La forte crescita di prezzi dell’energia ha impressionato tutti. Anche gli automobilisti, che hanno visto il prezzo della benzina e del diesel salire ben oltre i 2 franchi il litro. Alcuni sono corsi ai ripari, riducendo l’uso dell’automobile, altri, particolarmente in Ticino, rifornendosi all’estero. L’Italia ha infatti subito adottato misure di contenimento, sopprimendo temporaneamente le «accise» su benzina e diesel. Anche in Svizzera a metà aprile Simonetta Sommaruga, la consigliera federale responsabile del settore energetico, ha detto che se i prezzi dell’energia resteranno a questi livelli, o peggio aumenteranno, potrebbero sorgere grossi problemi per le economie domestiche e le piccole e medie imprese. Per questo il Consiglio federale ha creato un gruppo di lavoro incaricato di valutare se un eventuale intervento dello Stato può essere necessario per calmierare i prezzi troppo alti. In questo caso non si pensa tanto ai consumi di carburanti per le automobili (anzi l’aumento va proprio nella direzione della politica di riduzione dei consumi per combattere l’inquinamento dell’ambiente) quanto per gli impianti di riscaldamento.
Il petrolio
In Svizzera sono ancora molte le abitazioni che usano il gasolio (la nafta) per il riscaldamento. In Ticino sono ben il 60% degli edifici. Per questi immobili (e benché anche in questo caso le forniture arrivino dall’Italia) il prezzo per 100 litri di gasolio è passato da 70,4 franchi nel 2020 a 193,16 franchi lo scorso 9 marzo. In un mercato molto volatile, condizionato in gran parte dalle incertezze che accompagnano la guerra in Ucraina e le sanzioni occidentali contro la Russia, il prezzo del combustibile fossile cambia di giorno in giorno, ma a inizio maggio era ancora sopra i 150 franchi per 100 litri. Visto quanto avviene sui mercati internazionali, gli importatori e con essi i rivenditori consigliano di attendere tempi migliori per i rifornimenti, tanto più che con la stagione calda alle porte i consumi si riducono moltissimo. Già ora però le ordinazioni delle economie domestiche sono a un livello molto basso, il che non garantisce che, più tardi, i prezzi saranno più favorevoli. In termini molto concreti, si può però costatare – come dichiarato dal presidente di Swissoil Ticino al «Corriere del Ticino» – che se un pieno di 4000 litri di gasolio per un’abitazione media costava 2815 franchi 15 mesi fa, oggi costerebbe 6030 franchi.
Il gas
Ai movimenti del prezzo del petrolio si accompagnano spesso anche quelli del gas. Per le circa 300 mila economie domestiche che usano il gas per il riscaldamento in Svizzera gli aumenti di tariffe si sono sentiti subito. Aumenti che, secondo gli esperti, dovrebbero durare nel tempo e potrebbero perfino crescere a seguito di un boicottaggio del gas russo. Il costo per una famiglia tipica potrebbe salire, secondo le prime valutazioni, dai 1850 franchi del periodo 2020/2021 a circa 3000 franchi un anno dopo, cioè un aumento di circa il 60%. Da qui la spinta a sostituire i riscaldamenti a gas con energie rinnovabili che si sta già verificando. Per il momento alcuni fornitori hanno potuto attingere alle riserve e frenare in parte l’aumento dei prezzi ma l’azione avrà una durata limitata. Anche in questo caso l’aumento dei prezzi dipende dalla strategia d’acquisto dei grandi compratori. La liberalizzazione del mercato del gas ha però indotto molti compratori a concludere contratti a breve termine, che oggi non possono frenare l’aumento del prezzo fino al consumatore.
