Crediti Covid, prime valutazioni

Conseguenze della pandemia - La rapida concessione di fondi alle imprese ha generato qualche truffa e ha per qualche mese ridotto fallimenti e liquidazioni, che ora però tornano a crescere. Come ripagare i crediti?
/ 22.06.2020
di Ignazio Bonoli

Dopo il caso di truffa per 1,5 milioni di franchi nel canton Vaud, anche il caso di due cittadini italiani, proprietari di una società in Ticino, che hanno chiesto e ottenuto un credito agevolato con garanzia della Confederazione, ha sollevato un certo scalpore. Ma, al di là del fatto di cronaca, l’episodio ha messo in evidenza la probabilmente troppa facilità e rapidità con le quali questi crediti sono stati concessi. Sembra perfino che questa società fosse sull’orlo del fallimento, per cui il credito avrebbe dovuto essere rifiutato.

Non c’è ancora una statistica di casi simili in tutta la Svizzera, per i quali sarà molto difficile recuperare il denaro ottenuto con o senza frode, ma quasi sicuramente non in buona fede. Del resto, già al momento dell’annuncio di questa operazione – per altro molto apprezzata tanto in Svizzera, quanto all’estero – il consigliere federale Ueli Maurer, responsabile delle finanze della Confederazione, aveva detto di prevedere che alcuni di questi casi sarebbero stati inevitabili. Aveva però anche aggiunto che la Confederazione era in grado di recuperare buona parte del denaro versato a chi non avrebbe dovuto riceverlo. Ancora una volta la fretta è stata cattiva consigliera, ma l’urgenza di un intervento a favore delle aziende più minacciate era evidente.

Tuttavia, almeno per il momento, l’analisi dei dati del registro di commercio non permette di constatare una moria di piccole e medie imprese. Sembra quindi che la strategia messa in atto dal Consiglio federale abbia avuto successo.

Il numero di fallimenti e liquidazioni nei primi mesi dell’anno è comunque superiore a quello dello stesso periodo dell’anno precedente. La situazione si stava però già deteriorando prima della pandemia, e al momento del «lockdown», il governo aveva anche proposto una moratoria nelle procedure di esecuzione e fallimenti, comprese le ferie giudiziarie, accanto ad altre misure puntuali. Il numero di fallimenti e liquidazioni è così sceso dai 90 giornalieri ai 50 a fine marzo. Da inizio maggio è però cominciata una fase di normalizzazione, con il volume globale risalito al livello dell’anno precedente. Si notano però parecchie differenze fra le regioni: in Ticino vi è stata una forte reazione alle misure politiche con un calo sensibile di casi. Da qualche settimana si nota però un aumento costante.

Di solito la scomparsa di aziende dal mercato è accompagnata dalla creazione di nuove attività. Come si poteva prevedere questa creazione è stata più debole del solito, durante il periodo del «lockdown». In maggio si è però assistito a una ripresa, il che può significare anche un rinvio di alcune decisioni a dopo la chiusura. Lo si è visto in particolare nella gastronomia e negli alberghi, nonché in settori tradizionali del commercio. L’attività è stata in questo caso molto intensa nella regione del Lago Lemano, mentre in Ticino non si riesce ancora a coprire la forte diminuzione subìta durante la chiusura. I prossimi mesi, con le aperture e la stagione estiva, saranno determinanti per la ripresa.

La questione dell’effetto del «lockdown» e della ripresa delle attività economiche comincia pure a precisarsi. Ci si rende conto che l’aiuto alla liquidità non è un regalo e ci si chiede come fare a restituirlo se la liquidità a disposizione sarà poca, almeno per un bel po’ di tempo. Proprio perché si tratta di crediti commerciali, l’ordinanza prevede termini di transizione. Intanto 128’616 aziende hanno ritirato 15,2 miliardi. Molte altre si sono però annunciate a titolo precauzionale.

Nel frattempo si può però supporre che una parte di piccole e medie imprese, nonostante o magari a causa del credito garantito, possano cadere in difficoltà finanziarie, soprattutto se non ci sarà una consistente ripresa dell’economia. A questo punto, ci si chiede: come evitare un’ondata di fallimenti di PMI? Strumenti già utilizzabili sono le dilazioni di pagamento, cui può seguire un concordato con i creditori. Dal 20 aprile questo strumento ha subito alcuni adeguamenti, proprio a causa della pandemia, in vista di trovare il modo per risanare l’azienda.

Un’operazione che può rivelarsi costosa, per cui il Consiglio federale ha creato uno strumento limitato nel tempo proprio per le piccole e medie imprese che non fossero però già sovraindebitate a fine 2019. Di regola l’imprenditore può continuare l’attività senza sorveglianza. Per chi si trovasse ancora in difficoltà, si auspica ora che il Consiglio federale proponga un ulteriore periodo di transizione, in modo da evitare un eccessivo indebitamento al 31 marzo 2022.

Il nuovo problema è proprio in questa data. Che cosa si farà in caso di una seconda ondata di «Covid-19»? Oppure se l’economia non avrà una ripresa sufficiente? In Svizzera non sembra proponibile trasformare questi crediti senza interessi in crediti a fondo perso. Tre professori del Politecnico federale di Losanna propongono un’altra soluzione: sostituire i crediti di transizione con l’emissione di azioni privilegiate. Il vantaggio consiste nel fatto che, al contrario degli interessi, i dividendi in caso di crisi non devono essere pagati e possono essere ricuperati. Le azioni privilegiate, inoltre, non hanno scadenza e non devono essere rimborsate. Un fondo creato da privati, al quale può partecipare anche lo Stato, potrebbe acquisire queste azioni, riducendo il rischio di fallimento. L’esperienza recente dimostrerebbe che lo scorporamento di rischi, col tempo, può diventare favorevole a entrambe le parti.