Dietro il disprezzo per la democrazia

Quali sono le fonti del pensiero reazionario che registra successi sotto le spinte della pandemia e delle crisi finanziarie
/ 11.07.2022
di Stefano Vastano

Il 6 gennaio 2021 rimarrà alla storia. Quel giorno il mondo intero, allibito, ha visto in diretta televisiva una ciurma di populisti esaltati assaltare il Campidoglio a Washington, la sede ufficiale dei due rami del Congresso degli Stati Uniti. Indimenticabile la figura di una sorta di sciamano che guidava l’assalto, con elmo vichingo in testa e il viso coperto dai colori della bandiera americana. «Quello che più ha scioccato – inizia a dirci Karl-Heinz Ott – è stato l’assalto al cuore dell’America da parte di forze irrazionali, ma ispirate a un presidente come Donald Trump che per anni ha disprezzato le regole della società liberale e la democrazia». Ott è un raffinato politologo ed intellettuale tedesco che nel suo recente libro Verfluchte Neuzeit (in italiano «Maledetta modernità»), pubblicato dalle edizioni Hanser, ha analizzato la linfa teorica alla base dei movimenti populisti e d’estrema destra che, in Europa come negli Usa, stanno mettendo a soqquadro il mondo occidentale. Sottotitolo del saggio: «Una storia del pensiero reazionario».

Non si tratta solo di ricostruire le idee dei maestri del pensiero reazionario del Novecento come Leo Strauss, Eric Voegelin o Carl Schmitt. «Ogni sera sul canale Fox news – osserva Ott – un moderatore sostiene che i massacri in Ucraina siano fake news, e la guerra di Putin un complotto della Nato». Un programma insomma che ogni sera comunica ai telespettatori americani «il più puro putinismo», sintetizza Ott. Evidentemente le tesi del politologo americano Patrick Deneen, autore del bestseller Why liberalism failed («Perché il liberalismo ha fallito»), sono penetrate a fondo non solo nei discorsi dei «neocon», i neoconservatori americani, ma anche nei palinsesti in televisione. «Deneen è uno degli ideologi neocon che predica le idee di un ordine eterno della natura e lotta con ogni mezzo contro i principi della democrazia liberale». Agli occhi di questi accademici della nuova destra, continua il politologo, Trump, per quanto rozzo, «è uno strumento di Dio mandato agli americani per combattere le élite di sinistra». Non è un caso se, per la traduzione del suo libro in Ungheria, Deneen è stato accolto a Budapest da Viktor Orban in persona, l’autocrate al governo ungherese e figura di spicco della deriva sovranista che monta non solo nell’Europa dell’est, ma anche in Francia con Marine Le Pen o in Italia con Giorgia Meloni.

Quali sono le fonti del pensiero reazionario che nel ventunesimo secolo, sotto le spinte dell’epidemia globale e delle crisi finanziarie, sta registrando successi persino nei paesi scandinavi? «Nel pensiero reazionario moderno – spiega Ott – la società e la storia vengono pensate sotto forma di “teologia politica”. L’ordine dello Stato e sociale vengono cioè visti a partire da forme eterne come le categorie di amico e nemico in Schmitt, con un sostegno poi strategico dato al sovrano dalla religione e dalle chiese». È d’altronde nel momento preciso in cui la sfera della politica e della religione si separano che nasce in Europa l’era moderna, lo stato moderno e un sistema politico via via più liberale. «La modernità – precisa Ott – sorge nel momento in cui Hobbes nel Leviatano disgiunge il pensiero religioso dalla prassi del potere statale, il momento in cui sovrano e politica si separano dalla chiesa e dalla trascendenza religiosa».È questa «scissione» all’inizio della modernità che il filosofo più letto da tutti i «neocon» americani, Leo Strauss per l’appunto, critica in tutti i suoi testi, a partire da quello fondamentale intitolato Natural right and history («Diritto naturale e storia») del 1953. «Strauss – dice Ott – sviluppa un misticismo dell’ordine politico che giunge sino ad odiare ogni pensiero della storia. Per Strauss è evidente che non esista una storia politica, ma delle idee eterne della politica e delle cose». In effetti nessuno ha mai letto Platone, dal mito della caverna al discorso sulle leggi, «in modo più reazionario e autoritativo di Strauss, che trasforma il pensiero di Platone in un misticismo dell’ordine assoluto in politica».

Oltre ad Hobbes è Cartesio, con il suo razionalismo imperniato sul cogito («penso, dunque sono»), l’altro trauma ancestrale del pensiero reazionario. Nel suo saggio Ott ricostruisce come la filosofia di Martin Heidegger, sin da Sein und Zeit del 1927, sia un tentativo di smontare il moderno soggettivismo cartesiano. «Per Heidegger – spiega Ott – Cartesio è l’origine del pensiero calcolante, raziocinante e tecnologico alla base della modernità. Agostino e Pascal invece i controaltari a Cartesio e allo storicismo di Hegel». Ma se Strauss è noto soprattutto negli ambienti accademici americani, è Carl Schmitt il pilastro del pensiero reazionario europeo sin dai primi del Novecento, dal suo saggio Politische Teologie del 1922. L’agone della politica pensato con la categoria schmittiana di amico/nemico definisce la politica in un modo essenziale e antropologico, secondo Ott, «perché solo nel momento in cui si posiziona contro a un nemico l’uomo assume per Schmitt una chiara posizione politica». Chiaro anche l’altro fondamento su cui Schmitt costruisce l’azione politica del sovrano: la categoria di «stato d’eccezione». «Nel suo stato primordiale la società – afferma Ott – è per Schmitt la lotta di tutti contro tutti. È il sovrano a determinare la politica dichiarando lo stato d’eccezione». Per questo agli occhi di Schmitt le lente procedure della democrazia sono pie illusioni, una finzione i parlamenti. «Oggi Schmitt si vedrebbe confermato davanti alle emergenze della pandemia e ai decreti restrittivi dichiarati dagli Stati».

Non è un caso se i due filosofi della politica più letti oggi nelle università cinesi siano Strauss e Schmitt: «La società cinese funziona, si ripete oggi in Cina, perché al potere ci sono esperti che sanno come risolvere i problemi e decidono il da farsi». Tutta qui la quintessenza del pensiero reazionario: al potere chi sa e decide; gli altri, la massa, segue.Lo ricordavano anche le dure e ciniche tesi del Grande inquisitore nei Fratelli Karamazov di Dostoevskij. Ott le riassume: «L’uomo è un ribelle infelice che non sa ciò che vuole, e alla fine si piega al volere dell’autorità, che decide per lui». Magari anche raccontando alle masse, come fa l’Inquisitore, quelle che Strauss definiva «bugie necessarie». «Quando Putin tratta in pubblico i suoi generali come burattini incarna l’uomo forte a cui miravano Strauss e Schmitt. Il sovrano che, come vediamo fare Putin oggi con le sue menzogne sui “nazisti” in Ucraina, fonda il suo assoluto potere su disinformazione e propaganda». E com’è noto Trump ammirava il dittatore russo, e viceversa.