Dalla parte dell’UE

Potentissime, un ritratto della presidente georgiana Salomé Zourabichvili
/ 20.03.2023
di Cristina Marconi

La presidente georgiana si chiama Salomé Zourabichvili (nella foto), ha 70 anni ed è francese. O almeno lo è stata interamente fino al 2004, quando ha preso anche il passaporto georgiano dopo un biennio da ambasciatrice della République a Tbilisi e prima di diventare ministra degli Esteri del Paese da cui i suoi genitori erano fuggiti negli anni Venti del Novecento per scappare dall’invasione dell’Armata Rossa. Lo è rimasta in parte fino al 2018, quando ha dovuto rinunciare alla doppia cittadinanza per presentarsi alle presidenziali. Nel 2004, quando la Georgia era un Paese molto vicino all’UE, la diplomatica era stata chiamata dall’ex leader Mikheil Saakashvili a ricoprire il ruolo di ministra nel suo Governo, ma la rottura tra i due, avvenuta nel 2005, è stata così profonda e radicale che ora che si trova agli arresti e malato, Zourabichvili si rifiuta di concedergli la grazia o di intercedere in suo favore affinché possa andare a curarsi all’estero, come vorrebbero il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e il Parlamento europeo.

Intanto il politico e imprenditore Bidzina Ivanishvili, del partito di Governo Sogno georgiano, nonostante una lealtà di facciata nei confronti di Bruxelles, ha forti legami con la Russia e vede in Saakashvili, reduce da otto anni all’estero, una minaccia in grado di galvanizzare l’opposizione di un Paese sempre più instabile. Per questo preferisce avere Saakashvili agli arresti con l’accusa di abuso d’ufficio e una condanna a sei anni, pronunciata in absentia, definendolo un «nazista» che non dovrebbe mai tornare al potere, anche se i sondaggi gli danno consensi al 31%. Ma con la guerra alle porte la situazione si sta facendo incandescente anche a Tbilisi, dove i cittadini stanno protestando contro i legami con il vicino russo, che nell’estate del 2008 aveva fatto le prove generali dell’attacco all’Ucraina inviando i suoi carri armati in Ossezia del Sud e in Abkazia, e contro la svolta autoritaria che rischia di portare la Georgia sempre più lontana dall’UE di cui un tempo era la pupilla.

La nuova legge sugli «agenti stranieri», intanto, è stata ritirata e Bruxelles sta valutando con molto scetticismo la domanda della Georgia di ottenere lo statuto di Paese candidato, visto che non sono state ancora rispettate le 12 precondizioni necessarie e che tutto sembra andare in direzione di un regime autocratico. Le immagini delle violente proteste di Tbilisi, represse duramente dalle forze dell'ordine, e dei manifestanti a cui neppure gli idranti sono riusciti a far mollare la presa sulla bandiera europea, hanno fatto il giro del mondo e Salomé Zourabichvili, da una visita di Stato in America, ha mandato un video messaggio di sostegno e di presa di distanza dal Governo a cui fino a poco tempo fa era vicina. «Sono dalla vostra parte», ha spiegato con la Statua della libertà sullo sfondo e il suo sguardo fermo e volitivo. «La Georgia, che vede il suo futuro in Europa, non permetterà a nessuno di portare via il suo futuro», ha aggiunto, mentre la Casa Bianca definiva le violenze di Tbilisi come un momento nero per il Paese. La presidente georgiana settimana scorsa ha anche incontrato il presidente del Consiglio UE, Charles Michel, il quale ha scritto su Twitter: «Ho ribadito l'impegno dell'UE per il percorso europeo della Georgia a Zourabichvili e ho accolto con favore il suo ruolo nel promuovere le aspirazioni del popolo georgiano. La decisione di concedere alla Georgia una prospettiva europea è un'opportunità storica da non perdere. I progressi sulle riforme restano cruciali».

Per la bambina Salomé la Georgia è stata una terra promessa, immaginata attraverso i racconti della vivace comunità georgiana di Parigi di cui la sua famiglia era una delle colonne portanti, fino al 1986, anno della sua prima visita, fatta quando era già una diplomatica con una certa esperienza. Parente neppure troppo alla lontana dello scrittore Emmanuel Carrère e studentessa eccezionale, formata nelle grandi scuole delle classi dirigenti francesi, Zourabichvili ha raccontato di aver sempre sognato di poter dare un contributo al suo Paese, tanto da aver cercato di fondare un partito nel 2006, senza però sfondare. Non sembra intenzionata a mollare, neppure ora che il gioco si fa duro. Eletta nel 2018 per un mandato di sei anni, con i poteri già ridotti da una legge recente, sarà l’ultima a essere nominata dal popolo: i suoi successori arriveranno dopo un voto parlamentare.