Il Credito Svizzero ha recentemente pubblicato il suo ottavo rapporto sulla ricchezza mondiale, nel quale fornisce delle stime sulla sua entità, la sua crescita, la sua distribuzione tra aree geografiche e tra individui, e la sua composizione. Vale la pena riportare alcuni dei dati forniti dall’istituto bancario e riflettere su qualcuna delle loro implicazioni economiche.
In via preliminare occorre chiarire che il rapporto si occupa della ricchezza posseduta dalle famiglie, non dalle imprese o dagli enti pubblici. I dati riportati sono quelli che entrerebbero nei bilanci familiari, sommando da una parte tutti i beni reali (principalmente la casa) e finanziari (dal contante ai titoli, inclusi i crediti nei confronti delle casse pensione private ma non delle pensioni pubbliche) al valore che avrebbero se venduti, e detraendo dall’altra tutti i debiti individuali. I dati sono calcolati in dollari USA per avere un’unità che permetta dei confronti; l’ovvio svantaggio è che il cambio della moneta americana rispetto alla valuta locale fluttua nel corso del tempo, così che per effettuare dei paragoni nazionali adeguati occorre tenere conto dell’apprezzamento o deprezzamento monetario. L’inclusione dei debiti costituisce un’ambiguità: da un lato un debito diminuisce la ricchezza degli individui, ma dall’altra inietta domanda sui mercati finanziari, elevando il valore dei titoli, quindi facendo crescere la ricchezza di altri. Di questi due aspetti i ricercatori sono consapevoli.
Non discutono invece il carattere effimero di una parte delle ricchezza, in particolare quella finanziaria. La ricchezza detenuta sotto forma di titoli è valutata in base al valore che i titoli avrebbero se venduti. Ma se tutti (o anche solo molti) vendessero i titoli per trasformare la propria ricchezza in denaro liquido (cosa che accade in occasione delle crisi finanziarie), il loro valore diminuirebbe in modo considerevole. Naturalmente la difficoltà diventa evidente nei dati concernenti la crisi del 2008, quando appunto il valore dei titoli e delle case è crollato portando a perdite per 28 mila miliardi di dollari (per recuperarli sono stati necessari 5 anni), ma non possiamo dimenticare che parte del valore registrato nel rapporto dipende dalla possibilità di vendere i titoli ai prezzi di listino, senza perdite. Il problema è serio in quanto la componente più pesante della ricchezza mondiale è in forma finanziaria: nel 2000 la componente finanziaria costituiva il 56% della ricchezza totale; la quota è scesa al 50% durante la crisi, per poi risalire al 54%. Buona parte della crescita di ricchezza dopo la crisi è attribuibile alla finanza, mentre la crescita della ricchezza non finanziaria è stata praticamente nulla fino al 2016, per diventare positiva solo nella prima parte del 2017.
I ricercatori distinguono due periodi per la crescita della ricchezza di principio millennio. Tra il 2000 e il 2007, a livello globale la ricchezza media (calcolata non sulla popolazione totale, ma sulla popolazione adulta) è aumentata del 9,5% all’anno, è diminuita del 12,6% nel 2008, e in seguito è cresciuta ad un passo più lento, del 3,8% annuo, con il 2017 caratterizzato da una crescita più elevata della media degli ultimi anni (6,4%). Il totale della ricchezza mondiale è ora di 280’000 miliardi, che corrispondono a una media di 56’000 dollari per adulto, il livello più alto mai raggiunto.
Naturalmente questa ricchezza non è distribuita uniformemente – ed è qui che il rapporto diventa veramente interessante. Esso evidenzia infatti le differenze nel livello e nella ripartizione delle ricchezze tra aree geografiche, tra individui, e tra classi di età. Dal punto di vista geografico, come era facile aspettarsi, l’area in cui si detiene la maggiore fetta di ricchezza è l’America del Nord, con una media di 375’000 dollari per adulto, seguiti dall’Europa (131’000 dollari), con l’Africa come fanalino di coda (4’000 dollari). Tra i paesi individuali, la Svizzera è di gran lunga la prima in classifica, con 537’600$ per adulto, seguita dall’Australia (402’600$) e dagli USA (388’600$). Anche all’interno di queste grandi aree ci sono disparità. Ai margini dell’Europa, per esempio, ci sono alcuni paesi con una ricchezza pro capite appena superiore alla media africana: Bielorussia, Moldavia e Ucraina.
