La Russia si prepara a staccarsi dalla Rete globale e isolarsi dentro un «Internet sovrano», grazie a un progetto legge approvato dalla Duma in terza lettura l’11 aprile. Dal novembre del 2019, quando i requisiti della legge diventeranno obbligatori, la Russia rischia di salire nella classifica dei Paesi con le maggiori restrizioni alla Rete stilata da Freedom House: attualmente occupa il 13simo posto, ma le migliaia di persone che sono scese in piazza nei giorni scorsi a Mosca per protestare tenevano cartelli «Diventeremo la Corea del Nord» e «Russia come Cina».
Le motivazioni ufficiali addotte dal Cremlino per creare un Web separato dal resto del mondo sono però opposte a quelle di Pechino: secondo Vladimir Putin, si tratta di una misura difensiva per prevenire un eventuale embargo digitale da parte dell’Occidente. «Loro ci sono dentro, è una loro invenzione, ascoltano, vedono e leggono quello che dici», ha detto qualche giorno fa il presidente russo parlando di Internet e specificando che per «loro» intende gli Stati Uniti, con il loro programma di cybersicurezza, approvato l’anno scorso dalla Casa Bianca proprio in reazione alle infiltrazioni di hacker russi. Lo stesso Putin dichiara di ritenere improbabile il distacco forzato della Russia da Internet, «perché causerebbe danni enormi all’Occidente stesso», ma intanto la nuova legge impone la costruzione di un «sistema tecnologico per contrastare la minaccia».
Tecnicamente il provvedimento imporrà l’installazione presso i provider di Internet – a spese dello Stato, che ha già stanziato 350 milioni di dollari – di apparecchiature che dovranno monitorare il traffico dati tra la Russia e il resto del mondo, ed eventualmente bloccarlo. La legge però non specifica in quali casi dovranno scattare le misure di «protezione» del Runet, la Rete russa, e lascia al governo il compito di elaborare i regolamenti. Il sospetto che si tratti in realtà di un sistema di censura con il quale mettere sotto controllo l’ultimo spazio di informazione relativamente libera è abbastanza fondato. Anche perché la legge fa parte di un pacchetto di misure – e proposte dagli stessi autori, tra cui il deputato Andrey Lugovoy, ex agente dell’ex Kgb ricercato dal Regno Unito come principale indiziato dell’omicidio con il polonio del dissidente Alexandr Litvinenko – finalizzate a limitare la libertà di espressione.
Sono già entrati in vigore i provvedimenti che puniscono la «diffusione delle fake news» e gli «insulti ai funzionari statali». Piattaforme come Linkedin e messenger come Telegram sono stati proibiti, e la stessa sorte potrebbe toccare entro la fine dell’anno a Twitter e Facebook, in base alla legge russa che proibisce il trattamento dei dati degli utenti nazionali su server esteri. In base alla «legge anti-estremismo» molti utenti che hanno postato – o diffuso post altrui – informazioni su manifestazioni di protesta sono finiti incriminati e incarcerati. Il Roskomnadzor ha oscurato circa 80 mila pagine Web con i pretesti più svariati.
La maggioranza dei russi continua a informarsi principalmente dalle tv nazionali, sotto controllo totale del governo, ma in Rete il sostegno a Putin crolla drasticamente, e i social e le piattaforme come YouTube sono il regno di Alexey Navalny, il leader dell’opposizione i cui siti sono stati oggetto di diversi provvedimenti di oscuramento, ma finora per gli utenti non ha rappresentato un problema aggirarli. L’applicazione della nuova legge sull’Internet nazionale potrebbe teoricamente rendere più difficile sfuggire alla censura.
Andrey Soldatov, autore del libro The Red Web: The Struggle Between Russia’s Digital Dictators and the New Online Revolutionaries, ha dichiarato al «Moscow Times» che si vuole creare «l’interruttore» per isolare gli utenti russi dal resto del mondo, come durante le recenti proteste in Inguscezia, dove la rete dati mobile è stata spenta. Senza la possibilità di comunicare i luoghi e le parole d’ordine delle manifestazioni, documentare gli abusi della polizia e mettersi in contatto con il mondo esterno, i media e le Ong occidentali, molte proteste sono condannate a morire in silenzio. Ma paradossalmente, proprio questo giro di vite potrebbe portare in piazza molti di quelli che finora sfogavano il loro scontento nel mondo virtuale.
Rimane anche il problema della realizzazione tecnica. Stanislav Shakirov, direttore tecnico della Ong Roskomsvoboda che si batte per la libertà della Rete, ha detto al sito Meduza che «i regolamentatori di Internet russi spesso producono disposizioni da analfabeti impossibili da applicare». Karen Kazaryan, analista della Russian Association of Electronic Communications, è convinto che la Russia non abbia né i mezzi, né gli specialisti per costruire l’equivalente del Great Firewall cinese, e pare che i test di collaudo per simulare il distacco del Runet dal Web globale abbiano dimostrato che entro 30 minuti i collegamenti vengono comunque ripristinati, anche se il traffico si rallenta. Secondo altri esperti, un «Internet sovrano» è semplicemente non fattibile, e il provvedimento servirà soltanto ad arricchire le lobby dei produttori e fornitori di apparecchiature di controllo.