In Svizzera potremo ben presto essere tutti presunti donatori di organi? Il 15 maggio prossimo, almeno stando alle previsioni, il popolo potrebbe accogliere in votazione la modifica della legge sui trapianti, che propone un cambiamento di sistema su questa tematica etica e intima. La citata modifica funge da controprogetto indiretto del Consiglio federale e del Parlamento all’iniziativa popolare «Favorire la donazione di organi e salvare vite umane», che va più lontano. Il comitato che l’ha promossa ha nel frattempo deciso di ritirarla, purché entri in vigore il controprogetto, contro il quale è stato lanciato il referendum. In caso di successo di quest’ultimo, si dovrà votare sull’iniziativa.
Lo scorso anno, grazie a un trapianto è stato possibile salvare in Svizzera 587 persone o migliorarne le condizioni di vita. Altre 72 persone in lista d’attesa sono però decedute per la mancanza di un organo compatibile. Alla fine del 2021, nel nostro Paese 1434 persone erano in lista d’attesa per ottenere un organo. Questa cifra, se paragonata alla media annua dei 450 pazienti che nell’ultimo quinquennio hanno ricevuto uno o più organi di persone decedute, mostra come ci sia una carenza di donazioni non indifferente.
Attualmente, in Svizzera vige il modello del consenso. Ciò significa che la donazione di uno o più organi, tessuti o cellule è permessa solo se l’interessato, quando era in vita, aveva lasciato esplicite disposizioni, iscrivendosi al registro dei donatori, gestito dalla fondazione Swisstransplant. Sovente, la volontà del donatore non è nota e i medici pongono allora la questione ai congiunti, chiamati a decidere secondo l’intenzione presunta della persona deceduta. A causa del loro coinvolgimento nel processo decisionale, questo modello è definito «consenso in senso lato». Tuttavia, nel 40/60 percento dei casi, in tali frangenti, i congiunti si oppongono alla donazione di organi.
Ad aver portato alla modifica della legge sui trapianti è proprio il fatto che, sovente, la volontà della persona deceduta non è nota. La revisione propone di passare dal modello del consenso a quello del consenso presunto, con un capovolgimento della situazione: chi non desidera donare gli organi deve dichiarare la propria contrarietà, iscrivendosi in un registro. Quando manca questa volontà documentata, si presuppone che la persona approvi in linea di massima l’espianto.
Se quest’ultima non si fosse espressa sulla donazione di organi, con la revisione della legge i familiari continueranno comunque a essere coinvolti, nel quadro appunto del «consenso presunto in senso lato». Si tratta della differenza sostanziale con l’iniziativa popolare che non disciplinava i diritti dei congiunti. Essi possono rifiutare il prelievo di organi se sanno o presumono che la persona appena deceduta sarebbe stata contraria. In mancanza di una dichiarazione di volontà e se non è possibile contattare un congiunto, l’espianto di organi non è consentito.
Ogni settimana, una o due persone muoiono in Svizzera per non aver ricevuto un nuovo organo. Secondo il Consiglio federale, il passaggio dall’attuale modello del consenso a quello del consenso presunto permetterebbe di aumentare il numero di donatori e di salvare vite. In caso di sì il 15 maggio, i medici partiranno dal principio che ogni persona sia favorevole all’espianto dei suoi organi, a meno di un rifiuto esplicito.
Per esprimere il proprio consenso o meno, ci si dovrà iscrivere – come detto – in un registro. L’età minima è di 16 anni. Questo cambiamento di sistema – almeno secondo recenti studi – permette di supporre un effetto positivo. L’Ufficio federale della sanità pubblica (UFSP) ammette tuttavia che il consenso presunto non basta da solo ad aumentare la donazione di organi. Entrano in gioco anche le risorse ospedaliere e la formazione di specialisti, settori in cui la Confederazione ha investito negli ultimi anni.
A ogni modo, la donazione di organi resta una tematica sensibile ed estremamente personale, visto che mette le persone di fronte alla loro morte. Il comitato che ha lanciato il referendum afferma che questa revisione potrebbe compromettere il diritto all’autodeterminazione delle persone, garantito dalla Costituzione. Perciò va approvato dal popolo. Il comitato sottolinea che la nuova legge non allevierà per nulla i congiunti rispetto alla situazione attuale. Se il defunto non ha lasciato istruzioni, i famigliari, già colpiti dal trauma del decesso, dovranno prendere una decisione in pochissimo tempo. Una pressione non da poco. Infatti, se si oppongono al prelievo, si potrebbe rinfacciare loro un atteggiamento non solidale.
