Dalla lotta armata al potere

Uruguay – L’ex guerrigliera dei Tupamaros, Lucia Topolansky, moglie di José Mujica, è la nuova vicepresidente del governo. Succede a Raul Sendic dimessosi per uno scandalo
/ 25.09.2017
di Angela Nocioni

Si apre una nuova fase politica in Uruguay. L’ex guerrigliera dei Tupamaros Lucia Topolansky, moglie di José Mujica, è la nuova vicepresidente del governo, e farà da ponte tra esecutivo e Congresso. L’ex vicepresidente Raúl Sendic – figlio dell’omonimo ex guerrigliero anche lui militante nel Movimiento de Participación Popular (MPP), il gruppo degli ex Tupamaros diventati i referenti politici della sinistra radicale uruguagia dopo aver abbandonato la lotta armata ormai da decenni – si è dovuto dimettere perché accusato di aver usato per spese personali la carta di credito aziendale dell’impresa petrolifera statale di cui era stato fatto presidente. 

Sendic era stato collocato dalla coalizione di governo alla presidenza della azienda petrolifera statale Ancap. La sua credibilità era già precipitata tempo fa quando divenne pubblica la notizia del suo falso titolo universitario. Lui, cresciuto all’ombra di un padre molto ingombrante e poi adottato politicamente da Mujica (se possibile, ancora più ingombrante di suo padre), finì pateticamente descritto da tutta la stampa nazionale come un assai poco talentuoso rampollo destinato a una vita in affanno nel tentativo di seguire le orme paterne. La protezione di Mujica gli è venuta meno quando, insieme alla pubblicazione delle cifre del grave deficit dell’impresa del petrolio di cui Sendic è stato indicato come responsabile perché i debiti sarebbero stati accumulati durante il suo mandato, è scoppiato lo scandalo delle sue spese personali (viaggi aerei, hotel, gioielli) pagate secondo l’accusa con la carta di credito aziendale. A quel punto il Frente amplio l’ha mollato e il partito l’ha convinto a presentare «dimissioni spontanee».

Il caso Sendic ha innescato un cortocircuito politico che ha finito per rafforzare, anziché indebolire, il potere del partito degli ex Tupamaros nel centrosinistra uruguagio, portati al governo dall’ex presidente José «Pepe» Mujica, vecchio guerrigliero solo apparentemente fuori dall’agone politico, in realtà ancora capo carismatico della sinistra uruguagia e regista del Frente amplio, l’ampia coalizione che rimane saldamente alla guida del piccolo Paese latinoamericano in controtendenza rispetto alla fase politica continentale che ha ricacciato all’opposizione tutti i governi con matrice di sinistra arrivati al governo nello scorso decennio. Invece gli ha regalato una grande nuova possibilità di visibilità e influenza.

Lucia Topolansky non è stata portata alla vicepresidenza da una decisione politica, ma dalla legge uruguagia che prevede, nel caso sia vacante il ruolo di vicepresidente, di sostituirlo con il senatore più votato alle ultime elezioni. Il più votato in questo caso era José  Mujica, che essendo l’ex presidente della repubblica non poteva però assumere l’incarico. La scelta è ricaduta quindi sul secondo più votato, la senatrice Lucia Topolansky, che è anche la compagna da una vita di Mujica e sua moglie da dodici anni.

La Topolansky ha un profilo politico radicale tanto quanto quello del marito, più vetero di lui, meno aperta al compromesso politico, meno duttile, tanto da essere soprannominata «la Tronca» (che in Uruguay non è esattamente un complimento, indica qualcuno tanto ostinato da poter risultare ottuso), ma ha una lunga storia politica personale indipendente da quella di Mujica. Ha avuto un ruolo di primo piano nella guerriglia, nel partito e nel Congresso (Mujica, alla sua prima elezione, dovette giurare fedeltà alla Repubblica nelle mani della Topolansky perché era lei, ai tempi, a presiedere il Senato).

