L’interesse per l’elezione di un governo cantonale non travalica quasi mai i confini del cantone interessato. Arriva, tutt’al più, ad estendersi alle regioni che sono geograficamente vicine o che hanno in comune determinate caratteristiche, come per esempio la lingua parlata. Non è stato così una settimana fa, quando si è svolto il secondo turno dell’elezione dell’esecutivo vallesano. I principali media nazionali e regionali hanno focalizzato la loro attenzione sulla votazione. Pagine intere ed articoli si sono susseguiti nei giorni che hanno preceduto il voto, lo spoglio delle urne è stato seguito con grande attenzione e, quando il risultato finale è arrivato, la notizia è finita d’apertura sulle prime pagine. Al centro di tutto questo interesse c’erano Oscar Freysinger, la sua discussa personalità, il suo futuro politico e il suo tentativo di farsi rieleggere in seno all’esecutivo cantonale. Le altre poste in gioco, come per esempio l’elezione dell’ex presidente nazionale del PPD, Christophe Darbellay, o la possibile entrata in governo di due socialisti, non vennero ritenuti altrettanto rilevanti.
Il clamore dei media è stato dunque la spia dell’importanza dell’evento. L’uscita di scena di Oskar Freysinger, uno dei tre vicepresidenti nazionali dell’UDC, ha segnato la fine di un’esperienza cantonale durata quattro anni ed il ritorno alla formula di governo che vigeva prima in Vallese, con tre rappresentanti del PPD, uno del PLR e uno del PS. Ha messo in luce anche due caratteristiche della scena politica svizzera, che riguardano in primo luogo l’UDC. La prima tocca la collegialità in seno agli organi eletti, la seconda mette in evidenza le difficoltà che il partito di Christoph Blocher incontra, quando vuol far eleggere suoi rappresentanti negli esecutivi cantonali.
Oskar Freysinger non ha rispettato il principio della collegialità, lanciandosi in iniziative personali ed in manovre politiche che non sono state ben viste dalla compagine di governo, che non si sono rivelate utili al lavoro collettivo dell’esecutivo e che sono state mal recepite anche dalla popolazione. Un esempio sono stati i suoi viaggi all’estero per partecipare a degli incontri di movimenti di estrema destra e per tenervi conferenze. Un altro esempio è stata la decisione di prendere come consulente all’interno del Dipartimento della sicurezza e della formazione il «survivalista» Pietro San Giorgio. Questi, attraverso un video diffuso sui social media e le affermazioni che conteneva, si rivelò essere un estremista di destra pronto a ricorrere alla violenza. La diffusione del video provocò un’ondata di indignazione e di proteste in tutto il cantone, cominciando dai colleghi di governo di Freysinger, nonché il lancio di una petizione online che chiese le dimissioni di San Giorgio e che in poco tempo raccolse quasi mille firme. Messo alle strette, il consigliere di Stato UDC decise di allontanare lo scomodo personaggio. Un ultimo esempio è stata la tentata manovra elettorale per impedire l’elezione del suo acerrimo nemico Christophe Darbellay. Freysinger si è alleato ed ha fatto una lista comune con Nicolas Voide, ex presidente del Gran Consiglio, rappresentante la destra del PPD. Con questa alleanza, Freysinger voleva anche dare una certa forza alla sua «rivoluzione conservatrice». Di fronte a questa manovra, il partito di maggioranza relativa si è sentito aggredito, nonché esposto al pericolo di una scissione. Ha reagito in poco tempo, schierandosi a sostegno di Darbellay e dei suoi due membri uscenti del governo. Il risultato del braccio di ferro fu chiaro già la sera del primo turno: Darbellay raggiunse il miglior risultato e Voide ottenne troppi pochi voti per poter presentarsi al secondo turno. Con il suo agire, Freysinger si è così creato molte antipatie nel PPD e, probabilmente, ha provocato anche un forte desiderio di vendetta. Lo testimonia anche il fatto che molti elettori del PPD abbiano preferito votare a favore del liberale radicale Frédéric Favre, trentottenne, membro del PLR da un anno soltanto, e con nessuna esperienza politica.
