Dall’emigrazione all’immigrazione

Il nostro paese, per secoli un paese da cui si emigrava, solo dal 1900 è diventato una meta di arrivo. Ma proprio l’emigrazione è stata storicamente una delle basi del nostro sviluppo economico e culturale
/ 31.07.2017
di Ignazio Bonoli

Ogni anno, verso metà agosto, ha luogo in una città svizzera (quest’anno sarà Basilea), il Congresso degli Svizzeri all’estero. Un’organizzazione che è andata sviluppandosi nel tempo e che è strutturata oggi in una specie di Parlamento delle Quinta Svizzera, composto da delegati provenienti da ogni parte del mondo, completato anche da personalità politiche residenti in Svizzera.

Un tempo fiorente un po’ in tutta la Svizzera, l’emigrazione ha subito rallentamenti dovuti a circostanze particolari, come guerre o profonde crisi economiche. Nel secondo dopoguerra e fino ai giorni nostri l’emigrazione (che non è più quella di regioni povere in cerca di lavoro generalmente umile) continua al punto di contare nel 2015 ben 762’000 persone all’estero che, di per sé, potrebbero costituire un cantone, perfino fra i più popolosi (il quarto). Il saldo migratorio (immigrati meno emigrati) è oggi di 75’400, composto da 192’700 arrivi (in aumento del 2,2% rispetto a un anno prima) e di 117’700 partenze (aumento dello 0,5%). I rientri di cittadini svizzeri dall’estero sono stati 24’000.

In passato la Svizzera, in rapporto alla popolazione residente, ha prodotto un’emigrazione molto più elevata di quella di altre nazioni di dimensioni comparabili, come ad esempio il Belgio o l’Olanda. All’inizio del 19° secolo la forma principale di questa emigrazione era ancora il servizio militare all’estero. Si calcola che nel 18° secolo da 350’000 a 500’000 svizzeri erano al servizio di eserciti stranieri per periodi più o meno lunghi. Circa i due terzi di questi mercenari non sono più tornati in Svizzera, perché caduti in battaglia, o per aver trovato una sistemazione nel mondo del lavoro e magari essersi sposati all’estero. Oltre ai militari si contavano comunque anche 50’000 civili emigrati.

Nel periodo di più forte emigrazione, tra il 1816 e il 1913, oltre 400’000 svizzeri emigrarono oltre oceano, la maggior parte negli Stati Uniti. Di pari entità fu però anche l’emigrazione verso paesi europei. La loro cifra è difficilmente calcolabile, poiché si trattava spesso di emigrazione stagionale o limitata negli anni. Nel 1910, quando la Svizzera contava 3,75 milioni di abitanti, 370’000 persone di origine svizzera vivevano all’estero. Tra queste 132’000 negli Stati Uniti, 45’000 in America del Sud e alcune migliaia in Africa e in Asia. La metà del totale di emigranti si trovava comunque in Europa, soprattutto in Francia (83’000), Germania (57’000), Gran Bretagna (12’000) e Italia (9’000). In parte si trattava di emigrazione definitiva, con intere famiglie trasferitesi in America, ma in parte anche di mobilità geografica, dovuta a professionisti ricercati in tutta Europa. 

Tipica l’emigrazione di architetti e costruttori dal Ticino, di pasticcieri dai Grigioni o formaggiai dall’Oberland bernese. Dalla Russia agli Stati Uniti si offrivano molte possibilità anche a contadini, artigiani, operai industriali e persone di servizio. Molti industriali svizzeri, ma anche banchieri, albergatori e «manager» operavano in Italia. Di numero limitato, ma di grande importanza per l’economia svizzera furono i commercianti attivi nell’import-export.

Buona parte dell’emigrazione fu dovuta alla povertà della Svizzera rurale di allora. Il canton Ticino sussidiava persino partenze definitive oltre oceano. Il giudizio che gli storici si fanno di questo periodo è piuttosto complesso. 

Da un lato c’è chi giudica fondamentale la ricerca di nuove terre. Dall’altro si considera che la nostra emigrazione non è mai stata «di massa», anche se le crisi agricole degli anni 1816/17, 1851/55 e 1880/84 provocarono veri e propri esodi dall’Europa verso l’America. Paradossalmente l’Europa si trovò confrontata con l’importazione meno cara di prodotti dal Nuovo Mondo, che a sua volta provocò nuova emigrazione dal vecchio continente. L’avvento dell’industrializzazione provocò poi il fenomeno della migrazione interna, e anche quello dell’immigrazione. Negli anni 80 del 19° secolo, quando l’emigrazione dalla Svizzera toccò punte massime, l’immigrazione la superò per la prima volta. Nel 1910 si contavano in Svizzera 550’000 stranieri.

Generalmente si può considerare che l’emigrazione fu un’ancora di salvezza per molte regioni povere anche in Svizzera. Essa provocò un aumento di conoscenze ed esperienze da parte di coloro che tornarono, nonché di capitali per investimenti anche in regioni povere. Al punto di far dire a qualche storico che proprio l’emigrazione fu una premessa essenziale per la posizione di cui gode oggi la Svizzera nel mondo globalizzato.

Ma una premessa altrettanto essenziale fu l’apertura con la quale molti paesi d’immigrazione accolsero emigranti e professionisti di ogni tipo. Oggi assistiamo invece a movimenti di chiusura e autodifesa, che però non fermeranno i movimenti migratori dettati sia da necessità impellenti, sia dalla ricerca di aperture ed esperienze in un mondo sempre in evoluzione.