La distribuzione della ricchezza per classi di età porta una conferma di quanto già si sospettava. In generale, i giovani hanno meno ricchezza delle generazioni più anziane, per il semplice fatto che hanno avuto meno tempo per accumularne. Tuttavia, i ricercatori del Credito Svizzero mostrano che la «generazione Y», o dei «Millennials» – i giovani nati negli ultimi 3 lustri del Ventesimo secolo – è la prima generazione da anni ad avere condizioni e prospettive peggiori di quella dei propri genitori. A questo hanno concorso diverse circostanze. In primo luogo la crisi del 2008, che da una parte ha annullato una rilevante fetta di ricchezza e dall’altra è stata seguita da anni con disoccupazione e crescita molto ridotta, sia dei redditi che dei patrimoni. In secondo luogo, la crescita dei prezzi delle case ha inciso sulla possibilità dei giovani di accedere a questo mercato. Inoltre in molti paesi occidentali sono cresciute enormemente le rette delle università e/o sono diminuiti i sussidi, causando un incremento dei debiti contratti per gli studi – debiti che sono diventati un problema molto serio negli USA e nel Regno Unito, ma in misura minore anche altrove. I «Millennials» hanno anche più difficoltà ad accedere ai piani di previdenza pensionistica privati. Infine, i giovani pagano inoltre anche il fatto che i baby boomers sono al picco della loro carriera e occupano i migliori posti disponibili, sia in termini di occupazione che di alloggio.
I dati più interessanti, comunque, riguardano la distribuzione della ricchezza tra individui. Nonostante il patrimonio medio per adulto sia di 56’600$, vi sono differenze enormi tra i più ricchi e i più poveri. Un modo di illustrare questa condizione è tramite la piramide della ricchezza illustrata in figura (p. 21 del rapporto). La rappresentazione considera 4 classi di patrimonio: coloro che hanno meno di 10’000$; tra 10’000 e 100’000$, tra 100’000 e 1 milione; e più di un milione. La fascia più povera include quasi 3 miliardi e mezzo di adulti, il 70% della popolazione mondiale; il loro patrimonio complessivo è di 7600 miliardi di dollari, cioè il 2,7% della ricchezza del pianeta. La fascia medio-bassa (quella che include la media mondiale) con un patrimonio tra 10 e 100 mila dollari, include un miliardo di persone adulte (21% della popolazione mondiale), che complessivamente detiene l’11% della ricchezza.
L’8% della popolazione adulta (391 milioni di persone) ha un patrimonio tra 100’000 dollari e un milione, e controlla il 40% della ricchezza mondiale. In cima alla piramide, lo 0,7% della popolazione mondiale possiede il 46% della ricchezza complessiva.
Detto in altri termini: il 10% della popolazione mondiale adulta detiene l’88% della ricchezza; di questi, l’1% più ricco controlla da solo metà della ricchezza mondiale – cioè, è più ricco del rimanente 99%. Spingendo ancora oltre, considerando l’intera popolazione mondiale e non solo quella adulta, Oxfam (una organizzazione non governativa inglese) poggiando sui dati del Credito Svizzero e sulla lista di Forbes dei maggiori patrimoni al mondo giunge alla conclusione che gli otto uomini più ricchi al mondo posseggono più ricchezza della metà più povera dell’umanità.
In questo campo, i ricercatori osservano che la Svizzera è, tra tutti i paesi per cui si dispone di lunghe serie di dati, l’unico in cui non si è avuta una significativa riduzione nella disuguaglianza tra le ricchezze nel corso dell’ultimo secolo. Dalle stime del mensile «Bilanz» (novembre 2017), le 300 famiglie più ricche della Svizzera dispongono di un patrimonio di 673 miliardi di franchi (quasi un decimo dei quale è controllato delle 10 persone più ricche), più del PIL nazionale del 2016. Questo significa che neanche se tutta la nazione lavorasse per un anno intero senza mangiare potrebbe accumulare un patrimonio pari a quello già nelle mani di 300 persone.
Queste diseguaglianze sono difficili da giustificare su una base etica: come sottolineava recentemente Elena Granaglia nella sua relazione al Festival dell’Economia organizzato lo scorso novembre dalla Scuola Cantonale di Commercio, non si può certo spiegarle esclusivamente in base a criteri di merito. Eppure hanno implicazioni importanti sul funzionamento del sistema economico: da un lato, ampie ricchezze accumulate in mani private non portano necessariamente ad investimenti nell’economia reale (tanto che la componente finanziaria della ricchezza è maggioritaria rispetto alla componente non finanziaria); e, dall’altro, la bassa quota di ricchezza a disposizione delle classi più povere ne limita i consumi, che sono il principale motore della domanda di beni e servizi (Riccardo Realfonzo, nella medesima occasione). La tendenza recente non è, del resto, quella di limitare l’accumularsi di ricchezza in poche mani, ma al contrario quella di ridurre le imposte sui capitali e di successione (come sottolineato da Francesco Figari, sempre alla SCC), favorendo così ulteriormente la crescita del divario.
Riferimenti
Il Global wealth report pubblicato dal Credit Suisse Research Institute (ottava edizione) è disponibile sul sito della società bancaria, https://www.credit-suisse.com/corporate/en/research/research-institute/global-wealth-report.html
Il rapporto della Oxfam, An economy for the 99%, è disponibile sul loro sito, https://www.oxfam.org/en/research/economy-99
La lista dei miliardari di Forbes è accessibile a https://www.forbes.com/billionaires/list/
Il numero di «Bilanz» sui 300 più ricchi in Svizzera si può leggere su https://www.bilanz.ch/people/300-reichste/300-reichste-wo-milliarden-sich-erheben
La documentazione relativa alle relazioni al Festival dell’Economia (novembre 2017) sarà resa disponibile su https://www.festivaldelleconomia.ch