I soldi oppure la vita

L’economista Marcel Fratzscher spiega come il rapporto irrazionale con il denaro divide la società tedesca
/ 25.04.2022
di Stefano Vastano

Un salvadanaio a forma di porcellino, rotto in più punti. E dalla pancia dell’animaletto in porcellana spuntano delle banconote da 10 e 5 euro, e qualche spicciolo. È l’immagine sulla copertina del nuovo libro di Marcel Fratzscher: I soldi o la vita (Berlin Verlag). Fratzscher è uno dei più noti economisti tedeschi, direttore del prestigioso istituto DIW di Berlino. E nel suo libro spiega in modo preciso «come il nostro rapporto irrazionale con i soldi divide la società», per citarne il sottotitolo. Che i tedeschi siano un popolo di accaniti risparmiatori si sapeva. Ma che in economia molto dipenda dalla psicologia, dalle percezioni e dalle paure dei consumatori è un fattore sempre poco considerato quando si tratta di analizzare indici come l’inflazione o il livello dei debiti, privati o di una nazione. Proprio per questo le analisi di Fratzscher sono interessanti, perché puntano a sfatare quelle ossessioni o fobie irrazionali rispetto al denaro accumulate nella tragica storia tedesca.

«Che i tedeschi siano un popolo di risparmiatori è vero sì, ma solo in parte», afferma Fratzscher. «Oggi vediamo come i tedeschi risparmino nel modo sbagliato, mentre lo Stato continua a investire toppo poco in infrastrutture e nelle riforme necessarie come quella ecologica e digitale». E tutti questi ritardi in una società in cui, anche a causa della pandemia, la «forbice» tra coloro che posseggono poco niente e la fetta della popolazione più abbiente si è divaricata ancora. I dati economici e sociali al riguardo sono chiari. «Ora – spiega l’economista – il 40 per cento della popolazione in Germania possiede l’1 per cento della ricchezza nazionale. Mentre il 60 per cento della ricchezza è concentrato nelle mani del 10 per cento dei più abbienti». Difficile trovare nei Paesi della Ue una «forbice» che taglia il tessuto sociale in modo più drastico e ingiusto.

Negli ultimi 150 anni, scrive Fratzscher, i miliardari non sono mai stati tanti in Germania come nel 2020 e 2021, durante le prime ondate della pandemia da Coronavirus. Solo nel 2020 il numero dei miliardari è salito a 136 persone; e la loro ricchezza è aumentata di 100 miliardi. Quello di pochissimi miliardari sempre più ricchi è un trend globale che il Covid non ha fatto che inasprire. Tanto più in Germania, dove negli ultimi anni sul mercato del lavoro si è registrato un aumento vistoso del precariato (dai lavori sottopagati ai «mini-job», termine che identifica rapporti di lavoro pagati non più di 450 euro al mese esenti da tasse e contributi previdenziali da parte del dipendente, mentre il datore li versa in misura assai ridotta) a fronte di tasse molto lievi per coloro che in Germania ereditano immobili, quote di aziende o capitali.

«A dividere ancora più a fondo la società tedesca – continua Fratzscher – c’è un sistema fiscale che tassa fortemente i lavoratori, ma chiede troppo poco ai fortunati eredi». Uno studio dell’istituto DIW calcola che nei prossimi 10 anni verranno ereditati in Germania in media 400 miliardi l’anno, e l’imposta sulle successioni ne esige (dai 10 milioni in su) tra il 5 e il 6 per cento ai più fortunati. Insieme ad altri economisti Fratzscher da tempo richiede «una flat tax sulle successioni del 15 per cento» che porterebbe nelle casse dello Stato, stima lui, sui 40 miliardi di euro annui. Per l’esperto sarebbe un segnale da parte del governo di Olaf Scholz, il cancelliere socialdemocratico, per dare «più impulsi ad una società tedesca con una mobilità sociale sempre più debole».Certo, rispetto al sud o all’est d’Europa il welfare in Germania è ancora una rete molto forte e capillare. Ma di fatto, precisa Fratzscher, «oggi vanno all’università il 74 per cento dei figli di accademici e solo il 21 per cento di famiglie di non accademici». Se poi passiamo alla voce «affitti» il quadro sociale, specie in metropoli come Monaco o Berlino, si offusca ulteriormente. Se negli anni Novanta l’affitto copriva il 20 o 25 per cento delle entrate del ceto medio, ora nelle grandi città tedesche l’affitto se ne «mangia» anche il 40 per cento.

In questa situazione sociale, aggravata dalla crisi della pandemia, come agisce l’altra grande ossessione della politica economica tedesca, e cioè quella di evitare ad ogni costo i debiti statali? Il risparmio in sé non è qualcosa di buono, spiega Fratzscher, come i debiti non sono sempre qualcosa di negativo; tutto dipende infatti dal motivo per cui si risparmia o per cui lo Stato accumula debiti. Per Wolfgang Schäuble, l’arcigno ministro delle Finanze dell’ex governo Merkel, fu un punto d’onore aver raggiunto il famoso «schwarze Null», il pareggio di bilancio. Ma dal punto di vista di Fratzscher, «l’ossessione dell’austerità e del pareggio di bilancio a tutti i costi si è rivelata una pura chimera, specie di fronte alle varie crisi in Europa, e ai compiti che lo Stato tedesco deve ora affrontare se vuole risolvere le grandi sfide del futuro».

Sono tre i dossier decisivi per le future generazioni: la rivoluzione digitale, le innovazioni ecologiche e il rilancio di infrastrutture come scuole, strade e alloggi. Ed è evidente che per affrontarle il governo di Berlino dovrà mettere da parte la mania del risparmio e passare piuttosto a forti investimenti. «Nei prossimi 10 anni – stima il direttore dell’istituto DIW di Berlino – saranno necessari almeno 500 miliardi di investimenti pubblici nei settori del clima, del digitale e del rinnovamento sociale in Germania». Più che tagliare le spese sociali o sovvenzionare alla cieca, lo Stato tedesco dovrà investire di più e soprattutto meglio nelle sfide del Ventunesimo secolo. E superare le ancestrali paure dell’inflazione che hanno segnato – nel 1923, nel 1929 e nel 1947 – la tragica storia tedesca. Il «governo semaforo» di Scholz è pronto a realizzare questi giganteschi piani di investimenti per trasformare la società? «Scholz e il suo governo – risponde Fratzscher – non possono far altro che investire di più nel futuro della Germania, per questo i tedeschi hanno votato un cambio del governo a Berlino». Ma la guerra scatenata dallo zar di Mosca contro l’Ucraina non riaccenderà la fiamma dell’inflazione in tutta Europa e i timori dei debiti in Germania? «La guerra di Putin – conclude l’esperto – mostrerà ai tedeschi soprattutto la necessità di investire di più in energie alternative, per renderci autonomi dal gas russo».