Del Vecchio, tre matrimoni e una fusione

Nomen omen – La grande famiglia del patron di Luxottica e il recente «matrimonio» fra il gruppo italiano dell’occhialeria e quello francese delle lenti Essilor
/ 15.10.2018
di Alfio Caruso

Sei figli, due mogli, tre matrimoni (ha fatto il bis con Nicoletta Zampillo), una compagna: a ottantatrè anni Leonardo Del Vecchiosi sforza ancora di far combaciare amori e affari, patrimonio e dinastia. In testa alla classifica dei paperoni italiani e 37.mo al mondo con una ricchezza personale di quasi 24 miliardi di dollari, pochi anni addietro è stato costretto a riprendere il timone della sua creatura, la Luxottica, la più grande produttrice e venditrice mondiale di occhiali e lenti (82’282 dipendenti, oltre 8000 negozi, quasi 10 miliardi di ricavi e uno di utile). I manager, bravissimi, dei quali si era circondato hanno avuto da eccepire sulla decisione di convolare di nuovo a nozze con l’affascinante Nicoletta, che era già stata la sua seconda moglie nel ’97. Le riserve non riguardavano ovviamente le qualità della signora, bensì il terremoto, cui sarebbe stata sottoposta la finanziaria di famiglia, la lussemburghese Delfin. All’inizio del secolo, quando Del Vecchio si accompagnava a Sabrina Grassi, dirigente della Luxottica, il capitale era stato diviso tra i sei figli: Claudio, Marisa e Paola avuti da Luciana Nervo; Leonardo Maria dalla Zampillo; Luca e Clemente dalla Grassi. Con la prole ben lontana dai posti di comando, l’assetto era stato strutturato in modo che nessuno di essi potesse defenestrare i fratelli o metterne uno in minoranza.

Per Del Vecchio la quadratura del cerchio, il viatico di una serena vecchiaia da godere nei suoi rifugi: lo chalet con vista sul Monte Bianco, la villa sul mare di Cap Ferrat, lo yacht Moneikos, una barchetta di 62 metri ancorata a Montecarlo. Il premio più che meritato di un’esistenza interamente dedicata al lavoro cominciando dal gradino più basso della scala sociale, il collegio dei Martinitt, che a Milano ospita gli orfani, i cui parenti non sono in grado di mantenerli. E nel ’35 la morte del fruttivendolo Leonardo, giunto dalle Puglie, aveva mandato in crisi la famiglia Del Vecchio. La moglie aspettava il quarto figlio, cui fu dato lo stesso nome del padre. I Martinitt rappresentarono l’unica chance di dargli anche un’istruzione con il diploma di scuola media. A 15 anni entrò da garzone in una fabbrica di coppe e medaglie: conquistati dalla sua dedizione i proprietari lo spinsero a iscriversi ai corsi serali dell’Accademia di Brera. Studiò disegno e incisione.

La specializzazione gli fruttò una chiamata in Trentino da un’azienda di incisioni metalliche. Dopo un anno, nel ’58, si trasferì ad Agordo, in provincia di Belluno, e aprì una bottega di montature per occhiali. Un impegno intensissimo senz’alcuna distinzione fra il giorno e la notte facendo spesso ricorso alla simpamina per superare la stanchezza e il sonno. Nel ’61 la fondazione, assieme ad alcuni soci, della Luxottica con quattordici dipendenti, specializzata nella produzione di minuteria metallica per le occhialerie. Un’iniziativa del comune a sostegno dell’aria industriale, gli consentì di ricevere gratis il terreno sul quale costruire un enorme garage con capannone. Divenuto unico proprietario, Del Vecchio ebbe nel ’67 l’intuizione giusta: produrre gli occhiali e commercializzarli con il marchio Luxottica.

È l’inizio di una scalata inarrestabile. Nell’81 lo sbarco negli Stati Uniti con un’aggressiva politica di acquisizioni. Diventano suoi marchi leggendari come Ray-Ban. L’alleanza nel ’93 con i Benetton per impossessarsi della Sme gli consente di trarre un cospicuo guadagno dalla successiva vendita ai francesi di Carrefour. Nasce l’amicizia e l’alleanza in nuove intraprese imprenditoriali con il quasi coetaneo Giorgio Armani. Quotata prima alla borsa di New York e poi a quella di Milano, Luxottica è da ventitré anni il maggior produttore e distributore sul mercato ottico mondiale. Mai dimenticandosi da dove arriva, i sogni e bisogni di quanti operano per il successo del titolare. Da qui un contratto aziendale all’avanguardia su bonus, assistenza medica, asili per i figli dei dipendenti.

Gli estimatori affermano che il tocco magico di Del Vecchio traspaia pure a sua insaputa: dopo il primo matrimonio nel ’97 con la Zampillo, figlia di un rappresentante del marchio in Lombardia, la coppia va a vivere a Villa Mondadori, una magione di 2mila metri quadrati che si estende per un intero isolato nel pieno centro di Milano; finita l’unione, la villa viene venduta per 24 milioni di euro. Ma la scintilla con l’ex moglie riesplode del 2010 quando il cuore indomito del guerriero non batte più per la madre dei suoi ultimi due figli, la Grassi. Significa una complicata riforma della Delfin, nella quale molti intravedono il peso assunto dalla neo signora Del Vecchio. S’infittiscono i pettegolezzi: alla Zampillo è attribuita la volontà di ricevere il 25 per cento della finanziaria, si accenna a contrasti con i vertici della Luxottica. Di sicuro avviene soltanto il cambio degli arredi sul «Moneikos». Per evitare complicazioni immediate Del Vecchio s’intesta il 25 per cento in discussione; il restante viene diviso in parti eguali (12,5 per cento) tra i sei figli. Comporta, però, che alla sua scomparsa, la moglie e Leonardo Maria, studente alla Bocconi, avranno una rilevante quota azionaria.

A modificare ulteriormente il panorama interviene nel 2017 l’operazione Luxottica-Essilor. Porta alla costituzione del più grande gruppo al mondo dell’occhialeria (le montature dei bellunesi, più le lenti dei francesi: un colosso da 50 miliardi di euro di capitalizzazione). La Delfin passa così dal possedere il 62 per cento della vecchia impresa a possedere il 30-35 per cento di un gruppo più ampio con meno possibilità di creare problemi quando il patriarca non ci sarà più. Gli analisti finanziari si chiedono se in questo modo Del Vecchio abbia voluto salvaguardare la famiglia dalle sorti dell’azienda o l’azienda dalle possibili liti della famiglia.