«Eccoci qui dove tutto è cominciato». La veduta su Gerusalemme da quest’angolo subito fuori le mura della Città Vecchia è di quelle mozzafiato. Prima di salire sulla terrazza e guardarti intorno, però, devi passare dal cinema. Saletta piccola, pochi minuti appena; ma il video è rigorosamente in 3D, perché chi ha pensato questo percorso ci tiene a farti tornare indietro nel tempo e a capire bene che cosa c’era qui «quando tutto è cominciato». Vuole togliere dal tuo orizzonte gli «incidenti della storia», lasciati in eredità da altre dominazioni, religioni e culture. Non ti devono distrarre dall’unica Gerusalemme che conta: la città che il re Davide tremila anni fa strappò ai gebusei; che è poi la stessa tornata ora ad essere la «capitale unita e indivisibile» di Israele.
Se si vuole capire quanto in profondità si spinga oggi lo scontro tra arabi ed ebrei intorno a Gerusalemme è all’Ir David che bisogna assolutamente fare tappa; alla Città di Davide, il parco archeologico subito fuori dalla Porta dell’Immondizia, all’inizio di quello che sarebbe il quartiere arabo di Silwan, ma che per gli ebrei oggi è tornato a essere Siloe. Siamo a poche centinaia di metri in linea d’aria dal Muro del Pianto e dalla cupola della moschea di al Aqsa, i due luoghi simbolo che abbiamo visto migliaia di volte nelle immagini televisive di questo conflitto senza fine. Le immagini dall’alto, però, non possono mostrare un’altra battaglia, quella che si sta giocando sotto la superficie: il fronte degli archeologi e degli urbanisti nel conflitto arabo-israeliano. Vale a dire lo scontro di chi – mentre la politica e la diplomazia discutono sulle parole – si contende le antiche pietre su cui poggiano le narrative, che è poi quanto in una città come Gerusalemme conta per davvero.
A parte qualche casa di ebrei yemeniti – venuti ad abitare in questa zona a fine Ottocento e poi costretti ad andarsene nel 1948 – è sempre stato un quartiere arabo, Silwan; e ancora oggi vi abitano ventimila palestinesi di Gerusalemme est. Ma in questi ultimi anni è diventato un luogo di importanza strategica dal punto di vista archeologico. Per capire il perché bisogna tener presente un dato: i confini delle mura di Solimano, quelli che racchiudono la cosiddetta Città Vecchia, non corrispondono al perimetro della Gerusalemme antica; nei primi secoli dalla Spianata dove sorgeva il Tempio e oggi troviamo le Moschee la città scendeva da questa parte, verso il punto dove le due vallate di Kidron e Ghion vanno a incontrarsi. Ed è ovviamente qui che – dopo averne acquisito il controllo nel 1967, strappando questa parte della città alla Giordania – Israele ha cominciato a scavare alla ricerca delle proprie radici: nei primi anni ci si è concentrati sull’area dell’Ofel, la parte subito al di sotto del Muro Meridionale, quello sopra cui svetta la cupola della moschea al Aqsa. Poi, dall’alto, si è cominciato anche a scendere anche verso Silwan; e a trovare qualcosa di importante.
In particolare al centro dell’attenzione sono finite le fondamenta di un grande palazzo, compatibili con una datazione intorno al X secolo a.C.; a partire da questo dato l’archeologa Eilat Mazar le ha identificate come i resti della residenza del re Davide, il condottiero di Israele che portò la capitale da Hebron a Gerusalemme. A dire il vero va aggiunto che non tutti i colleghi sono concordi con questa identificazione; ma il boccone era troppo ghiotto dal punto di vista identitario per stare a sottilizzare. Così dall’inizio degli anni Duemila quella dell’Ir David a Silwan/Siloe è diventata la partita archeologica per eccellenza a Gerusalemme.
Grazie a sostanziosi contributi raccolti soprattutto tra i sostenitori della destra nazionalista ebraica gli scavi sono proseguiti a ritmo molto sostenuto e senza guardare in faccia a nessuno. Gli arabi si sono ritrovati gli archeologi israeliani a scavare letteralmente sotto le proprie case; e questo lavoro ha riportato alla luce due tunnel che nell’antichità erano stati scavati per proteggere l’approvvigionamento idrico della città. Uno di questi è tuttora attraversato da un corso d’acqua, che ha contribuito a farlo diventare un’attrazione per i turisti: l’ultima moda a Gerusalemme è diventata ripercorrerlo al buio con la torcia e con l’acqua che arriva fino alle ginocchia proprio come fecero nell’anno 70 d.C. gli ebrei in fuga dall’assedio dei romani che portò alla distruzione del Tempio.
