«Un possibile ingresso nella Nato? Gli svedesi sono preoccupati, ma di solito non amano discutere questioni così delicate in pubblico, forse anche per scaramanzia. Abbiamo perfino un proverbio: non dipingere il diavolo sul muro». A parlare è Lena Karmann, imprenditrice nel settore turistico, dalla sua casa immersa nella natura nell’arcipelago di Stoccolma. «E poi forse come popolo siamo un po’ ingenui. In fondo la Svezia è riuscita a rimanere estranea a tutte le guerre per più di 200 anni e quindi sembra impossibile che possa toccare anche noi». Negli ultimi tempi si è discusso molto intensamente della possibilità che Svezia e Finlandia possano aderire al patto atlantico. La Nato sarebbe pronta ad accoglierle in tempi rapidi, come sottolineato più volte, forse in modo un po’ incauto, dal segretario generale Jens Stoltenberg (che è norvegese). Una simile mossa manderebbe su tutte le furie Vladimir Putin, il quale negli ultimi tre mesi ha minacciato i due paesi nordici di «gravi conseguenze politiche e militari», qualora prendessero una decisione in tal senso.
La Svezia sta vivendo oggi un momento molto delicato della sua storia. Paese non-allineato durante la guerra fredda, si è scoperto negli ultimi anni sguarnito e vulnerabile dal punto di vista militare, tanto da dover correre ai ripari, riarmando in tutta fretta Gotland, un’ampia isola nel Mar Baltico, considerata un po’ il suo «tallone d’Achille». «Prima che la Svezia ci piazzasse delle truppe permanenti poteva essere un facile obiettivo per un attacco ibrido, come la Crimea», spiega ad «Azione» Patrik Oksanen, scrittore, giornalista ed esperto di difesa. «Adesso invece ci vorrebbe un’operazione molto più imponente e dall’esito incerto».
Sebbene molti svedesi stentino a credere che la Russia possa sferrare un vero e proprio attacco militare nei loro confronti, i loro timori riguardo alla guerra in corso traspaiono chiaramente dagli acquisti delle ultime settimane. Non è certo un caso che le farmacie siano rimaste a corto delle speciali compresse di iodio da assumere in caso di incidenti nucleari. Inoltre i grandi magazzini hanno registrato un aumento vertiginoso nella vendita di generatori portatili, taniche d’acqua, fornelli da campeggio (la vendita di questi ultimi è decuplicata nelle ultime settimane), sacchi a pelo e perfino radio a energia solare.
Non si tratta di scorte improvvisate: a dare precise indicazioni sugli acquisti è una speciale brochure dal titolo «In caso di emergenza o di guerra», prodotta e distribuita dalla protezione civile e disponibile anche su internet. Di certo c’è stata una trasformazione rapida e molto profonda nell’opinione pubblica. Nel giro di pochi mesi lo schieramento a favore della Nato è cresciuto a vista d’occhio: in Finlandia ha raggiunto il 53%, mentre nella vicina Svezia ci si attesta sul 51%. In nessuno dei due paesi si era mai raggiunta la maggioranza su questo tema.
Anche la decisione della Svezia di spedire 5000 armi anti-carro in Ucraina non ha precedenti da oltre ottant’anni; eppure non è stata seguita da particolari contestazioni. Dopo giorni di accese discussioni e di speculazioni a livello internazionale, la premier svedese Magdalena Andersson, socialdemocratica, ha però tentato di calmare le acque escludendo un dibattito immediato sul tema dell’adesione alla Nato. «Contribuirebbe a destabilizzare ulteriormente la situazione», ha dichiarato.
Diverso è l’atteggiamento della Finlandia, che con la Russia condivide una frontiera di oltre 1300 km e che ancora ricorda la guerra d’inverno scoppiata nel 1939, in seguito alla quale dovette cedere circa il 10% dei propri territori all’Unione Sovietica. La premier Sanna Marin, anche lei di centro-sinistra, appare molto più determinata rispetto alla collega svedese. Questa volta potrebbe dunque essere la Finlandia a fare da traino alla Svezia piuttosto che seguirne le mosse. Ma è possibile che Svezia e Finlandia, tra le quali c’è una strettissima collaborazione a livello della difesa, possano prendere strade diverse su una questione tanto delicata? Secondo Oksanen è fondamentale che agiscano di concerto: «Se uno dei due paesi facesse domanda e l’altro no si creerebbe uno squilibrio strategico. La Russia potrebbe sfruttare i rischi che ne seguirebbero e trarne beneficio. L’intera area nordica e baltica sarebbe più sicura se Svezia e Finlandia entrassero nella Nato in contemporanea».
Lena Karmann e il marito nel frattempo hanno rimpolpato le loro scorte d’emergenza. Da loro l’acqua potabile e la legna da ardere non mancano; inoltre hanno un piccolo generatore a disposizione, qualora dovesse mancare la corrente elettrica. Ma l’imprenditrice è convinta che, su questo come su tanti altri temi, sarà come sempre la politica a farla da padrona: «Quest’anno ci sono le elezioni parlamentari, qui in Svezia. Sono certa che i politici useranno il dibattito sull’Alleanza atlantica come paravento per evitare di affrontare altre emergenze sociali».