Che profilo hanno i consiglieri federali? Quali tratti della personalità li distinguono? E a quali riforme va sottoposto il governo? A questi e a molti altri interrogativi risponde la pubblicazione Der Bundesrat di Adrian Vatter. Si tratta della prima monografia sul Consiglio federale in Svizzera. L’opera può essere suddivisa in tre parti. Nella prima il professore di scienze politiche dell’Università di Berna presenta una visione d’insieme del Governo, nella seconda traccia sei profili da un punto di vista delle scienze sociali sulla base di un sondaggio svolto tra ex e attuali consiglieri federali. «Quasi tutti hanno risposto alla mia lista di domande, anche quelli in carica», spiega Vatter. «Alcuni li ho incontrati personalmente. Ad esempio ho raggiunto Flavio Cotti e sua moglie a Locarno dove ho trascorso con loro un piacevole pomeriggio». Infine, nella terza parte, il politologo illustra alcune riforme per migliorare l’organizzazione e il lavoro in seno al Consiglio federale.
Signor Vatter, nel suo libro delinea sei profili per classificare tutti o quasi tutti i membri del Consiglio federale. A quale profilo può essere abbinato Ignazio Cassis?
Non è facile classificare i consiglieri federali ancora in carica perché il loro profilo cambia con il passare degli anni. Qual è il profilo di Ignazio Cassis? È difficile rispondere a questa domanda perché ha diversi tratti della personalità. Per esempio, è molto popolare, soprattutto in Ticino, ha tratti da reggente e allo stesso tempo non è un tipico amministratore e politico della concordanza. A volte ho l’impressione che appartenga alla categoria degli incompresi. Ma è anche un tipico consigliere federale del suo tempo, un’epoca caratterizzata da una forte polarizzazione, mediatizzazione, internazionalizzazione e personalizzazione della politica.
Ci sono dei consiglieri federali che si possono associare a un profilo preciso?
Sì, certo. Per esempio, Adolf Ogi è stato un ministro «popolare». Era un ottimo comunicatore, una caratteristica che gli permetteva di essere molto convincente durante le campagne elettorali o in vista di una votazione. I «popolari» sono consiglieri federali in cui la gente si identifica. Sono socievoli, estroversi, carismatici e su di loro si narrano curiosi aneddoti. Ad esempio, Ogi aveva l’abitudine di regalare un cristallo dell’Oberland bernese ai capi di Stato in visita in Svizzera. A questa categoria appartengono anche Willy Richard, Doris Leuthard, Giuseppe Motta o Nello Celio.
Poi ci sono gli «intellettuali». Si occupano volentieri di questioni di filosofia politica e di politica statale. Di regola hanno un’ottima formazione accademica, danno molta importanza alle loro apparizioni in pubblico e ai loro discorsi. La gestione dell’amministrazione del loro dipartimento ha un ruolo secondario. Tipici rappresentanti degli «intellettuali» sono stati Moritz Leuenberger, Giuseppe Lepori e Stefano Franscini.
I «reggenti» sono personalità dominanti, maschi o donne alfa, sono animali politici che vogliono esercitare potere e influenza. Amano il confronto, la provocazione e la polemica. A questo gruppo appartenevano Micheline Calmy-Rey, Pascal Couchepin ma anche Flavio Cotti o Kurt Furgler.
Christoph Blocher non può essere considerato un «reggente»?
Assolutamente. Ha caratteristiche tipiche di questo profilo. Ma come Elisabeth Kopp, anche lui fa parte di quei consiglieri federali che non possono essere associati a un unico profilo. Blocher godeva di grande popolarità e, nonostante sedesse in Consiglio federale, continuava ad essere l’ideologo e leader dell’Udc.
Ed Eveline Widmer-Schlumpf che gli subentrò in Consiglio federale?
Lei è una tipica «amministratrice». Più che governare, questi consiglieri federali gestiscono l’Amministrazione e danno molta importanza alla loro funzione di capi dipartimento. Sono molto ligi al dovere, pragmatici, concilianti, gran lavoratori.
Ci mancano ancora i «mediatori» e gli «incompresi».
Ruth Dreifuss è stata una «mediatrice». Con intelligenza e pragmatismo ha saputo trovare delle maggioranze che le hanno permesso, ad esempio, di concretizzare la politica in materia di droghe basata sui quattro pilastri, strategia considerata ancora oggi pionieristica. Ma anche Samuel Schmid, Kaspar Villiger e Arnold Koller hanno tratti della personalità che corrispondono a questo profilo.
Per gli «incompresi» la carica di consigliere federale è in primo luogo un peso e non un’opportunità per dare la propria impronta alla politica della Svizzera. Di solito sono coscienziosi e introversi. Non amano prendere decisioni e non sono dotati di uno spiccato istinto politico. Per questo motivo sono spesso bersaglio di giochetti di partito e intrighi. Pierre Aubert, Rudolf Friedrich o Alphons Egli sono tipici rappresentanti di questo profilo.
E cosa ci può dire delle consigliere federali donne?
Se escludiamo le ministre attualmente in carica, finora solo sei donne hanno occupato un seggio in Governo. Le possiamo abbinare a tutti i profili: abbiamo avuto una «reggente» con Calmy-Rey, una «popolare» con Leuthard, una «amministratrice» con Widmer-Schlumpf, una «mediatrice» con Dreifuss. Non c’è però mai stata una consigliera federale «incompresa». Ciò significa che una donna deve avere tutte le carte in regola per essere eletta in Consiglio federale.