Anno dopo anno, dunque, l’Ir David – il parco archeologico dell’identità ebraica, realizzato nel mezzo di un quartiere arabo – sta crescendo tra i luoghi più visitati di Gerusalemme; e l’impressione è che la sua parabola sia ancora all’inizio. Perché nel frattempo il governo Netanyahu ha dato il via libera ad altri due progetti destinati a cambiare radicalmente il modo in cui i visitatori arriveranno al Muro del Pianto. Il primo è già in fase avanzata e sono gli scavi in corso sotto il piazzale del luogo più sacro per gli ebrei a Gerusalemme: a una ventina di metri di profondità gli archeologi israeliani stanno scavando quello che era il livello del terreno duemila anni fa, all’epoca del Secondo Tempio – quello più maestoso, fatto costruire dal re Erode e di cui il Muro del Pianto è l’unico contrafforte rimasto. Hanno ritrovato l’antica strada attraverso cui gli ebrei salivano al Tempio, nonché – pochi mesi fa – un piccolo anfiteatro romano. L’obiettivo è quello di rendere presto questo livello sotterraneo visitabile, collegandolo direttamente con i tunnel dell’Ir David e con quelli già scavati negli anni Novanta oltre il Muro del Pianto, sotto il quartiere arabo della Città Vecchia. Una volta che la piazza sotterranea sarà stata completata, quindi, dal parco archeologico dell’Ir David comincerà un unico grande percorso turistico-archeologico che porterà il visitatore dentro la Gerusalemme ebraica di duemila anni fa. E da qui direttamente nella Città Santa oggi.
Un itinerario dove la Gerusalemme dei musulmani e dei cristiani semplicemente non ci sarà. Freudiana – da questo punto di vista – è già adesso la conclusione del video iniziale proposto all’Ir David: su quella che era l’antica città di Davide un’animazione fa spuntare gli edifici simbolo della moderna Gerusalemme di oggi. Compaiono l’hotel King David, la Knesset, il mulino di Moses Montefiore; ma della basilica del Santo Sepolcro e della Moschea di al Aqsa non c’è traccia, come ovviamente dei ventimila palestinesi del quartiere arabo di Silwan che abitano lì intorno.
Per loro – intanto – è in arrivo anche una seconda sorpresa, destinata a cambiare profondamente la fisionomia di questa zona di Gerusalemme est: l’Ir David si prepara a diventare lo snodo fondamentale della funivia urbana, voluta fortissimamente dal sindaco Nir Barkat. Il progetto ha avuto il via libera del governo israeliano nel mese di maggio e si appresta a entrare nella fase esecutiva con l’obiettivo di essere completata entro il 2021. La funivia partirà dalla vecchia stazione ferroviaria – che si trova nella parte ovest della città – e dopo un tragitto panoramico di 1,4 chilometri sbarcherà tremila passeggeri all’ora al Kedem Center, un nuovo grande museo da costruire proprio a Silwan, accanto al parco archeologico della città di Davide. La funivia che passerà sopra le case arabe e si potrà prendere con il normale biglietto dei trasporti pubblici urbani diventerà, dunque, la principale via di accesso al Muro del Pianto.
Un progetto del genere è destinato ad avere un impatto molto più forte di qualsiasi nuovo quartiere residenziale ebraico di Gerusalemme Est. Perché qui in gioco c’è – appunto – la narrativa sulla città. Del resto in un posto che ha avuto tanti dominatori lungo i secoli, dal punto di vista archeologico tutto si gioca intorno alla scelta su quale sia lo strato più importante da preservare. E oggi chi ha in mano le redini della città non ha dubbi: qualsiasi resto bizantino o arabo passa in subordine rispetto a tutto ciò che ha a che fare con l’identità ebraica di Gerusalemme.
Non è un caso, allora, che proprio Silwan sia oggi uno dei quartieri arabi che ribollono di più. Perché in gioco non c’è semplicemente lo spostamento o meno di un’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, ma una visione sul futuro. Al di là delle parole di circostanza sul rispetto per le tre religioni, la Città Santa di Netanyahu è quella dove la città di Davide sta prendendosi tutto. Scavando sotto terra e progettando funivie, più ancora che piantando delle bandiere.