Contro chi attacca le donne

Nel Regno unito l’omicidio di Sarah Everard scatena un’ondata di proteste e manifestazioni che ambisce a cambiare la percezione e la risposta nei confronti della violenza di genere
/ 22.03.2021
di Cristina Marconi

Tira una certa aria di rivoluzione nel Regno Unito. In un Paese ancora intorpidito dal lungo lockdown, l’omicidio della trentatreenne Sarah Everard per mano di un poliziotto addetto alla protezione diplomatica ha scatenato un’ondata di proteste e manifestazioni, molto trasversali, che ambisce a cambiare una volta per tutte la percezione e la risposta nei confronti della violenza sulle donne. Nonché la condizione di sicurezza generale di una parte della popolazione che non vuole più sentirsi minacciata quando cammina per strada o fa cose normali.

Da quando, la sera del 3 marzo, Everard è scomparsa sulla strada di casa, mentre attraversava una zona ricca e ben illuminata della città verso le 21, è un’intera narrazione sulla violenza femminile che è stata rimessa in discussione in modo vigoroso e deciso: basta dare la colpa alle vittime e ai loro presunti comportamenti avventati, le strade sono di tutti ma sono ancora troppe le donne che raccontano di corse affannose per mettersi in salvo, di metri percorsi con le chiavi trasformate in un tirapugni e di messaggi mandati a parenti e amici per rassicurarli sul fatto che sì, hanno attraversato il portone, il pericolo è scampato, si può andare a dormire.

Come in un nuovo «MeToo», l’indignazione ha preso le mosse dalla tragedia di Sarah – ritrovata una settimana dopo in un sacco di quelli che usano i muratori, riconoscibile solo grazie alla dentatura e in condizioni tali da non permettere al momento di stabilire neppure la causa della morte – per raggiungere un obiettivo più generale. La ministra dell’Interno Priti Patel, unica donna con un posto importante nel Governo, è riuscita per la prima volta a sembrare quasi empatica e a redimere in parte la sua immagine di donna dura, ossessionata solo dai migranti e dalla Brexit. Mentre Cressida Dick, prima donna della storia a capo di Scotland Yard, ha visto il suo astro appannarsi per via di una gestione a dir poco controversa della veglia organizzata a Clapham Common, il parco della zona in cui è scomparsa Everard, per ricordare la donna.

Sebbene la manifestazione non fosse stata autorizzata, ha avuto la benedizione di una madrina d’eccezione come la duchessa di Cambridge Kate Middleton, giunta in forma privata (e senza mascherina, forse per essere certa che a nessuno sfuggisse quel gesto di rispetto) a deporre un mazzo di giunchiglie per la vittima di un crimine che le ha ricordato i tempi prima del matrimonio, quando anche lei aveva paura rientrando a casa la sera. In tutta la città e nel Paese i cortei distanziati sono andati avanti in modo pacifico, mentre a Clapham, poco dopo il tramonto, la situazione è degenerata e la polizia, per disperdere le manifestanti nel rispetto delle norme anti-Covid (allegramente disattese in molti altri luoghi della città per ragioni ben più futili e senza che nessuno intervenisse), ha agito in maniera brutale, strattonando e arrestando alcune donne le cui foto hanno poi fatto il giro del mondo.

Nei giorni successivi i cortei e le manifestazioni sono proseguiti e in nome di Sarah si è discusso di violenza domestica, di femminicidi e di tutto quello che rende la vita di una donna nel Regno unito (e non solo) ancora troppo diversa da quella di un uomo. Il premier Boris Johnson ha confermato la sua fiducia a Cressida Dick, ma ha prontamente risposto con alcune misure d’emergenza per migliorare l’illuminazione delle strade e aumentare la presenza di agenti, anche nei locali e nei pub. Soluzioni utili, soprattutto la prima, che però non colgono lo spirito di un movimento spontaneo che non vuole che in nome della sicurezza il Paese venga militarizzato (e non perché l’accusato dell’omicidio di Sarah sia un poliziotto), ma chiede che tutte le questioni culturali che circondano la violenza sulle donne siano affrontate, a partire dal fatto che le denunce restano spesso inascoltate o derise e che le vittime hanno paura a raccontare cosa è successo loro.

Sul «Times» Libby Purves, commentatrice di solito molto conservatrice, suggeriva anche agli sceneggiatori delle serie poliziesche di mostrare un po’ di creatività invece di proporre l’eterna trama della fanciulla ritrovata cadavere come punto di partenza delle indagini e quindi della storia. Nei giorni successivi alla scomparsa di Sarah, quando ancora c’era una flebile speranza di ritrovarla viva, i social network e i giornali si sono riempiti di testimonianze di donne che si sono riviste in lei e hanno ripensato a tutte le volte in cui hanno avuto abbastanza fortuna da fare quello che a lei non è riuscito: tornare illese a casa.

La fidanzata di Boris Johnson, Carrie Symonds, ha avuto un’esperienza terribile quando aveva solo 19 anni e, tornando a casa, si è imbattuta in John Worboys, un tassista che negli anni ha drogato e abusato di moltissime passeggere. I dati ufficiali dicono 12, la polizia sostiene che siano più di 100. Carrie, come le altre, ha creduto al tassista che, raccontando di aver vinto alla lotteria e di voler festeggiare, le ha offerto un drink, risvegliandosi il giorno dopo a casa sua senza nessuna memoria di quello che è successo. Quando nel 2018 l’uomo stava per essere rilasciato, ha testimoniato e ha raccontato la sua storia. Se neppure un taxi permette di stare tranquille, se un poliziotto non protegge e anzi è lui stesso l’aggressore, il problema da risolvere, sottolineano le migliaia di avvocatesse, studentesse, attiviste, politiche, donne provenienti da estrazioni diverse, è altrove, in una prassi e una mentalità che si fatica ad estirpare e che il Regno unito, in uno slancio progressista che non gli si vedeva da tempo, discute per superare.

Una rappresentante dei Verdi alla Camera dei Lords ha ripreso la famosa idea della premier israeliana Golda Meir, che davanti a una serie di omicidi di donne e alla proposta dei suoi ministri di imporre un coprifuoco per le donne, suggerì di ribaltare la logica e imporre ai maschi il coprifuoco. «Sono gli uomini che attaccano le donne, mica il contrario», osservò.