Ricoverato in terapia intensiva dell’ospedale San Raffaele (almeno quando il giornale è andato in stampa), Silvio Berlusconi è al centro di sentimenti contrastanti. Da un lato l’umana simpatia per l’irriducibile combattente, che a quasi 87 anni lotta contro la leucemia; dall’altro l’accusa di essere stato il simbolo di quella Seconda Repubblica che ha fatto ampiamente rimpiangere la Prima. Il suo trentennio politico coincide con la deriva morale del Paese, con l’abbattimento di molti steccati comportamentali, con il trionfo della corruzione, di cui l’evasione fiscale è il segno più evidente. D’altronde Berlusconi scese in campo, a fine ’93, per risolvere una drammatica situazione patrimoniale, non certo per paura dei comunisti. Nel 1992 la Fininvest, la finanziaria di famiglia creata nel 1978, faceva utili per 11 miliardi di lire, equivalenti a poco più di 9 milioni di euro; aveva un capitale netto inferiore a un miliardo e mezzo di lire ed era piena di debiti: oltre 4,4 miliardi di lire. Cuccia, presidente di Mediobanca e dominus dell’economia nazionale, gli aveva consigliato di portare i libri in tribunale. Berlusconi invece puntò sul colpo grosso, per citare il titolo di una delle sue trasmissioni, e ha avuto ragione.
Dal ’96, anno della quotazione in Borsa, lui e in seguito anche i suoi figli – Marina (56 anni), Piersilvio (53 anni), Barbara (38 anni), Eleonora (36 anni), Luigi (34 anni) – hanno incassato cedole pari a 2,5 miliardi di euro, una media di 85 milioni l’anno. A capo di tutto c’è ancora la Fininvest. Sotto di essa stanno Edilnord, la creatrice di Milano 2 e poi Milano 3; Mediaset con la relativa raccolta pubblicitaria delle tv; Mediolanum, banca e assicurazioni; Mondadori, libri e giornali. Il controllo è detenuto da 7 scatole societarie, originariamente erano 38, e rimane un mistero dove Berlusconi abbia trovato all’epoca i soldi. Le Holding italiana Prima, Seconda, Terza e Ottava fanno capo al 100% al Cavaliere e tutte insieme posseggono il 61,2% della capogruppo. Poi ci sono le quote dei figli di primo letto Marina e Piersilvio, pari al 7,65% ciascuna, raggruppate nelle Holding italiana Quarta (Marina) e Quinta (Piersilvio). Ai figli di secondo letto Barbara, Eleonora, Luigi è andata in quote proporzionali la Holding Italiana Quattordicesima, detentrice del 21,42% della Fininvest. La società ormai sprizza benessere da tutti i pori: nel 2021 ha vantato un attivo di 8,7 miliardi, ricavi per 3,8 miliardi con un patrimonio netto di gruppo di 3 miliardi, una redditività dopo le tasse a due cifre sui ricavi (360 milioni l’utile) e un debito finanziario a un terzo del valore del capitale. Questi numeri hanno consentito di distribuire poco più di 90 milioni al Cavaliere, 11,7 milioni a Marina e a Piersilvio, quasi 11 milioni a Barbara, Eleonora e Luigi.
Stenta a tenere il passo Mediaset: dal 2015 ha perso oltre un quarto del fatturato. Con le sue diramazioni è a bilancio per un miliardo, ma in Borsa la quota della famiglia vale meno di 700 milioni. Tale situazione spiega perché Marina, la vera numero 2 dietro il padre e destinata ad assumere un ruolo di guida dei cinque fratelli, ne valuti da tempo la cessione, magari con l’aggiunta delle testate giornalistiche in carico alla Mondadori. Tuttavia non è solo una questione di ascolti e di raccolta pubblicitaria in calo: l’impero tv, capace di sviluppare un’agguerrita concorrenza alla Rai, si è mantenuto nei decenni per l’abilità imprenditoriale di Berlusconi, ma anche per le fortissime protezioni politiche. Garantite dapprima dal leader socialista Craxi, del quale si diceva che avesse un interesse economico, successivamente dallo stesso Berlusconi per due volte capo del Governo o membro influente della maggioranza o capo dell’opposizione. Senza di lui, nessuno può escludere lo smantellamento di un’anomalia tutta italiana.
E senza di lui che ne sarà di Forza Italia? A dispetto di promesse e assicurazioni, Berlusconi ha evitato con cura di scegliere un successore e ha anche evitato che qualcuno potesse crescere fino al punto di ambire alla carica. Forza Italia è stata sempre e solo Berlusconi, il suo giocattolo personale: da trent’anni ne paga i debiti, pare che l’esposizione complessiva tocchi i 100 milioni; ne sceglie i rappresentanti; ne stabilisce la linea ascoltando soprattutto i vecchi compagni d’arma (Letta, Confalonieri, Galliani) e avendo quale stella cometa il tornaconto delle proprie aziende. Forza Italia sembra, dunque, destinata a seguire il destino del suo fondatore. Attorno a essa si agitano i tanti che ambirebbero a conquistarne le spoglie, da Salvini a Renzi. Il leader della Lega, circondato in casa dalle ambizioni crescenti di Zaia, presidente del Veneto, e Fedriga, presidente del Friuli Venezia Giulia, sogna d’irrobustirsi con i senatori e i deputati azzurri messi nell’angolo dalla giravolta impressa da Marina e accettata dal malandato Silvio. Renzi punta sugli orfani per coltivare le residue speranze di costruire il grande centro, di cui tutti parlano, ma di cui nessuno sa indicare collocazione e consistenza. Sempre più criticato per l’eccesso d’intraprese personali, Renzi vorrebbe accreditarsi quale unico erede politico di Berlusconi, pronto persino ad allearsi con Meloni. Che al momento è la più accanita tifosa di Berlusconi. A causa dei sussulti del suo Governo, dall’emergenza immigrazione alla difficoltà di spendere i 200 miliardi dell’Europa, ha assoluto bisogno che Forza Italia sopravviva almeno per un anno.
Eredità in pericolo
In Italia che fine farà l’impero di Berlusconi?
/ 17.04.2023
di Alfio Caruso
di Alfio Caruso