Come affrontare la crisi energetica

Non bastano le fonti interne, si dovrà importare. Le industrie pensano a una parziale soluzione interna, appare però sempre più necessario un accordo a livello europeo
/ 29.08.2022
di Ignazio Bonoli

La fine dell’estate e le previsioni di un inverno difficile stanno inducendo alcuni paesi europei a prevedere misure particolari per evitare pericolosi cali dei normali approvvigionamenti. Si pensa soprattutto alle fonti energetiche, ma in alcuni casi anche ai problemi alimentari. In Svizzera, il Consiglio federale ha presentato mercoledì scorso le linee del suo piano di risparmi, strutturato in quattro fasi, ma prima di entrare nei dettagli attende di sentire le reazioni di Cantoni, mondo economico e associazioni, nella prossima consultazione, per prendere eventuali decisioni di sua competenza. Un attendismo che suscita parecchie critiche e induce qualche cantone a pensare seriamente alle proprie prospettive.

Tra essi, il Canton Grigioni è stato uno dei primi a muoversi e preparare un piano d’emergenza nel caso in cui alcune fonti energetiche venissero a mancare, in tutto o in parte. Lo stesso Consiglio federale non manca comunque di prepararsi al peggio. Così ha già ventilato possibili soluzioni per l’importantissima, in Svizzera, energia elettrica: tra queste spicca l’intenzione di produrre energia elettrica anche con centrali a petrolio, soprattutto nel caso in cui venisse a mancare un’adeguata fornitura di gas. Resta da definire se anche le economie private potrebbero essere obbligate a ridurre il consumo, in una fase acuta di carenza di gas.

In tutti gli scenari possibili appaiono due misure indispensabili. Da un lato garantire a tutti un minimo di fornitura, dall’altro attuare misure di risparmio, più o meno pesanti, nei consumi di energia. Misura quest’ultima che potrebbe trovare soluzioni immediate efficaci: dall’interruzione delle forniture per alcune ore a misure come quelle di evitare eventi sportivi di notte.

In risposta ai numerosi appelli, giunti un po’ da tutte le parti, il capo del Dipartimento federale dell’economia ha precisato che in caso di necessità il governo è pronto a intervenire e punterà in primo luogo su una riduzione dei consumi. Nel contempo prevede però anche la soluzione di «centrali di riserva» per una produzione di 300 megawatt, in pratica pari alla produzione della centrale nucleare di Mühleberg, nel frattempo disattivata.

Vi è però un settore importante dell’economia che potrebbe trovarsi di fronte alla decisione di chiudere l’attività. È quello delle industrie con elevati consumi di energia. Una chiusura di queste attività per mancanza di energia potrebbe avere ripercussioni pesanti su tutta l’economia: dalle forniture al mercato interno, alle esportazioni, dal mercato delle sottoforniture a quello del lavoro.

Le stesse cifre dei consumi di energia la dicono lunga sull’impatto che queste attività hanno su tutta l’economia. La quota dell’industria sul consumo di gas in Svizzera è del 34,3%, quella sul consumo di elettricità è del 29,9%. Gli industriali interessati sono stati allarmati da notizie trapelate da Berna, secondo le quali le attività industriali sarebbero le prime a dover ridurre i consumi, soprattutto in inverno. Anche la ventilata sostituzione di impianti a gas con centrali a petrolio ha suscitato qualche perplessità. La proposta si basa sul fatto che la Svizzera dispone di riserve di petrolio sufficienti, ma non di gas, e di elettricità almeno a breve o media scadenza.

Tra le molte proposte che sorgono a vari livelli, quella recente degli industriali appare degna di nota. È quella di creare una piattaforma in internet, dedicata ai grandi consumatori di energia. In casi di penuria le aziende possono usare questa piattaforma per chiedere energia disponibile presso altre aziende, compresi per esempio contingenti al momento non utilizzati. La piattaforma dovrebbe essere in funzione già a partire da metà settembre.

Secondo il vice-direttore di Swissmem, l’associazione delle industrie metal-meccaniche, sono centinaia le aziende che potrebbero utilizzare questa possibilità. Anche secondo economiesuisse con questo mezzo si possono affrontare meglio eventuali crisi, riducendo al minimo i danni. All’operazione partecipa anche l’associazione delle industrie chimico-farmaceutiche. Così facendo si potrà affrontare meglio un obiettivo generale del Consiglio federale che potrebbe imporre, per esempio, una riduzione dei consumi all’80%. Riduzione che per alcune aziende potrebbe essere sopportabile, ma per altre provocare grossi danni. Scopo della piattaforma è proprio quello di evitare queste situazioni acute.

Il funzionamento della piattaforma prevede già i molti dettagli dell’organizzazione e tanto il Consiglio federale quanto i fornitori di energia considerano una buona cosa questo tipo di pooling. La struttura è semplice, i costi sono ridotti e il finanziamento viene assicurato dalle aziende interessate, inoltre la rete di distribuzione è garantita per tutto il territorio svizzero.

È però evidente – e tutti se ne rendono conto – che la Svizzera non può vivere a lungo in un regime di quasi autarchia. Le fonti rinnovabili non basterebbero a coprire eventuali lacune di produzione e anche la produzione con centrali nucleari ha molti limiti. In realtà la crisi energetica sta appena cominciando e si prevede che potrebbe durare a lungo, con prezzi dell’energia alle stelle. Nel contempo dovrà continuare anche il progressivo abbandono delle energie da materiali fossili. Nel frattempo la Svizzera non ha seguito correttamente, in misura adeguata, le idee, nate da tempo, di un miglioramento energetico nelle costruzioni, oppure lo sviluppo dell’energia solare, o anche quello di tecnologie per il riscaldamento a distanza o per le pompe-calore.

Sul piano politico non si può dimenticare che tutti gli investimenti a livello svizzero avranno costi tali per cui si potrà perdere buona parte della odierna concorrenzialità internazionale. In altri termini, per conservare la nostra posizione economica (e anche politica) non potremo far a meno di ricorrere a importazioni di energia, in particolare dall’Europa, che nei suoi acquisti avrà un potere contrattuale superiore al nostro.

Non possiamo pensare a un sufficiente approvvigionamento in energia senza contare su una stretta collaborazione con l’Europa. Basterebbe, infatti, una indisponibilità di una delle nostre centrali nucleari per creare grossi problemi di rifornimento. Problemi risolvibili soltanto con l’importazione di energia dai paesi vicini. Da qui la necessità di concludere al più presto un accordo di scambio di energia con l’Unione Europea, magari a complemento e perfezionamento dell’accordo sull’energia elettrica, che sta incontrando parecchie difficoltà.