Con una rosa e tre garofani

Suffragio femminile - Gabrielle Nanchen è stata una delle prime undici donne elette in Consiglio nazionale. Dopo due legislature, la parlamentare socialista vallesana lasciò il parlamento. Il racconto di quella esperienza politica
/ 29.03.2021
di Luca Beti

È il 17 settembre 1979 e alla stazione ferroviaria di Berna, Gabrielle Nanchen spinge un carrello carico di valigie. Sulla schiena porta il figlio minore, Raphaël. È appena giunta nella capitale da Icogne, villaggio nel basso Vallese. La parlamentare parteciperà alla sua ultima sessione delle Camere federali. «Non ce la facevo più. Con tre bambini, uno di una decina di mesi, era davvero difficile conciliare la vita familiare con l’attività politica in Consiglio nazionale», racconta Gabrielle Nanchen, oggi 78enne. «Mi portavo il più piccolo a Berna. Durante le sessioni, lo lasciavo a una mamma diurna che abitava nei pressi del Wankdorf». Dopo otto anni e due legislature, Gabrielle Nanchen lascia la scena politica a livello nazionale. Vi era entrata a sorpresa nel 1971, l’anno in cui per la prima volta in Svizzera le donne poterono recarsi alle urne. Era una delle prime undici donne elette alla Camera del popolo.

Cresciuta nel canton Vaud, dove il suffragio femminile era stato introdotto nel 1959, Gabrielle Nanchen si interessa di politica fin dall’adolescenza. La visione all’età di quindici anni del film Sciuscià di Vittorio de Sica è una sorta di battesimo politico per lei. «L’immagine dei ragazzi lustrascarpe, costretti a vivere per strada, mi sconvolge profondamente. Decido di dedicare la mia vita ai più sfortunati», ricorda Nanchen, i cui nonni sono emigrati italiani. Studia all’Università di Losanna, diventa assistente sociale ed aderisce al Partito socialista. Con il marito Maurice Nanchen si trasferisce a Icogne, villaggio nei pressi di Crans-Montana in Vallese. Nel 1971, l’anno dell’introduzione del diritto di voto e di eleggibilità per le donne sul piano federale, il Partito socialista vallesano la inserisce sulla lista dei candidati al Consiglio nazionale. «Mi avevano assicurato che non avevo alcuna chance di elezione, che finita la campagna elettorale sarei tornata ad occuparmi dei figli», dice Nanchen. Una promessa che le urne non hanno però rispettato. Quella domenica d’autunno di cinquanta anni fa, la socialista Gabriele Nanchen viene eletta in Consiglio nazionale. È una sorpresa per il suo partito, per il Vallese, roccaforte democristiana, ma soprattutto per la mamma 28enne. Nanchen vuole rinunciare al seggio. Ha due figli piccoli a cui badare, uno di due, l’altro di un anno, non guida e vive a tre ore di treno da Berna. È il marito Maurice a convincerla. «Mi disse che dovevo accettare l’elezione, che non potevo tradire gli elettori e che si sarebbe occupato lui dei figli con l’aiuto di sua madre», spiega oggi l’ex parlamentare socialista. 

Lunedì, 29 novembre 1971 entra così per la prima volta nella sala del Consiglio nazionale a Berna. Gabriele Nanchen ricorda come se fosse ieri quel momento di mezzo secolo fa. Le riaffiorano alla memoria lo chemisier scuro e il foulard indossato per l’occasione, la timidezza e il disorientamento di fronte ai flash dei fotografi e alle videocamere. Ad attenderla sulla sua scrivania: tre garofani e una rosa. «Non ero però la prima donna ad accedere alla Camera bassa a Berna. Prima di me erano entrate le donne delle pulizie. Loro non erano però mai state accolte con dei fiori. Mi sono quindi detta che avrei lavorato per loro, per le fasce più deboli della popolazione», racconta Nanchen. 

Durante il suo mandato all’Assemblea federale ha proposto, per esempio, l’introduzione dell’età pensionabile flessibile, ha depositato un postulato per l’abolizione dello statuto degli stagionali, ha presentato un’iniziativa parlamentare per la politica familiare in favore dell’assicurazione maternità obbligatoria, dell’estensione del congedo maternità da 10 a 16 settimane e della protezione delle donne incinte contro la disdetta del contratto di lavoro. È una delle sue ultime battaglie politiche prima di abbandonare la Berna federale. 

«Non ero una forza della natura. Ero prossima al burnout», racconta Nanchen. «Durante le sessioni, a volte dovevo portarmi Raphaël, il figlio minore che allattavo in una stanza vicina alla sala dell’Assemblea federale. E così mi dovevo rivolgere a qualcuno affinché se ne occupasse mentre io mi presentavo sul podio degli oratori. A Palazzo federale non c’era un asilo nido e nemmeno oggi ce n’è uno. Un giorno lo affidai a René Felber. Quando sono tornata, li ho ritrovati che giocavano assieme», ricorda Nanchen con nostalgia l’ex consigliere federale recentemente scomparso. Era l’autunno del 1979. Due anni prima era stata eletta nel Consiglio di Stato vallesano, seggio che dovette però cedere ad Arthur Bender perché la Costituzione vallesana proibiva a persone provenienti dallo stesso distretto di sedere insieme in governo. Gabrielle Nanchen sarebbe stata la prima donna in Svizzera a entrare in un esecutivo cantonale. E così il canton Vallese ha dovuto attendere oltre trent’anni prima di avere una donna in governo. Nel 2009 sarà Esther Waeber-Kalbermatten a prendere simbolicamente il testimone di Gabrielle Nanchen. «Ho pianto quando ho lasciato Berna», ricorda oggi Nanchen. «Non ho però mai abbandonato la politica. Ho continuato a battermi per l’uguaglianza tra uomini e donne, ho pubblicato vari libri e sono sempre stata al fianco dei meno fortunati».