Secondo i fautori del referendum – tra le cui fila ci sono teologi, giuristi e medici – tutte le persone che vivono in Svizzera dovrebbero essere informate che il rifiuto di donare i propri organi dev’essere dichiarato in un registro. Per loro, ciò è assolutamente illusorio, dato che ci sono persone che non parlano le lingue nazionali, non comprendono ciò che leggono o non vogliono pensare alla loro morte. Ci saranno sempre individui che non sanno che avrebbero potuto opporsi. Per mancanza d’informazione – sostengono ancora i promotori del referendum – la nuova legge permetterebbe ai medici di prelevare organi contro il volere della persona, violando il diritto all’autodeterminazione e all’integrità fisica, garantito dalla Costituzione.
Tutto ciò è «impensabile», secondo il ministro della sanità pubblica Alain Berset. In caso di dubbio, il consenso dei familiari, è determinante. L’informazione alla popolazione – ha sottolineato – assume un ruolo chiave. Perciò sono previste campagne su vasta scala. I presupposti clinici per un espianto di organi restano gli stessi di oggi: possono donare organi solo le persone che muoiono nel reparto cure intensive di un ospedale, il decesso dev’essere accertato senza ombra di dubbio da due medici, prima di un prelievo sono eseguiti provvedimenti medici preparatori.
Le persone che non si oppongono al prelievo dovrebbero essere precedentemente informate su tutto ciò in modo esaustivo, in particolare appunto sul fatto che gli specialisti potrebbero prepararle per un prelievo mentre sono ancora nel reparto di cure intensive e le funzioni cerebrali non sono del tutto cessate. Orbene, per il comitato referendario non è realistico supporre che tutti i donatori, prima di decidere, ricevano queste informazioni e le comprendano.
Il silenzio non equivale necessariamente a un consenso, ha dal canto suo sottolineato la Commissione nazionale d’etica in una presa di posizione del 2019. Come le Chiese e certi oppositori, essa sosteneva il modello della dichiarazione regolare sullo statuto di donatore, recentemente adottata in Germania, unica soluzione che permetterebbe di garantire l’autodeterminazione delle persone, soluzione però respinta dal Consiglio federale, soprattutto per motivi di costi. Inoltre, secondo l’UFSP non avrebbe permesso di aumentare sufficientemente il tasso delle donazioni.
Adottare il modello del consenso presunto può contribuire ad aumentare il numero di donazioni e aiuta i congiunti che devono affrontare una situazione decisionale difficile. Per Governo e Parlamento è dunque importante che siano trapiantati gli organi di tutti coloro che possono e desiderano donarli in caso di morte.
Tutte le formazioni politiche, fatta eccezione per l’UDC e il Partito evangelico, sono ufficialmente favorevoli al cambiamento di sistema. Il Consiglio nazionale ha accolto la modifica della legge sui trapianti con 141 voti favorevoli e 44 contrari. Il Consiglio degli Stati con 31 sì e 12 no. Tuttavia, che il tema oltrepassi le opinioni politiche è dimostrato dal fatto che tra gli oppositori si trovano membri di tutti i partiti.
In materia di trapianti, la nuova prassi del consenso presunto – una persona che non desidera donare i propri organi dovrà dichiarare la propria contrarietà in vita, altrimenti si partirà dal principio che sia disposta a donarli – non dovrebbe essere ostacolata da considerazioni etiche. I primi sondaggi indicano che la nuova legge dispone di un vantaggio confortevole.
Se il popolo accetterà il principio del consenso presunto, si dovrà organizzare dunque un nuovo registro nazionale dei donatori di organi, in cui ciascuno potrà esprimere la propria volontà favorevole o contraria con una dichiarazione scritta. Il nuovo registro – come ha garantito Alain Berset – sarebbe messo a punto dalla Confederazione e dovrà rispondere ai più severi standard in fatto di sicurezza e protezione dei dati personali. Questo registro verrebbe gestito dal servizio nazionale preposto all’attribuzione degli organi ai pazienti, ossia la fondazione Swisstransplant, su mandato e sotto la sorveglianza dell’UFSP.
La dichiarazione scritta nel registro potrà essere modificata in ogni momento dal potenziale donatore. L’accesso al registro sarà riservato alle persone che, negli ospedali, sono già responsabili della donazione di organi. Dopo le lacune legate all’attuale registro dei donatori di Swisstransplant, per garantire maggiore affidabilità in materia di sicurezza e di protezione dei dati, sarà istituito un sistema d’identificazione simile a quello delle banche.
Per la donazione di organi, paesi europei come Francia, Austria, Svezia, Italia, Spagna e Ungheria applicano il principio del consenso presunto. I candidati alle donazioni sono talvolta il doppio rispetto alla Svizzera. In fatto di donazioni, la Spagna è la prima della classe, con 50 donazioni per milione di abitanti; in Svizzera, dove vige il modello del consenso esplicito, alla fine del 2021 le donazioni erano solo 19,1 per milione di abitanti. Si tratta ora di vedere se il principio del consenso presunto, in caso di approvazione, darà i frutti sperati, ossia se si tradurrà in un aumento delle donazioni.