Di fatto, però, l’essere un simbolo della ex guerriglia dei Tupamaros e l’ex primera dama della presidenza Mujica nonché una dirigente di primo piano del Movimiento de Participación Popular, la colloca necessariamente nella posizione migliore per dare una nuova chance di influenza alla sinistra radicale all’interno del governo.

Si creò una situazione politica simile all’attuale tra il 2010 e il 2015, quando l’essere una popolarissima senatrice e contemporaneamente la moglie di Mujica, la fece diventare un punto d’appoggio fondamentale in Parlamento per le manovre del governo. Le principali leggi volute dal Frente amplio furono approvate in quel periodo e la Topolansky dette un impulso fondamentali a ciascuna di esse: dalla legalizzazione del mercato della marijuana, all’aborto, al matrimonio omosessuale.

Una battuta d’arresto la sua carriera politica l’ha avuta alle elezioni per il sindaco di Montevideo, quando si candidò contro il socialista Daniel Martínez, anche lui del Frente amplio ma appartenente al partito socialista, e perse malamente.

La sua è una storia personale da romanzo. Quasi un Memorie di una ragazza perbene in versione uruguagia. Viene da una famiglia alto borghese. Suo padre era un ingegnere, famoso costruttore locale. L’esser nata in una famiglia bianca e ricca negli anni Quaranta la destinò a quasi scontati studi dalle suore. La sua formazione fu affidata a un collegio di suore domenicane. La militanza cominciò timidamente alle superiori e poi alla facoltà di architettura negli anni Sessanta, quando Montevideo era attraversata dalle leggende castriste e gli studenti universitari di estrema sinistra coltivavano il mito del «Che» Guevara e della sua teoria dei fuochi guerriglieri. L’idea, abbracciata da Mujica e dai suoi, era quella di fare del piccolo Uruguay la Cuba del Cono Sur. La rivoluzione fu solo teorizzata, i militari arrivati al potere nel 1972 e restatici fino all’85 dettero una caccia spietata ai Tupamaros che, nel frattempo, erano diventati il primo grande gruppo di guerriglia armata metropolitana del Continente.

Lucia Topolanski si affacciò al mondo della lotta armata seguendo i passi della gemella Maria. Saputo che sua sorella stava militando con la guerriglia, Lucia si decise a strappare a sua volta il legame con la famiglia. Se ne andò dall’università, non prima d’averci gettato dentro due bottiglie incendiarie, si unì ai Tupamaros e passò in clandestinità con il nome di «Ana».

La sua grande storia d’amore dentro la guerriglia non fu con Pepe Mujica, ma con un altro guerrigliero, poi ucciso dai militari. La relazione con Mujica iniziò durante la clandestinità, fu interrotta dall’arresto di lei nel 1971. Riuscì a scappare sei mesi più tardi. Fece parte del gruppo di detenute che rocambolescamente fuggirono dalla prigione attraverso le reti fognarie. Fu poi ricatturata e lì cominciò il periodo peggiore della sua detenzione. In tredici anni di prigione fu sottoposta a torture e a lunghi periodi di isolamento. «Siamo sopravvissute in condizioni assolutamente avverse» si è limitata a dire, tempo fa, la sua compagna di cella di quei tempi, la militante tupamara Anahit Aharonian.

Anche Mujica fu arrestato e riuscì a scappare. Catturato di nuovo, lo rinchiusero in fondo a un pozzo dove passò due anni in completo isolamento senza mai vedere la luce del sole. Ha raccontato di quel periodo: «Per non impazzire parlavo con le formiche, è incredibile i rumori che si arrivano a percepire quando si vive sepolti sotto terra. Passavo la giornata a cercare di camminare lungo il pozzo: un passo e mezzo in avanti un passo e mezzo all’indietro. Tentavo di scrivere con un piccolo bastoncino delle parole incidendole per terra perché volevo continuare a ragionare e senza parlare non è impresa facile».

Si reincontrarono nel 1985, quando uscirono entrambi per effetto della legge di amnistia. Di lei dice adesso: «A metterci insieme fu la paura». In un’intervista anni fa, ad una domanda sulla loro relazione, rispose: «Mi dispiace, non posso: non si racconta un amore così lungo».