Da più di un anno il Consiglio federale è confrontato con una crisi senza precedenti. Quali debolezze ha evidenziato la pandemia?
Da una parte trovo che il Governo se la stia cavando egregiamente. Dall’altra la crisi ha fatto emergere alcune debolezze strutturali. In una situazione critica si deve decidere in fretta, ma in un consesso di sette persone serve indubbiamente del tempo per operare delle scelte. In certi momenti mi è mancata una guida chiara da parte del Consiglio federale. Gouverner c’est prevoir, ma il Governo non ha definito chiaramente come intende affrontare le sfide principali in una strategia politica sul lungo termine. Anche nella gestione della pandemia si è notata una certa mancanza di lungimiranza.
Colpa anche dell’attuale composizione del Governo? Servivano ministri con altri profili?
Anche se non perfetta, l’attuale combinazione in Consiglio federale non è male. Alain Berset è una sorta di capo branco, Simonetta Sommaruga e altre consigliere federali sono politiche votate alla concordanza, poi ci sono ottimi «amministratori». Ciò che si nota è una certa difficoltà a prendere una decisione. È una debolezza dell’attuale composizione che emerge anche nell’ambito della discussione sull’accordo quadro. Durante la pandemia e nonostante la forte pressione, in generale l’Esecutivo ha continuato a funzionare molto bene, non si è spaccato e si è presentato quasi sempre come un organo collegiale.
Ci sono stati invece momenti in cui la composizione governativa era tutt’altro che ideale?
Tra il 2004 e il 2007 sedevano in governo tre «reggenti», una donna e due uomini alfa: Micheline Calmy-Rey, Christoph Blocher e Pascal Couchepin. Tre capibranco sono troppi in Governo. Uno o due sono il massimo che può tollerare un sistema collegiale. È stato un periodo difficile per tutti i consiglieri federali.
Se da una parte, come dice lei, il Consiglio federale se l’è cavata egregiamente durante questa crisi, dall’altra avrebbe potuto fare meglio. Quali riforme propone?
Secondo me sarebbe opportuno riformare il sistema di elezione del Governo. L’attuale procedura promuove l’individualismo, l’egocentrismo, i solisti che si concentrano solo sul loro dipartimento. La mia idea è di introdurre un’elezione in blocco di tutti i membri dell’Esecutivo. L’intento è rafforzare il gruppo e la collegialità.
Per migliorare la capacità di coordinazione e pianificazione del Consiglio federale sarebbe auspicabile creare un dipartimento presidenziale, come lo si conosce in alcune città e Cantoni. Infine, per migliorare la coerenza in seno al Governo sarebbe utile introdurre una specie di contratto di concordanza in cui vengono definite le priorità politiche del Governo per la prossima legislatura.
Da decenni si discute su un’altra riforma del Consiglio federale per migliorare la rappresentanza linguistica e regionale. C’è chi propone di aumentare il numero di membri da sette a nove, o addirittura a undici. Che ne pensa di questa idea?
L’equa rappresentanza in Governo è una richiesta giustificata, ad esempio espressa da due iniziative cantonali presentate in passato dal Canton Ticino. Se paragonato con gli Esecutivi di Austria, Italia, Germania o Francia, composti da 15 fino a 25 ministri, il Consiglio federale è molto piccolo ed è confrontato con un enorme carico di lavoro. Aumentare il numero di membri comporterebbe indubbiamente dei vantaggi. Nel contempo però, il nostro è un Governo collegiale. C’è una teoria, illustrata per la prima volta nel 1971 dall’allora cancelliere Karl Huber, secondo cui un consesso non gerarchizzato funziona ed è efficiente soltanto se non supera i sette membri. Aumentare il numero dei consiglieri federali richiederebbe una gerarchizzazione all’interno dell’Esecutivo che minerebbe il principio della collegialità.
Le ultime elezioni federali hanno modificato i rapporti di forza tra i partiti in parlamento. I Verdi reclamano ora un posto in Governo. E visto che ad essere in pericolo è uno dei due seggi del Partito liberale radicale, si ha l’impressione che Cassis e Keller-Sutter siano già in campagna elettorale. Una situazione che non rafforza di certo la collegialità.
L’elezione in blocco obbligherebbe il Governo a presentarsi come un gruppo coeso. Il sistema attuale è in contraddizione con il principio della collegialità. Visto che vengono eletti singolarmente e uno dopo l’altro dal Parlamento, i consiglieri federali puntano spesso la loro attenzione sul proprio dipartimento e fanno di tutto affinché i media gettino una buona luce sul loro operato. L’elezione in blocco ridurrebbe la rivalità tra le ministre e i ministri e avrebbe un effetto positivo sul lavoro del Consiglio federale.
Biografia
Adrian Vatter è direttore dell’Istituto di scienze politiche e titolare della cattedra di politica svizzera dell’Università di Berna dal 2009. È commentatore ed esperto delle elezioni del Consiglio federale per la Radiotelevisione svizzero tedesca Srf. Il libro Der Bundesrat è stato pubblicato da NZZ Libro alla fine del 2020. Nel 2018, Vatter aveva dato alle stampe l’opera Das Parlament in der Schweiz.
Eleggere il Consiglio federale in blocco per rafforzare la collegialità
Il Governo svizzero è composto da tanti solisti, ciascuno con personalità e percorsi differenti. Il politologo Adrian Vatter ne traccia i profili e propone alcune riforme per migliorare il loro lavoro e l’intero sistema
/ 05.07.2021
di Luca Beti
di Luca Beti