L’elettricità
Per quanto concerne la corrente elettrica, la popolazione svizzera è stata finora ben protetta. Per le forniture di base ha potuto approfittare del fatto che le tariffe vengono fissate ogni volta a fine agosto per un anno intero. Quando, lo scorso autunno, si è verificato un improvviso aumento dei prezzi di mercato, le tariffe per il 2022 erano già state fissate e non potrebbero essere aumentate. Quindi è soltanto a partire dal prossimo anno che lo shock energetico si ripercuoterà sui consumatori di energia elettrica. Il prezzo medio della corrente acquistata per il prossimo anno è oggi quasi il doppio di quello dello scorso agosto, utilizzato per fissare le tariffe.
Al momento non si possono ancora valutare quantitativamente le ripercussioni sui prezzi al consumatore finale. Alcuni distributori valutano però un aumento di circa il 20%. Per un’economia domestica privata, con un consumo di elettricità di 4500 kilowattora all’anno, vi sarà un aumento di 200 franchi. Se però i prezzi rimangono a livelli elevati si possono prevedere altri aumenti negli anni seguenti. Ma non tutti i consumatori dovranno subire questo trend. Coloro che vengono riforniti con energia prodotta in Svizzera saranno al riparo dagli shock prodotti sui mercati internazionali dell’energia. In molti casi, quindi, i prezzi finali resteranno piuttosto stabili eccetto forse un leggero aumento, secondo le previsioni dei grandi produttori nazionali.
Diversa sarà la situazione per coloro che si approvvigionano sui mercati internazionali. Qui gli aumenti delle tariffe potrebbero essere importanti. Aumenti che potrebbero verificarsi anche per coloro che si riforniscono presso produttori che usano gas o petrolio per la produzione di energia elettrica. In generale i prezzi dipenderanno da come si comporteranno i grandi distributori che, di regola, acquistano a termine l’energia necessaria con fino a tre anni di anticipo. Coloro che hanno concluso questi contratti prima dello shock di fine 2021 saranno favoriti. In caso contrario alcuni esperti del ramo valutano un aumento dei prezzi al consumatore finale da due a tre volte quelli attuali. Si stima però che questi casi saranno piuttosto rari.
Pacchetto eccessivo?
Nel pacchetto di misure previste da Simonetta Sommaruga figurano fino a 10 miliardi di franchi per supplire a eventuali difficoltà di liquidità delle imprese elettriche considerate «sistemiche». Ma le imprese stesse (la bernese BKW), e anche quelle dei grandi distributori (Axpo) temono un ruolo eccessivo dello Stato sul mercato e non vorrebbero essere sottoposte al regime di protezione anche quando non ne avessero bisogno. Anche a livello politico è nata qualche preoccupazione per una «strisciante statalizzazione» del mercato energetico. Il progetto prevede infatti che, dall’entrata in vigore, le aziende hanno tempo sei mesi per concordare con la Confederazione le modalità di un prestito. In seguito dovranno versare un forfait, anche se non usano il prestito federale. Anche senza l’accordo per il prestito, le aziende devono informare la Confederazione sui loro affari commerciali, sulle linee di credito ottenute e sulle posizioni a rischio. In casi estremi in cui deve intervenire finanziariamente, la Confederazione può esigere il controllo dell’impresa e delle decisioni. Quest’ultima chiede un aumento del 20% sui tassi di interessi di mercato o perfino del 30% se il prestito non può essere concesso nei tempi previsti.
A livello politico si fa però notare che la partecipazione delle imprese al progetto dovrebbe essere obbligatoria, altrimenti in caso di difficoltà a livello europeo pure le imprese «sistemiche» che non hanno aderito al progetto dovranno essere salvate. C’è però anche chi vede una responsabilità maggiore presso cantoni e comuni che sono proprietari o azionisti delle imprese in questione e, quindi, responsabili della loro gestione. Infine c’è anche chi chiede alle imprese di investire di più in energie rinnovabili, anche se i costi sono maggiori. La proposta è in consultazione e la consigliera federale vorrebbe portarla in Parlamento entro l’estate. Tutti sperano comunque che la situazione internazionale si sia calmata e si possa pensare al futuro con maggior tranquillità.