Lo scorso agosto, in Pakistan, 22 chiese sono state date alle fiamme, una novantina di case distrutte e un cimitero è stato vandalizzato. Questa volta non ci è scappato il morto, come quasi sempre succede in queste occasioni, ma solo per caso. Un numero imprecisato di cittadini pakistani di religione cristiana sono stati picchiati e, secondo testimoni, torturati dai «difensori della fede»: centinaia di persone, che a Faisalabad (Punjab) e dintorni hanno scatenato l’ennesima caccia alle streghe, meglio conosciuta come caccia ai blasfemi, mentre la polizia rimaneva a guardare «per non esacerbare ulteriormente gli animi». Il linciaggio questa volta è stato motivato, secondo la ricostruzione delle forze dell’ordine pakistane, da due pagine del Corano strappate e scarabocchiate. I «blasfemi profanatori» del sacro libro avrebbero lasciato le fotocopie delle loro carte d’identità con nome, cognome e indirizzo. Che sono tornate utili al mullah che dal pulpito ha incitato alla punizione dei due cristiani in particolare e dei cristiani tutti: perché, per loro, l’unico sacro libro che non deve essere toccato è il Corano, mentre dare alle fiamme libri sacri e luoghi di culto di altre religioni, così come ammazzare o riempire di botte gli «infedeli» è cosa giusta e auspicabile.
Non è la prima volta che succede, e la lista è troppo lunga per essere riportata qui, e di certo non sarà l’ultima. Pochi giorni dopo, difatti, è toccato a cittadini di religione Ahmadi, che sono musulmani ma in Pakistan sono dichiarati «non musulmani» per legge e considerati più blasfemi e infedeli di chiunque. Inutile dire che i politici di ogni partito, tranne quelli del partito islamico del Tehreek-e-Labbaik Pakistan (organizzazione semi-terroristica in realtà, ma in Pakistan il confine è labile) che invece al linciaggio ha partecipato con entusiasmo, si sono affrettati a condannare l’insano gesto con vuote quanto tiepide parole.
D’altra parte erano troppo impegnati a protestare contro la Svezia che si rifiuta di condannare chi strappa o brucia due pagine del Corano. Difatti gli unici due «partecipanti» al linciaggio su cui pende una denuncia sono le due vittime principali. Gli altri, gli assalitori, sono stati presi e rilasciati. Alcuni, mentre gli altri si sono volatilizzati. Le forze dell’ordine del Punjab, quelle stesse che una settimana dopo hanno portato in galera e massacrato di botte i membri del Pashtun Tahafuz Movement che chiedevano giustizia, sono d’accordo con la brigata di incendiari: la blasfemia (sempre e solo quella contro i musulmani di confessione sunnita) deve essere severamente punita. Pochi giorni prima delle chiese date alle fiamme, il Parlamento aveva approvato una mozione, l’ennesima, per inasprire le pene per i blasfemi, che nei casi più gravi rischiano la morte. Anche se un paio d’anni fa il Parlamento europeo aveva emanato una risoluzione che chiedeva la revisione dei rapporti commerciali con il Pakistan citando a motivo «l’uso allarmante delle accuse di blasfemia e l’incremento esponenziale degli attacchi contro giornalisti e attivisti». Perché la legge sulla blasfemia, in Pakistan, può essere adoperata contro chiunque e viene usata sia per risolvere liti tra vicini, appropriarsi della terra o delle case di parenti e conoscenti, sia per intimidire e ricattare avversari politici, attivisti, giornalisti, dissidenti.
Tra il 1987 e oggi più di duemila persone sono state accusate di blasfemia e molte, anche se accusate ingiustamente, sono state attaccate dalla folla inferocita o ammazzate a sangue freddo, perfino in tribunale davanti alla corte incaricata di giudicarle. Senza contare il capitolo dolente delle ragazze di altre confessioni religiose rapite, stuprate, convertite a forza all’Islam e poi costrette al matrimonio. Il fatto è che la deriva religiosa integralista è ormai una realtà consolidata e destinata semmai a peggiorare. Alle porte di Islamabad, la tomba dell’assassino dell’ex-governatore del Punjab Salman Taseer, ammazzato per aver parlato contro le leggi anti-blasfemia, è diventata meta di pellegrinaggi. E l’integralismo religioso viene adoperato dal Governo come le famigerate brioche di Marie Antoinette: l’economia è a pezzi, non ci sono posti di lavoro, un Governo di fantocci segue a un Governo di burattini tutti quanti manovrati dall’esercito e dai servizi segreti, i civili vengono giudicati da corti militari, la gente scompare e viene ritrovata morta ai bordi delle strade; giornalisti, professori e attivisti vengono prelevati, minacciati e ammazzati.
La popolazione comincia a mormorare o a cercare risposte? Invece che posti di lavoro, elezioni non truccate e libertà civili, regaliamogli una bella dose di fondamentalismo e mandiamoli a protestare. Non contro il Governo ma contro le minoranze religiose, che sono teste di ponte dei nemici alle porte. O contro l’Occidente islamofobico, colonialista e blasfemo che non soltanto si rifiuta di adeguarsi alle sacre e universali leggi della Sharia mandando a morte i vignettisti di Charlie Hebdo o chi brucia il Corano, ma che minaccia costantemente di tagliare i fondi al «Paese più pericoloso del mondo».