Che cosa resta di quel sogno?

Il Paese che verrà – Nell’America profonda l’odio per Washington e le élite cavalcato da Trump continuerà a esistere
/ 07.12.2020
di Lucio Caracciolo

Trump continua a strepitare contro il voto rubato, e a forza di ripeterlo ci crederà davvero. Non ci credono però molti dei suoi collaboratori, che già riempiono i cartoni con cui riporteranno a casa oggetti e carte personali, in vista dell’ingresso dell’amministrazione Biden, dal 20 gennaio incaricata di guidare l’America.

Troppo presto per liquidare Trump e il trumpismo. Il presidente spodestato già pensa a ricandidarsi nel 2024. Nel frattempo, preparerà il terreno rendendo la vita impossibile al successore, vedremo quanto seguito dal partito repubblicano, non tutto suo. Il trumpismo però non finisce qui. Perché il caso del presidente più peculiare della storia americana, che molti amano classificare folle, non è casuale. Anzi. È riflesso di qualcosa di profondo che da tempo si muove nella pancia della nazione e che si è reso visibile a chi voglia davvero vederlo.

Più che dai pensosi saggi di politologia o di sociologia, lo spirito del tempo si legge dai romanzi, dai film, dall’arte in genere. C’è un testo fondamentale per capire il trumpismo, sotto forma di romanzo-realtà. Lo ha scritto, alla vigilia della discesa in campo di The Donald, un allora oscuro giovanotto della povera Rust Belt, l’ex cuore industriale dell’America, oggi epicentro dei terremoti politici e sociali che scuotono la nazione indispensabile. Si chiama J.D. Vance, ha appena scavallato i trent’anni e già è una celebrità. Grazie al suo Hillbilly Elegy, uscito nel 2016, tradotto in italiano come Elegia Americana (Garzanti 2020), appena virato in film diffuso da Netflix, con Glenn Close in strepitosa forma.

Qui si narra della vicenda dell’autore, rampollo di una impoverita non-famiglia di origine irlandese-scozzese, popolazione che dal Settecento s’è installata nella vasta regione dei monti Appalachi. Cuore fiero e rude del Sogno Americano, ceppo preferito dalle Forze armate per l’inclinazione alla violenza e al sacrificio. Vance traccia la parabola delle classi medio-basse un tempo esemplari del Sogno Americano, ovvero dell’idea che a quelle latitudini tutti possano aspirare alla realizzazione di se stessi, nobilitando il proprio talento. Visione progressista della nazione a stelle e strisce, celebrata dai fondatori, ripresa dalla letteratura e dalla filmografia americana – il paradigma è il Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald (1925).

Che cosa resta oggi di quel sogno nei Monti Appalachi e più in genere nell’America profonda, l’enorme distesa territoriale che le carte elettorali hanno assegnato al rosso repubblicano, incastonato fra il blu democratico delle coste atlantica e pacifica, dove brillano tuttora, un poco fanées, le stelle New York e Los Angeles? Non molto. Pesa la deindustrializzazione, prodotto della globalizzazione, ovvero dello spostamento di gran parte della manifattura americana oltreoceano, specie nella Cina eretta ormai a rivale assoluto. Alla decadenza economica s’accompagna un senso di deprivazione e di tristezza. Sfilacciamento delle legature sociali, rabbia verso il governo federale, accusato di favorire le minoranze di colore, e verso l’intellettualità liberal, che quei bianchi sporchi brutti e cattivi guarda dal molto alto in basso.

Il racconto di Vance spiega come l’odio per Washington e per le élite di Wall Street, cavalcato fino a ieri con successo da un tycoon newyorkese, sia profondo, radicato, destinato a scatenare scontri e confusione nell’America in crisi d’identità. Il fossato che divide i Vance dalle élite è sempre più ampio, difficilmente colmabile. Scontro di culture. E di classi.

Come potrà riflettersi questo sul modo in cui l’America si affaccerà al mondo, dopo Trump? Al di là del cambio di stile e d’intenzioni, garantito da Biden, la sostanza cambierà? O forse qualcuno penserà di scaricare l’elettricità che minaccia la coesione interna verso l’esterno, in avventure militari, magari contro la stessa Cina? Presto per dirlo. Ma la slavina avanza, e tornare indietro è impossibile.