Dati svizzeri e ticinesi

La Statistica criminale di polizia, pubblicata dall’Ufficio federale di statistica (Ust), fornisce informazioni sui reati digitali dal 2020. Se scorriamo i dati ticinesi, vediamo che nel 2021 ne sono stati registrati 338 (erano 237 nel 2020), suddivisi nelle categorie cyber-criminalità economica (255 nel 2021 e 160 nel 2020), cyber-delitti sessuali (rispettivamente 65 e 53), cyber-lesione della reputazione e pratiche sleali (18 e 24). Purtroppo il documento in questione non specifica il genere delle vittime.

Più in generale, in Svizzera nel 2021 il numero dei reati digitali è cresciuto del 24 per cento. Lo scorso anno se ne contavano 30’351, contro i 24’398 del 2020. Si parla di una media di 83 denunce al giorno, delle quali la stragrande maggioranza concerne il settore della cyber-criminalità economica. I cyber-delitti sessuali erano 2612 (2572 nel 2020) mentre i casi di cyber-lesione della reputazione e pratiche sleali 1240 (1103).


Dalle molestie online allo stupro virtuale

La digitalizzazione della società ha preso nuovo slancio durante la pandemia e i cyber-rischi sono cresciuti, specie per «lei»
/ 21.11.2022
di Romina Borla

La digitalizzazione della società ha conosciuto un’accelerazione durante la pandemia, con relative chiusure e restrizioni, mentre sono aumentati i cyber-rischi. Si è verificata un’impennata delle forme di violenza digitale che colpiscono specificamente le donne e le ragazze, afferma una ricerca condotta nel 2021 dall’Istituto europeo per l’uguaglianza di genere o Eige (un’agenzia dell’Unione europea). Queste ultime non solo hanno maggiori probabilità di essere prese di mira in Rete rispetto ai maschi, ma rischiano di subire conseguenze più gravi: devastanti sofferenze psicologiche, danni fisici, economici ecc.

«Gli atti di violenza di genere perpetrati attraverso le nuove tecnologie – sostiene l’Eige – sono parte integrante della violenza che le donne e le ragazze subiscono quotidianamente a tutti i livelli». Si tratta di un fenomeno da ricondurre «alla situazione di disuguaglianza tra i sessi che ancora persiste nelle nostre società». Un fenomeno che assume forme diverse. In alcuni casi si tratta di estensioni online di forme di violenza consumate nel mondo fisico: ad esempio le molestie digitali, il cyber-stalking o il cyber-bullismo. Comportamenti persecutori che hanno lo scopo di colpire, offendere, umiliare, isolare e spaventare la vittima. Tuttavia, evidenzia l’agenzia dell’Ue, «la cyber-sfera può favorire il diffondersi di forme di violenza diverse, uniche, e può amplificare la portata delle sofferenze rispetto ai soprusi attuati nel mondo fisico». Pensiamo al fenomeno della condivisione non consensuale di immagini oppure video intimi (o la minaccia di farlo), al doxing (quando vengono pubblicate informazioni private su una persona senza il suo consenso), al deepfake (documenti audio o video falsi in cui una persona fa e/o dice cose che non ha mai fatto e/o detto, realizzati con sofisticate tecniche informatiche; spesso riguardano donne e ragazze ritratte nell’intimità o durante atti sessuali).

Che dire poi del discorso d’odio online basato sul genere – spesso rivolto a donne che ricoprono ruoli pubblici – il quale può anche comportare «la condivisione di contenuti feroci che ritraggono donne e ragazze come oggetti sessuali o bersagli di violenza». Il gendertrolling: l’invio di e-mail o la pubblicazione di post sui social media per denigrare, insultare, spaventare, danneggiare la reputazione di qualcuna. La sextortion: la minaccia di pubblicare contenuti a sfondo sessuale che riguardano la vittima (alla quale viene chiesto di mandare materiale ancora più estremo o denaro). Fino ad arrivare allo stupro virtuale, una situazione in cui la rappresentazione digitale di una persona viene sottoposta a violenza sessuale simulata da parte di altri avatar. E la lista dell’Eige non finisce qui.

Questo tipo di abusi può iniziare offline e continuare online attraverso diversi canali, come social media, e-mail o app di messaggistica istantanea. O viceversa: cominciare in Rete e sfociare nel mondo fisico. Gli autori possono essere parenti, conoscenti, partner ed ex partner della vittima ma anche sconosciuti o profili anonimi attivi nella cyber-sfera. Raccogliere dati in merito è difficile; le cifre riportate nelle statistiche sono solo la punta dell’iceberg di un fenomeno in realtà molto più diffuso. Di frequente infatti le vittime non denunciano il loro aggressore per paura di peggiorare la situazione, per vergogna, perché sanno che non rischia granché ecc. Le leggi di solito non contemplano articoli ad hoc per questi tipi di reati (in Svizzera non è nemmeno ancora contemplato il reato di stalking, online o meno).

«La violenza di genere digitale è un fenomeno globale e interculturale», sottolinea l’Eige. Che ha risvolti più che inquietanti. Si parla anche della formazione di comunità online che vanno oltre i confini nazionali e che hanno lo scopo di diffondere l’odio verso le donne, come Manosphere (un inno alla mascolinità) e Incel (da involuntary celibate, gruppo di uomini che si sente vittima del rifiuto delle donne). Insomma, nuovi mezzi che veicolano pensieri antiquati e dannosi, duri a morire.