Dalla Russia in Argentina per partorire

Chi nasce nel Paese sudamericano acquisisce la cittadinanza: una prospettiva allettante per molte donne incinte
/ 03.04.2023
di Angela Nocioni

C’è un passaporto blu con un’esile riga argentata nel mezzo che per una donna russa può voler dire un futuro possibile, e si spera sereno, altrove per sé e per suo figlio. Un futuro dall’altra parte del mondo, in Argentina, lontani da Mosca, lontani da Putin e dalla guerra. Non c’è quindi soltanto la storia terrificante dei bambini ucraini deportati in Russia perché diventino russi. C’è anche la storia dei bambini russi che diventano argentini per volere dei loro genitori. È ormai un fenomeno sociale, a Buenos Aires, l’ondata di donne russe incinte che arrivano all’aeroporto internazionale di Ezeiza perché vogliono che i loro figli nascano lì. In Argentina vige la legge che concede la cittadinanza argentina ai bambini nati in terra argentina, dà ai loro genitori il diritto alla residenza permanente nel Paese e a una strada facilitata per ottenere a loro volta la cittadinanza. I russi inoltre non necessitano di un visto per entrare in Argentina. Con il passaporto argentino si entra in oltre 170 Paesi. Con quello russo in poco più di 80. Ecco perché ogni volta che sulla pista dell’aeroporto di Buenos Aires si apre il portellone di un aereo in arrivo dalla Federazione russa, gli addetti allo scalo sanno che tra i passeggeri in fila ci saranno quasi certamente donne in gravidanza, molto spesso con marito al seguito.

C’è una sala, agli arrivi internazionali, dove vengono fatte sedere su comode poltrone in attesa che passi un ufficiale di Migraciones, la polizia di frontiera, a controllare i loro documenti. Poi un timbro e la porta si apre sotto il celeste totale del cielo australe: «Benvenute in Argentina! Terra di speranza, terra di nuova vita». Molte di queste donne però non si fermano a lungo, sono di passaggio. La meta finale è l’America, dove possono contare in tempi non lunghissimi di ottenere documenti per permessi di lavoro e residenza. È talmente cresciuto il numero di arrivi di donne russe in stato di gravidanza in cerca di passaporto argentino, per loro stesse e per i loro figli, che stanno sorgendo in Argentina agenzie specializzate in pacchetti a loro dedicati che propongono viaggio, soggiorno in clinica, sostegno «burocratico» fino all’ottenimento degli ambiti documenti. Soltanto a gennaio sono arrivati 4500 russi all’aeroporto di Ezeiza e due grandi ospedali di Buenos Aires hanno fatto sapere che tra dicembre 2022 e gennaio 2023 il 35 per cento dei bambini nati nelle loro sale parto sono di madre russa. Addirittura nei reparti di ostetricia e neonatologia di alcuni nosocomi della città ci sono cartelli di informazioni scritti in cirillico. La maggior parte delle coppie o delle donne sole che arriva in Argentina per partorire è benestante, questo perlomeno risulta dalle statistiche redatte finora. I nuovi cittadini russi in Argentina vivono a Recoleta, un quartiere rinomato per le residenze in stile parigino, i palazzi signorili e le boutique eleganti, oppure a Palermo, un’area esteticamente ancorata a standard europei sotto vari (ed onerosi) punti di vista.

Alle tante perplessità sollevate dai numeri delle presenze di neonati russi in Argentina, risponde con saggia sincerità la funzionaria di Migraciones, Florencia Carignano, italiana di origine: «È evidente che la stragrande maggioranza delle famiglie russe appena arrivate qui in Argentina non ha la minima intenzione di fermarsi. Punta perlomeno agli Stati Uniti del sud, se non a New York». Questa è la ragione per la quale lei e i suoi collaboratori stanno passando al setaccio tutte le richieste di documenti russi per fermarsi a vivere da residenti lavoratori nel Paese. Ha detto Carignano facendo sobbalzare sulla sedia i suoi sottoposti: «Non so se avete capito, ma quello che è in gioco al momento è il valore del passaporto argentino». E i cultori del nazionalismo argentino, che risiedono a sinistra e a destra dell’emiciclo parlamentare, hanno sussultato alla frase «dobbiamo poter escludere con margini decenti di credibilità che i nostri passaporti possano essere utili ad azioni illegittime». Il riferimento, nemmeno troppo oscuro, è alla possibilità che passaporti argentini coprano attività illecite che vanno dal lavaggio di denaro sporco a vari tipi di traffici illegali internazionali.

Un altro fenomeno preoccupa molto gli addetti ai lavori. La polizia argentina si sforza in particolar modo per escludere la possibilità che tra le pratiche di riconoscimento di diritto alla cittadinanza si nascondano oscuri business ben pagati capaci di procurare un passaporto argentino (quindi un passepartout per gli Stati Uniti almeno per dieci anni) a qualcuno che quel diritto non ce l’ha. Christiano Roubliar, avvocato argentino esperto in questioni migratorie, spiega l’essenziale: «Non c’è bisogno di aggrapparsi a casi estremi. Anche se l’essere stato partorito in terra argentina solleva i genitori del neonato dall’obbligo di aspettare due anni per vedersi riconosciuto il diritto alla cittadinanza (negata in Europa, non ce lo dimentichiamo) questo non vuol dire che i genitori del bambino non siano comunque tenuti a dimostrare la continuità dell’effettiva residenza sul territorio di loro stessi e del piccolo».