Il Credit Suisse (CS), presentando i bilanci del secondo trimestre, non poteva non tener conto della crisi che ha investito la banca quest’anno. E così l’utile netto si è assestato a 253 milioni di franchi, con un calo del 78% rispetto allo stesso trimestre del 2020, e nettamente inferiore alle aspettative. I ricavi sono stati di 5,1 miliardi di franchi.
La banca ha inoltre dovuto subire una diminuzione di 4,7 miliardi di depositi di clienti, solo in parte compensati dall’arrivo di depositi da parte di casse pensioni e aziende nella gestione patrimoniale. Si è così fatto fronte alla seconda parte delle perdite provocate dall’affare Archeos (594 milioni), dopo che il collasso del fondo americano aveva già influito per 4,4 miliardi nel primo trimestre.
Il 6 agosto CS ha rimborsato 400 milioni di dollari agli investitori della catena Greensill, l’altro gestore di fondi fallito. Questo porta il totale dei rimborsi effettuati a 5,9 miliardi. Per capire l’incidenza che i due fondi hanno sui bilanci, basti ricordare che l’impegno totale che CS dovrà rimborsare sarà di circa 6,6 miliardi di dollari. Già in marzo e aprile erano stati rimborsati 4,8 miliardi, seguiti da un altro rimborso di 750 milioni e da quello citato sopra di 400 milioni. Il tutto per il 66% dei fondi gestiti al momento della loro soppressione.
Con i bilanci di metà anno, CS ha pubblicato anche il rapporto dello studio legale americano Paul, Weiss, Rifkind, Wharton e Garrison («Paul, Weiss»). L’inchiesta ha constatato mancanze in materia di una gestione efficace dei rischi, sia nel caso della prima linea di difesa, sia in quello della seconda. Mancanze nella trasmissione per via gerarchica e nel controllo del superamento dei limiti nelle due linee di difesa, nonché nell’esercizio delle responsabilità di sorveglianza. Infine, nelle priorità della presa di misure di attenuazione del rischio e dell’eventuale miglioramento.
L’inchiesta ha comunque rilevato che nessun membro del personale dei settori commerciale o del rischio ha esercitato attività fraudolenti o illegali, oppure ha agito con cattive intenzioni. L’inchiesta non ha nemmeno mostrato lacune nell’architettura dei controlli del rischio e dei processi di gestione del rischio della banca, né evidenziato un’incapacità di funzionare dei sistemi di prevenzione del rischio, in modo da identificare i rischi critici e i problemi che possono suscitare.
Sulla base di questo rapporto la banca ha preso alcuni provvedimenti importanti. Già prima del rapporto aveva comunque provveduto alla sostituzione del capo dell’area rischio. Il rapporto ha inoltre individuato 23 persone responsabili, nove delle quali sono state licenziate. Negli Stati uniti, la situazione ha anche indotto alcuni responsabili di settore a lasciare spontaneamente la banca. Inoltre, la direzione ha deciso di applicare le regole del «malus» e ha ridotto i «bonus» per un totale di circa 70 milioni di dollari.
Infine la banca sta applicando le misure suggerite dall’indagine della «Paul, Weiss». Tra queste si rilevano ancora investimenti maggiori in risorse per migliorare la gestione dei rischi, definizione chiara dei modi, delle responsabilità e dell’obbligo di rendere conto, rinforzo dei processi di protezione dai rischi, riesame delle tendenze al rischio e controlli in materia di controparti, miglioramento della qualità dell’informazione sui rischi e dell’accesso ai suoi dati, lettura incrociata dei dati e proseguimento del miglioramento della cultura del rischio.
Tutte le posizioni del fondo Archeos sono state sciolte all’inizio di giugno e sono state adottate le misure necessarie. In termini finanziari l’impatto di Archeos è stato di 594 milioni di franchi nel secondo trimestre 2021 e di 5 miliardi di dollari nel primo trimestre. La banca cercherà inoltre di ricuperare soldi presso terzi di vario tipo. Anche, per esempio, con i «bonus» pagati in passato.
Per quanto concerne Greensill, la restituzione di fondi agli investitori resta una priorità assoluta, così come il loro recupero massimo possibile.
Ci si chiede – ma anche il rapporto pone la domanda– come mai Credit Suisse possa essere caduto in una così gigantesca trappola. Tutte le informazioni per valutare l’importanza del rischio erano date. Eppure si sono avallate (o sopportate?) posizioni di rischio catastrofico. Si è trattato di una fondamentale mancanza del management e delle istanze di controllo, soprattutto, della banca di investimenti a New York.
In particolare si sarebbero dovute sorvegliare le operazioni di un grosso cliente come Bill Hwang: già nel 2012 era sospettato di delitti «insider» e nel 2014, insieme proprio ad Archeos, si vide vietato il commercio sulla borsa di Hong Kong. Eppure Hwang riuscì perfino a ottenere una diminuzione del tasso di rischio accettato.
Un esempio che evidenzia come la banca avrebbe dovuto seguire certi clienti con maggiore attenzione. Gli effetti di questa crisi si sentiranno per qualche tempo ancora. Il CS sta uscendo da una serie di crisi, tra le quali la più grave è certamente questa. «Non tolleriamo più comportamenti inaccettabili» ha detto il capo della direzione, facendo eco al nuovo presidente del CdA. Vi è da sperare che questo si realizzi per quella che rimane la seconda banca in Svizzera con responsabilità sistemiche.
Credit Suisse nella bufera
Finanza - Con i conti semestrali in calo, la banca ha presentato il rapporto di uno studio legale americano da cui emergono mancanze di controlli e provvedimenti in relazione a due grandi gestori ad alto rischio
/ 16.08.2021
di Ignazio Bonoli
di Ignazio Bonoli