scesi in campo sabato scorso ciascuno con una maglietta nella quale compariva un grosso numero accompagnato dal segno percentuale. Insieme gli 11 numeri danno una panoramica della posizione dei neri nella società brasiliana. Eccone alcuni: l’1% degli avvocati brasiliani sono neri, il 61% dei detenuti nelle carceri brasiliane sono neri, il 70% delle adolescenti incinte sono nere, il 2% dei registi cinematografici sono neri, l’85% dei lavoratori in condizioni di schiavitù sono neri, il 79% delle morti violente riguarda persone nere, il 19% dei medici sono neri, il 18% dei ricchi sono neri.

Le foto delle magliette indossate dai calciatori hanno fatto il giro del web. «Senza dubbio alcuno si tratta della presa di posizione più forte contro il razzismo che abbia mai preso un club di football in Brasile» fanno sapere dall’Osservatorio sulla discriminazione razziale nel calcio.

La campagna in parte è dovuta anche alla necessità del Santos di mettere a tacere le polemiche sorte per il tempo trascorso tra la divulgazione pubblica di un audio con frasi razziste di un consigliere della società, divulgazione avvenuta in aprile, e l’allontanamento di questa persona dalla società, avvenuta ad ottobre. Troppo tempo secondo parte della tifoseria, che con la protesta #ExpulsaORacista ha raccolto quest’estate il maggior numero di commenti via web ad argomenti lanciati via twitter.

La campagna del Santos non piace a tutti. Alcuni considerano eccessivamente aggressivo invitare le persone sgradite perché razziste a non presentarsi allo stadio. «No, non accettiamo tifosi razzisti» spiega la società, che va oltre: «C’era bisogno di una risposta forte, precisa e rapida. Ci sono momenti in cui è necessario essere intolleranti con gli intolleranti». Una scelta decisa e rivendicata.

Da notare che a nessuno, nella dirigenza della società, è venuto in mente di non credere alla denuncia fatta dal giocatore di Cearà, né di insinuare che avesse interessi personali a montare una polemica. L’hanno difeso e basta.

Una presa di posizione clamorosa nel Brasile di Bolsonaro, dove il 52% degli elettori solo un anno fa ha votato un candidato che delle sue posizioni esplicitamente razziste ha fatto un cavallo di battaglia elettorale. Interessante che l’abbia fatta il Santos football club, una potenza mediatica ed economica. Una stella nell’immaginario popolare. È una mossa che, nel clima di totale polarizzazione politica attuale in Brasile, suona come un avvertimento al bolsonarismo diffuso: «La guerra è dichiarata».