La crisi ucraina ha portato tra le altre cose alla sospensione della missione ExoMars, progettata da europei e russi per scoprire eventuali tracce biologiche su Marte (il lancio del rover era previsto per settembre 2022). Le sanzioni contro Mosca colpiscono infatti anche le collaborazioni scientifiche, ha sottolineato l’Agenzia spaziale europea (Esa), la quale prevede di poter portare a compimento il progetto non prima del 2026 (ricordiamo che l’Esa ha 22 Stati membri tra cui la Svizzera). «Ora si tratta di lavorare con l’industria per studiare in dettaglio quali componenti dei veicoli russi potranno essere sostituiti da parte dell’industria europea, oppure di quella statunitense», ha dichiarato il direttore generale dell’Agenzia spaziale, Josef Aschbacher.
Ma perché si progettano viaggi su Marte? «Rispondo con Dante Alighieri e l’espressione di Ulisse: Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza». A parlare è Elisabetta Lamboglia – esperta dell’Esa in ingegneria spaziale e ingegneria dei costi, relazioni internazionali, valutazione programmatica e tecnologica – che continua: «Scienziati e ingegneri hanno trovato e continuano a trovare in Marte una destinazione affascinante. A parte sogni futuristici sui nostri vicini marziani, molto ben rappresentati da scrittori e cinematografia, il pianeta Marte è effettivamente il più accessibile in termini di distanza, in combinazione con le sue condizioni ambientali, le più simili alle nostre fra tutti i pianeti del Sistema solare». Ma il sogno di conquistare il Pianeta rosso è solo uno dei tanti progetti dell’Esa, le cui attività si stanno adattando a un nuovo modo di intendere lo spazio. Ci riferiamo ai progetti new space, derivati in un certo senso da un allargamento degli orizzonti. «Con new space si intende in primo luogo un coinvolgimento molto maggiore, rispetto a missioni standard, di piccole e medie imprese nei contratti assegnati all’industria spaziale, includendo casi di primes non appartenenti ai grandi consorzi spaziali europei. Questo cambiamento di tipo industriale riguarda anche l’assegnazione di attività non solo nella fase di progetto, ma anche di operazioni e segmenti di terra (ad esempio la gestione delle stazioni terrestri di monitoraggio dei satelliti). Una vera e propria novità. Il risultato? Una commercializzazione di tutto il business del settore spaziale, con la conseguente creazione di posti di lavoro». Inoltre – spiega l’esperta – il settaggio new space può implicare sviluppi di implementazione più compressi, un’accelerazione nei tempi di sviluppo, qualifiche e processi meno ridondanti e impiego di componenti commerciali. Insomma, invece di «sfinirsi» con una catena di controlli di qualità, talvolta ripetitivi, si assumono dei rischi, magari utilizzando dei prodotti già presenti sul mercato, che costano di meno.
«L’agenda Esa 2025 enfatizza insomma l’esigenza di rinforzare la commercializzazione delle attività spaziali. Un esempio in tal senso è il nuovo accordo per l’assistenza dell’Esa all’Italia in merito alla costellazione di Osservazione della Terra, che favorirà l’adozione da parte del mercato dei servizi geospaziali a livello nazionale, stimolando la creazione di un mercato e lo sviluppo di piccole start-up distribuite sul territorio nazionale». Tutta questa industriosità ha però un rovescio della medaglia. L’ufficio Onu per gli affari dello spazio (Unoosa) e l’Esa nel 2020 catalogavano circa 2700 satelliti operativi e 8800 tonnellate di detriti spaziali. Si sta cercando di correre ai ripari? «È il momento di agire – dice Lamboglia – perché l’inquinamento orbitale è un problema urgente. Si stima che nei prossimi 3 anni verranno lanciati più satelliti di quanti ne siano stati lanciati negli ultimi 60. Clean space è l’ufficio Esa che si occupa del problema. Il team di esperti segue due strategie complementari: mitigare detriti spaziali e rimuovere attivamente scorie spaziali. Come? Mitigare controllando che determinati requisiti vengano rispettati per tutte le missioni future in modo da limitare i detriti e rimuovere quelli già in orbita, ad esempio con Clearspace-1». Missione in cui la Svizzera, in particolare l’impresa ClearSpace today, spin-off del Politecnico federale di Losanna, giocherà un ruolo di primo piano.