Imbarazzo internazionale a Bruxelles in occasione del vertice fra l’Ue e i Paesi africani. Il protocollo prevede la presentazione degli ospiti alla dirigenza dell’Unione: Ursula von der Leyen per la Commissione, Charles Michel per il Consiglio europeo, il capo dello Stato francese Emmanuel Macron come presidente di turno del Consiglio dell’Ue. Arriva il ministro degli Esteri ugandese Jeje Odongo che passa davanti a von der Leyen ignorandola, stringe la mano a Michel e Macron, poi si mette in posa per la foto ufficiale. Macron cerca di correre ai ripari e indica all’ospite la presidente dell’esecutivo, che finalmente Odongo si degna di salutare.
Una scena analoga a quella dello scorso aprile ad Ankara. Stavolta l’autore dello sgarbo è il presidente turco Recep Tayyip Erdogan. Ursula von der Leyen è accompagnata da Michel ma davanti alle bandiere della Turchia e dell’Unione ci sono soltanto due poltrone. Erdogan fa accomodare Michel accanto a sé lasciando di stucco la presidente della Commissione che, visibilmente contrariata, prende posto su un divano. Tutto questo perché sono una donna, dirà in seguito, notando come l’episodio che la riguarda sia andato sulle prime pagine mentre passano inosservate le offese ben più gravi che quotidianamente subiscono tante donne. Critiche anche per Michel, impassibile nella circostanza, che spiega la mancata reazione con la necessità di evitare un ulteriore peggioramento delle relazioni fra Europa e Turchia.
La gaffe ha un ruolo consolidato nella politica e nelle relazioni internazionali. Erdogan e Odongo fanno parte di una folta schiera di politici specializzati negli scivoloni più impensabili. Si pensi al presidente americano Joe Biden, che salutò l’ascesa di Barack Obama facendo notare che il primo afroamericano alla Casa bianca «è intelligente e si esprime bene». Lo stesso Biden in un discorso confuse la premier britannica Theresa May con Margaret Thatcher. In campagna elettorale nel New Hampshire fece sapere quanto si sentiva a suo agio nel Vermont. Durante una conferenza stampa, ignorando che il microfono era attivo, qualificò come «stupido figlio di puttana» un giornalista che gli rivolgeva domande scomode. Celebri anche gli svarioni del suo predecessore Donald Trump che trovandosi a Gerusalemme, proveniente dall’Arabia Saudita, fece sapere di essere «appena tornato dal Medio Oriente». In un’altra occasione Trump celebrò l’«amicizia millenaria» fra Usa e Italia.
Un altro sistematico gaffeur è il primo ministro britannico Boris Johnson, che invitò gli elettori a votare Tory: così avrete più probabilità di comprarvi una Bmw e le vostre mogli avranno «un seno più prosperoso». Commentando un dibattito interno al partito conservatore, Johnson lo paragonò a «orge di cannibalismo, come succede in Papua Nuova Guinea». Alle proteste provenienti da questo Paese rispose che l’aveva letto in un libro. Imprevedibile come sempre, qualificò Hillary Clinton come «un’infermiera sadica di una clinica psichiatrica». Quanto all’Unione europea, secondo lui vuole sottoporre il continente, esattamente come i nazisti, a un unico potere. Nemmeno a corte mancano gli scivoloni. Durante una visita in Australia, rivolto al rappresentante degli aborigeni, il principe Filippo di Edimburgo gli chiese: «Vi tirate ancora addosso le lance?». Un’altra volta, in Canada per un’inaugurazione, proclamò «qualunque cosa sia, la dichiaro aperta».
Un leader che si è conquistato un posto di primo piano nella produzione di gaffe è l’ex presidente del consiglio italiano Silvio Berlusconi. Il settimanale «Time» ha elencato le più celebri fra le sue bizzarre dichiarazioni. Come quelle auto-celebrative: «Credo di essere il miglior capo del governo che l’Italia abbia mai avuto». E ancora: «Sono il Gesù Cristo della politica, una vittima, mi sacrifico per tutti». Famose le battute su Mussolini, che «non uccise nessuno» e regalava agli oppositori «vacanze» al confino. Per non parlare di quando sottolineò l’«abbronzatura» di Barack Obama provocando fra l’altro la reazione di Carla Bruni, allora première dame di Francia: «Sono felice di non essere più italiana». O di quando parlando alla Borsa di New York invitò gli imprenditori americani a investire in Italia, dove si trovano «pochi comunisti e molte belle ragazze».
Infine ricordiamo Von Brickendrop: così la stampa inglese ribattezzò Joachim von Ribbentrop quando era ambasciatore del Reich a Londra. To drop a brick, lasciar cadere un mattone, è un’espressione che significa fare una gaffe. E di gaffe il diplomatico tedesco, futuro ministro degli esteri di Hitler, era uno specialista. Anche perché basava la sua azione sull’idea fissa che i britannici volessero allearsi con Berlino. Ne era così convinto che nei rapporti e nelle conversazioni attribuiva l’abdicazione di Edoardo VIII, il re che simpatizzava con il nazismo, non alla situazione che si era creata dopo il controverso matrimonio, ma a un complotto giudaico e massonico orchestrato per scongiurare l’abbraccio anglo-germanico.