Fuga dei cervelli dal Ticino?

Un’analisi dei motivi che spingono sempre più giovani a lasciare di anno in anno il Ticino
/ 12.12.2016
di Elio Venturelli

I nostri giovani guardano sempre più oltre Gottardo o fuori dai nostri confini, probabilmente alla ricerca di un lavoro che risponda alle loro aspettative e che non trovano in Ticino. Nel solo 2015 le partenze verso altri cantoni di residenti in età tra i 20 e i 39 anni hanno superato gli arrivi di 761 unità. Se a questi aggiungiamo il saldo, pure negativo, degli svizzeri residenti in Ticino con l’estero, pari a 122 unità, otteniamo un saldo complessivo di –873. Questi saldi negativi (vedi grafico 1), sono andati gradatamente aumentando negli ultimi anni, evidenziando una chiara tendenza all’emigrazione giovanile dei residenti.

Complessivamente il Ticino, negli ultimi tre lustri, ha visto diminuire la popolazione residente tra i 20 e i 39 anni di circa 6000 unità, in seguito a questi flussi, ciò che corrisponde grossomodo al 7-8% dei residenti d’età corrispondente.

I flussi più importanti riguardano i movimenti con gli altri cantoni, con un saldo negativo per il Ticino di 3’460 unità per quanto riguarda i residenti svizzeri, la cui emigrazione è iniziata già negli anni 90 e che si è andata via via rafforzando negli anni successivi. A questa si aggiunge l’emigrazione più recente dei residenti stranieri, sempre verso gli altri cantoni, con un saldo negativo di 588 unità per gli anni 2009-2015.

Il Ticino ha però perso, sempre per quanto riguarda queste classi di età, anche circa 2000 unità negli scambi internazionali di residenti svizzeri. L’emigrazione di giovani svizzeri verso altri paesi è iniziata con la crisi che ha caratterizzato l’inizio degli anni 90, ma è poi proseguita anche nel decennio successivo, periodo di espansione economica e del mercato del lavoro.

Ciò che sorprende in questa nuova tendenza è il forte recente incremento dell’esodo. Da un saldo negativo di circa 200 unità negli anni 2000, si è passati a più di 400 nel 2012 e a quasi 900 nel 2015. Per dare un’idea dell’importanza di questi flussi, è come se il nostro cantone avesse perso nel 2015, quindi in un solo anno, l’equivalente dell’intera popolazione giovanile (cioè dai 20 ai 39 anni, nel caso specifico) di un comune di medie dimensioni come Morbio Inferiore, Collina d’Oro o Ascona.

Negli anni 80, caratterizzati dal boom economico, questi flussi erano nettamente a favore del Ticino. Cos’è cambiato nel frattempo per provocare un netto rovesciamento di tendenza? Come mai i giovani residenti tendono oggigiorno ad emigrare, malgrado la congiuntura favorevole che ha caratterizzato gli anni 2000, sostenuta da una forte immigrazione di manodopera estera e dall’esplosione del frontalierato?

Sappiamo che questi saldi sono dovuti a un continuo calo degli arrivi nel nostro cantone e ad un aumento sensibile delle partenze nell’ultimo decennio. Le statistiche non ci permettono però di caratterizzare ulteriormente i due flussi. Non sappiamo se il calo degli arrivi sia da attribuire a una diminuzione delle opportunità occupazionali in determinati settori (turismo, sanità, banche, ecc.). Non conosciamo le qualifiche professionali di coloro che lasciano il Ticino. Ciononostante, ci sembra di poter dire che il cambiamento delle condizioni quadro per quanto riguarda il mercato del lavoro per i residenti ticinesi possa in gran parte spiegare questa nuova emigrazione di giovani. Salari troppo bassi per i residenti, offerti da aziende che non possono pagare di più, profili professionali diversi da quelli offerti sul territorio, hanno probabilmente indotto molti giovani ticinesi a cercare altre opportunità.

Se così fosse, è molto probabile che ad andarsene siano stati i giovani con le migliori qualifiche professionali, la cui formazione è stata pagata dal nostro cantone, ciò che rappresenta una perdita considerevole per le finanze cantonali. Va però anche detto che, senza questa opportunità di lasciare il cantone, i dati sulla disoccupazione assumerebbero una tutt’altra connotazione. Se inoltre si tiene conto anche delle recenti statistiche sulla sotto occupazione pubblicate dall’Ustat, si vedrebbe il mercato del lavoro ticinese sotto una luce ben diversa da quella che scaturisce dagli indicatori «ufficiali».

Dal 1980 in poi, il mercato del lavoro ticinese è sempre dipeso dalla manodopera estera, sia grazie all’immigrazione, sia grazie al frontalierato. Negli anni 80 ciò non ha impedito il pieno impiego dei residenti, anzi il mercato del lavoro ha assorbito un flusso consistente di giovani provenienti da altri cantoni. Con la crisi degli anni 90, che ha provocato il crollo dell’immigrazione dall’estero (vedi grafico 2) è iniziata l’emigrazione di giovani svizzeri verso altri cantoni e verso l’estero. Questa emigrazione è però proseguita anche nel successivo periodo di forte espansione economica. Si è anzi fortemente accentuata negli ultimi anni. Indipendentemente da qualsiasi ideologia, si fa fatica a non vedere una relazione con l’entrata in vigore dei bilaterali (2002) e il conseguente deterioramento delle condizioni del mercato del lavoro cantonale (dumping salariale, precariato, sotto occupazione).

Se la tendenza all’emigrazione di giovani residenti dovesse ulteriormente accentuarsi, tenuto conto che negli ultimi anni l’immigrazione dall’estero è sensibilmente diminuita (vedi grafico 2), ciò che potrebbe preludere a una situazione analoga a quella della crisi del 90, il nostro cantone si troverebbe in una situazione assai critica, con conseguenze non solo sul mercato del lavoro, ma sull’insieme degli equilibri intergenerazionali.