Presentando il bilancio 2016 della Confederazione, avevamo accennato alla possibilità che venisse rivisto il freno all’indebitamento, soprattutto nell’ottica di non utilizzare tutti gli utili dell’esercizio corrente per ridurre il debito pubblico. Essendo quest’ultimo sceso al di sotto dei 100 miliardi di franchi e quindi a soltanto il 15% del PIL, è probabile che nei prossimi mesi le discussioni su questo tema possano tornare a riaccendersi.
È anche vero che la Svizzera è particolarmente fortunata in questo campo, se la si confronta con altri paesi – per esempio quelli dell’Unione Europea – che spesso faticano a mantenersi sotto la soglia-limite del 60% del PIL. Ragione di più per non ridurre ulteriormente questo debito, ma di usare le eccedenze per altri scopi, che potrebbero essere il sostegno all’economia, alle istituzioni sociali e via dicendo.
In realtà lo strumento che permette una riduzione del debito non è tanto il freno alla spesa (in senso stretto), ma piuttosto il «Freno all’indebitamento», codificato nell’articolo 126 della Costituzione e accettato, in votazione popolare, nel 2011 con quasi l’85% di voti favorevoli ed entrato in vigore con il preventivo 2013.
Forse giova ricordare brevemente che lo scopo di questo «freno» è quello di equilibrare a lungo termine le entrate e uscite della Confederazione. Solo in caso di fabbisogno eccezionale gli importi possono essere aumentati, rispettando i limiti fissati dal «Freno alla spesa», previsti all’art. 159 (limiti alle spese e maggioranze parlamentari). Le uscite in eccesso devono essere compensate negli anni successivi.
Nell’applicazione di questi vincoli costituzionali, gli anni di esperienza maturati nel frattempo permettono di dire che il freno costituzionale è stato molto efficace e ha permesso perfino di diminuire il debito lordo della Confederazione.
In realtà il meccanismo imporrebbe al governo di accumulare gli avanzi d’esercizio in un conto di compensazione. Non si tratta però di un conto particolare, ma praticamente del margine a disposizione per eventuali interventi straordinari, senza incidere sull’aumento del debito. Per questo la diminuzione del debito lordo, in caso di bilanci attivi, corrisponde al citato margine di manovra. E – sempre in applicazione dello stesso principio – il governo deve fare in modo che – a preventivo – le uscite non superino le entrate.
Ma questo non avviene quasi mai. In realtà una gran parte dell’avanzo d’esercizio consiste quasi sempre in crediti non utilizzati. Secondo l’amministrazione federale delle finanze, questo fenomeno si ripeterà anche nei prossimi anni, per un importo di circa un miliardo di franchi ogni anno. Perciò una maggioranza dei consiglieri federali vorrebbe poter utilizzare questi soldi per altre opere, il che non sarebbe contrario all’articolo costituzionale, ma manca tuttora di un’apposita legge. Di fronte alle resistenze (in particolare del Dipartimento finanze) è quindi stato costituito un gruppo di lavoro esterno con l’incarico di esaminare la possibilità di un allentamento del «freno». In particolare di valutare la possibilità dell’uso delle eccedenze di bilancio da un punto di vista economico.
Vi potrebbero essere tre possibilità. Non cambiare nulla dal momento che la regola non ha avuto finora effetti importanti sull’economia e la riduzione del debito lordo apre comunque spazi per eventuali interventi straordinari. Oppure, senza cambiare le regole, continuare a ridurre il debito fino a zero e poi costituire capitale proprio. Da un punto di vista economico non si può dire quale livello di debito sia ottimale. Il debito della Confederazione è comunque già molto basso. Si potrebbero quindi correggere di volta in volta avanzi o disavanzi. La decisione è prettamente politica. In terzo luogo, considerato che una riduzione del debito non è obbligatoria, è bene che la Confederazione si preoccupi dei grossi problemi che si dovranno affrontare, soprattutto a causa dell’invecchiamento della popolazione e della salute. La riduzione del debito a zero potrebbe durare un secolo, ma i grossi problemi si presenteranno fra 30 o 40 anni e il freno all’indebitamento non può risolverli. Per cui costituire oggi riserve per casi estremi sembrerebbe giudizioso. È la risposta che daranno gli esperti nel rapporto?