La mancata rielezione di Freysinger rappresenta uno novità nella storia recente del Vallese. Per trovare un altro magistrato cantonale non rieletto, bisogna risalire al 1937. Evidenzia anche come una forte personalità, eletta in una compagine governativa, rischia di farsi estromettere quando assume posizioni per lo più estreme, che non vengono condivise dai suoi colleghi, e quando non si piega alle esigenze della collegialità. A livello federale è successo nel 2007, quando l’Assemblea federale non rielesse Christoph Blocher, lo stratega dell’UDC, ma gli preferì Eveline Widmer-Schlumpf. Il caso vuole che uno degli artefici dell’esclusione di Blocher sia stato Christophe Darbellay, un Darbellay che ritroviamo presente anche nella non rielezione di Freysinger. Voci sparse hanno addirittura ipotizzato una congiura ordita da Darbellay e dall’ex consigliere federale Pascal Couchepin per eliminare Freysinger.
La seconda caratteristica della scena politica svizzera che merita di essere sottolineata rappresenta la difficoltà dell’UDC a far eleggere suoi rappresentanti nei governi cantonali. L’UDC è il primo partito svizzero, è il partito con il maggior numero di rappresentanti nei parlamenti cantonali, ma arriva soltanto quarto nella classifica riguardante il numero dei consiglieri di Stato. Al primo posto troviamo il PLR e il PPD, ciascuno con 40 rappresentanti negli esecutivi cantonali, e al terzo posto il PS, con 28 rappresentanti. L’UDC ne ha soltanto 22, praticamente tutti concentrati nella Svizzera tedesca. Dopo l’esclusione di Freysinger non c’è più nessun rappresentante UDC nei governi cantonali romandi. Il solo francofono presente è il giurassiano Pierre Alain Schnegg, membro dell’esecutivo bernese dallo scorso mese di luglio. La difficoltà per l’UDC a far parte dei governi cantonali è emersa anche nelle elezioni svoltesi nel canton Friburgo in autunno e nel canton Soletta, lo scorso 12 marzo, una settimana prima del secondo turno dell’appuntamento vallesano. Per la quinta volta consecutiva, l’UDC ha tentato di far parte dell’esecutivo solettese, ma il suo candidato ha ottenuto un risultato così poco lusinghiero da farlo desistere dal partecipare al secondo turno che si svolgerà il 23 aprile.
L’attenzione si porta ora sulle due prossime elezioni cantonali che si svolgeranno nella Svizzera romanda, il 2 aprile nel canton Neuchâtel ed il 30 aprile nel canton Vaud. L’UDC ci riprova. A Neuchâtel, lancia ben tre candidati per tentare di riconquistare il seggio, al quale il suo rappresentante Yvan Perrin ha dovuto rinunciare per malattia tre anni fa, dopo un anno di presenza nel governo. A Losanna, punta sul suo presidente cantonale e consigliere nazionale Jacques Nicolet, per conquistare il seggio lasciato libero dalla socialista Anne-Catherine Lyon. In questo caso, l’UDC può contare sull’apporto del PLR con il quale ha concluso un’alleanza elettorale. Un apporto non trascurabile, perché il PLR detiene tre dei sette seggi dell’esecutivo e, con l’UDC, vorrebbe trasformare l’attuale maggioranza di governo di centro-sinistra in una maggioranza di centro-destra.
Dopo l’elezione in Consiglio federale di Guy Parmelin nel 2015, l’UDC mirò ad estendere la sua presenza in Romandia. Fin ora, i risultati elettorali mostrano che questo obiettivo non è stato raggiunto. Anzi, gli stessi dati lo fanno apparire ancora molto lontano e lasciano supporre che, probabilmente, bisognerà attendere ancora molto tempo, prima di poter assistere ad un eventuale effetto Parmelin.