Come definire cos'è essenziale?

Situazioni di emergenza, come ora durante la pandemia, non giustificano provvedimenti che privilegino alcune ma non altre attività economiche
/ 23.11.2020
di Edoardo Beretta

Non vi sono dubbi che gli attuali siano tempi eccezionali, che abbisognino di misure fuori del comune: fra queste, sono anche già solo l’uso assiduo della mascherina di protezione, il distanziamento sociale e le misure igieniche in vigore. Se sulla necessità di proteggersi per proteggere (anche laddove non vi sia un obbligo, ma solo un invito) non si può transigere, l’essere umano pare non tenere più nel giusto conto il rispetto, il timore o la consapevolezza nei confronti di una minaccia non troppo latente com’è il rischio d’infezione: l’essere animale, invece, ancora fugge non appena si senta esposto ad un pericolo. Sul perché dell’avere perso la sensibilità all’ascolto del proprio istinto più profondo (cioè di proteggersi dinanzi alla minaccia) ritengo che sia opportuno interrogarsi non appena la situazione contingente finirà. E finirà perché già Eraclito insegnava fra il V e VI secolo a. C. che panta rhei (cioè «tutto scorre»).

Ciò che contraddistingue l’essere umano è, però, un’altra caratteristica: il concetto di «bisogno». Quest’ultimo – mi riferisco ad Abraham Maslow (1954) – nasce come «fisiologico» (ad es., mangiare, bere, respirare etc.), diviene «di sicurezza», si sviluppa in «appartenenza» per poi raggiungere i suoi livelli più elevati, cioè di «stima» ed «autorealizzazione». In altri termini, l’individuo ambisce ai gradini più alti all’interno di tale piramide dei bisogni, dando invece quelli di base per acquisiti. Ed ha ragione a comportarsi in tal modo. Traducendo in chiave economica: la composizione del PIL si è nel corso dei decenni evoluta vedendo emergere alcune voci al suo interno (in special modo, i servizi) a svantaggio di altre. Significa, forse, che le une sono più importanti o più degne di essere perseguite delle altre? Nossignore.

Peccato, però, che la pandemia da SARS-CoV-2 abbia spinto e spinga i policymaker (fra cui politici, esperti di sanità etc.) di ogni dove dapprima a sconsigliare, poi a vietare attività economiche ritenute «non essenziali» e spostamenti se non per ragioni «urgenti», reintroducendo in epoche di pace il concetto di coprifuoco. L’Italia, fra i primi Paesi al mondo ad avere deliberato a marzo 2020 il lockdown nazionale con chiusura unilaterale dei confini nazionali ed obbligo di autodichiarazione per gli spostamenti, docet in tal senso. Ma anche la Germania, con la Cancelliera Angela Merkel che pronunciava il 17 ottobre 2020 il seguente appello alla Nazione, non è da meno: «Incontratevi con un numero decisamente inferiore di persone – indipendentemente che siate a casa o fuori. Vi prego: rinunciate a qualsiasi viaggio, che non sia davvero ed obbligatoriamente necessario, ad ogni festa, che non sia davvero ed obbligatoriamente necessaria. Vi prego di rimanere – ogniqualvolta ciò sia possibile – a casa presso il vostro luogo di residenza»2.

Se vedere folle di persone festanti, assembrate o incuranti del pericolo sia ben più che inopportuno e debba essere sanzionato, è il messaggio di fondo ad essere inquietante. Che cos’è «essenziale» in una società postindustriale da bisogni e necessità articolati ed interconnessi? Ad esempio, è davvero necessario concedersi questo o quell’altro acquisto? E, poi, perché permettersi spese ulteriori rispetto a quelle alimentari o di sostentamento? Per quale ragione si dovrebbe, poi, investire in settori dell’economia e professionalità laddove contribuiscano sempre meno al PIL? E perché non dedicarsi al solo essenziale nel proprio quotidiano, tralasciando tutto il resto non strettamente necessario alla sopravvivenza? Ciascuna risposta, che ciascun lettore potrebbe formulare, implicherebbe giudizi di valore che sono risaputamente soggettivi. In altre parole, chi definisce il concetto di «essenzialità» da un punto di vista economico-sociale sta già incasellando un’attività economica (e le figure professionali lì impiegate) in base ad un giudizio potenzialmente arbitrario e, quindi, discriminatorio.

Se è vero (come è vero) che ogni attività economica contribuisca per la sua parte – piccola o grande – al PIL e vi siano figure come le/i casalinghe/i che non percependo un salario non vi rientrano (sebbene la loro funzione sia essenziale per l’economia domestica), deve esserlo anche il rispetto spettante a ciascuna di esse. Ritenere che un’attività sia «più essenziale» di un’altra – anche solo, reinterpretando il discorso della Cancelliera, un viaggio di lavoro non rinviabile rispetto ad una visita ad un proprio caro – e vietarla per un periodo di tempo anche solo circoscritto è dirigismo inopportuno nei confronti degli individui. Anche in tempi eccezionali, che si collocano – pur sempre – nel XXI Secolo.

Note

1. https://datacatalog.worldbank.org/dataset/world-development-indicators.
2. Traduzione propria sulla base di: https://www.bundeskanzlerin.de/bkin-de/mediathek/bundeskanzlerin-merkel-aktuell/podcast-coronavirus-1799292.