Niente di nuovo sul fronte tedesco? All’apparenza, sembra così. Il 24 settembre si rinnova il Bundestag, che varerà un nuovo governo guidato da Angela Merkel, giunta al suo quarto quadriennio. I tedeschi sembrano soddisfatti e relativamente tranquilli, all’insegna del weiter so, avanti così, concetto che dà il tono alla campagna elettorale della CDU-CSU. Come spesso accade, l’apparenza inganna. Quale che sia il risultato del voto, qualcosa sta cambiando nella struttura del sistema politico tedesco. E, nel medio termine, nella società e nella prospettiva economica e geopolitica della Germania.
Il nuovo parlamento tedesco assomiglierà infatti alla media dei parlamenti europei, tutti più o meno frammentati, salvo il francese. Il classico tripartitismo della Bundesrepublik, già superato con l’avvento dei Verdi, diventerà un esapartitismo (per la verità, i partiti rappresentati saranno sette, considerato che CDU e CSU, per quanto uniti nel Bundestag, restano due formazioni distinte). Salvo imprevisti, avremo deputati dei due partiti democristiani – il nazionale e il bavarese – accanto a socialdemocratici (SPD), liberali (FDP), verdi (Grünen), della Sinistra (Linke) e dell’Alternativa per la Germania (AfD). I primi quattro possono in teoria entrare in una coalizione di governo, gli ultimi due, collocati alle estreme, per ora no. I sondaggi danno infatti una CDU-CSU attorno al 38%, una SPD sul 22%, e gli altri quattro in una forchetta fra il 7 e il 10%.
Il 25 settembre comincerà dunque una faticosa competizione per la scelta della coalizione di governo. Esistono allo stato tre possibili combinazioni. In ordine di probabilità: nuova grande coalizione CDU/CSU-SPD; bipartito CDU/CSU-FDP; bipartito CDU/CSU-verdi; «Giamaica», ovvero i due partiti democristiani più il liberale e i verdi (il nome deriva dal colore dei tre partiti – nero, giallo, verde – corrispondenti a quelli della bandiera giamaicana).
Merkel punta alla grande coalizione con i socialdemocratici quali junior partner. È una formula sperimentata ed efficiente, piuttosto omogenea, considerato come la cancelliera penda più a sinistra che verso il centro e non abbia nulla a che spartire con la destra. Questa opzione non convince però molti socialdemocratici, i quali temono il logoramento finale e preferirebbero un quadriennio all’opposizione per ricostruirsi un profilo. La Große Koalition manterrebbe la rotta in politica economica, forse però con qualche maggiore flessibilità e disponibilità all’integrazione almeno con i paesi più forti e vicini, a partire da Francia e Benelux (Euronucleo). Ipotesi più difficile in caso di alleanza con i liberali, guardiani stretti dell’austerità. Le altre due formule, teoricamente possibili, sono molto meno probabili anche per la eterogeneità dei programmi. Infine, non si esclude un governo di minoranza, che raccolga i voti necessari in parlamento caso per caso – ma sarebbe interpretato come un segno instabilità.
La vera novità strutturale sarà l’ingresso al Bundestag di una pattuglia di deputati di destra radicale, sotto la sigla dell’AfD. Questa rischia di essere la vera eredità politica di Merkel: aver permesso che alla destra del centro sorgesse una considerevole forza estremista. Nata come iniziativa di alcuni professori anti-euro, l’Alternativa per la Germania con il tempo ha slittato verso l’anti-islamismo e l’intolleranza verso i migranti, specie dopo che nel settembre 2015 Merkel aprì le porte a quasi un milione di siriani, iracheni, afghani e altri stranieri difficilmente integrabili nella Leitkultur germanica. In alcuni suoi esponenti di punta si trovano accenti para-nazisti. L’AfD è particolarmente forte nella ex DDR, ma si sta espandendo sul piano nazionale. Non fosse che per la sua storia, la Germania non può permettersi un partito di estrema destra di dimensioni ragguardevoli (attorno al 10%), presente in parlamento, senza perdere in prestigio e influenza.
Sul fronte sociale, resta aperta la questione migratoria. Già oggi un quarto della popolazione della BRD è allogena. Malgrado Berlino e i Länder investano nell’integrazione, una parte dei tedeschi è a disagio e prova attrazione per gli argomenti xenofobi e islamofobi. Questo, nel clima di emergenza terrorismo, mette in questione la sicurezza e la coesione nazionale.
Quanto all’economia, la Germania cresce, ma non molto, qualcosa meno di 2 punti. Soprattutto, l’austerità si ripercuote sulla qualità della vita dei tedeschi, dove il basso livello salariale, dovuto anche alla scarsa influenza dei sindacati, comprime la domanda interna. Sicché il modello export-led sembra senza alternative. Ma la Germania neomercantilista, dotata di un formidabile surplus commerciale, finisce per impoverire i suoi mercati di riferimento e per allontanare da sé i partner europei, dai quali assorbe liquidità e verso i quali trasmette deflazione.
Insomma, l’immagine di un gigante pacioso e soddisfatto coglie solo un fotogramma di un film in movimento. E in ogni caso, questo sarà l’ultimo governo Merkel. La lotta per la successione nel 2021 o anche prima è già cominciata, gettando un’ombra sull’affidabilità tedesca.