C’è posta per Francesco

Missiva di Kim Jong-un – Il 18 ottobre il presidente sudcoreano consegnerà al Papa, in Vaticano, una lettera autografa del suo omologo nordcoreano con la proposta di visitare la Corea del Nord
/ 15.10.2018
di Lucio Caracciolo

«Papa Francesco  è profondamente interessato a costruire pace e prosperità nella Penisola Coreana. Che ne diresti di invitare il papa a Pyongyang?». Così il presidente sudcoreano Moon-Jae-in si rivolse al leader nordcoreano Kim Jong-un durante il loro terzo incontro al vertice, svoltosi in settembre a Pyongyang. «Se il papa vorrà venire qui, lo accoglieremo a cuore aperto», la risposta del capo della Corea del Nord. Il quale chiese al collega del Sud di sondare il terreno. Detto fatto. Il 18 ottobre Moon-Jae-in consegnerà a Francesco, in Vaticano, una lettera autografa del collega di Pyongyang con la proposta di visitare la Corea del Nord, assicurando che l’accoglienza sarebbe calorosa.

Qualcosa di notevole sta accadendo nell’Asia del Nord-Est. Fino a ieri immaginare un dialogo così disteso e concreto fra i capi delle due Coree sarebbe stato impensabile, ancora meno si sarebbe scommesso su un invito del regime nordcoreano al romano pontefice di visitare Pyongyang, anche se un tentativo del genere, sfumato sul nascere, venne abbozzato dal padre di Kim Jong-un.

Esaminiamo i due scenari separatamente.

L’apertura di dialogo fra le due Coree, possibile dopo l’avvento di Moon alla guida dell’esecutivo di Seul, è figlia di una crisi e di un’avventura. La crisi venne alla luce lo scorso anno, quando Trump annunciò che il programma nucleare militare nordcoreano stava facendo passi da gigante, come dimostrato anche dai ripetuti lanci missilistici, palesemente provocatori e ostentativi. Secondo diversi esperti e dirigenti americani, il regime di Pyongyang era vicino alla possibilità di colpire con un missile balistico munizionato con testata nucleare quasi ogni punto del territorio statunitense, di sicuro le basi nel Pacifico, Guam su tutte. Dopo una aspra discussione interna all’amministrazione e negli apparati di Washington, in cui si esaminarono varie opzioni offensive, tra cui quella dell’attacco preventivo, concludendo che erano troppo rischiose, Trump decise di tentare il grande colpo mediatico, incontrando Kim Jong-un a Singapore. Grandi sorrisi e strette di mano, sostanza poca o nulla. L’idea di una spontanea e totale denuclearizzazione della Corea del Nord non pare realizzabile, almeno nei prossimi anni. Eppure un filo di dialogo – o di moine reciproche, a scopo pubblicitario – fra Washington e Pyongyang resta teso.

Ma la conseguenza più immediata della relativa distensione nei rapporti Usa-Corea del Nord è il riavvicinamento fra le due Coree, parallelo al loro allentamento dei vincoli con i rispettivi grandi alleati e «protettori», Pechino e Washington. Di più. Fra Moon e Kim si è stabilito un ottimo rapporto personale, che è riflesso in gesti simbolici e progetti economico-commerciali e infrastrutturali destinati a integrare le due Coree. L’ipotesi della riunificazione coreana non è più solo utopia. Non è certo per domani, ma altrettanto sicuramente forze decisive, nelle due capitali, lavorano per questa prospettiva di lungo termine. Una Corea unificata cambierebbe i rapporti di forza nell’Asia intera. Sicché gli attuali primattori della scena asiatica – dalla Cina al Giappone oltre che naturalmente agli Usa – non la vedono di buon occhio.

Il secondo aspetto riguarda il ruolo della Santa Sede. Papa Francesco e i suoi collaboratori, in testa il segretario di Stato Parolin, seguono molto da vicino l’evoluzione dello scenario coreano. E hanno favorito nei modi loro consueti – ovvero assai discreti – la ripresa del dialogo intercoreano come di quello fra Washington e Pyongyang. Tanto è vero che la visita in Vaticano comprenderà una messa in San Pietro per la pace in Corea, celebrata da Parolin alla presenza di Moon. La comunità cattolica in Corea del Sud è molto vivace, mentre di quella nordcoreana si sono perse le tracce, perché in quel Paese l’unica religione ammessa e praticata riguarda il culto della regnante dinastia Kim. A cominciare dal fondatore Kim Il sung, eretto a «eterno leader».

Inoltre, l’annuncio dell’invito di Kim jong-un al papa segue di pochi giorni la notizia dell’accordo fra Repubblica Popolare Cinese e Santa Sede sulla possibilità per i cattolici di professare più o meno liberamente la loro fede sul suolo cinese. Un’intesa di cui non esiste testo scritto, ma che apre comunque la strada a una (molto?) futura visita del papa in Cina. Di fatto è come se Kim avesse voluto mettere il bastone fra le ruote al riavvicinamento fra Pechino e Roma, confermando così il suo crescente dissidio con Xi Jinping. Il papa certamente non andrà a Pyongyang prima di essersi spinto a Pechino, se mai potrà. Insomma, i pezzi del puzzle nordasiatico sono in movimento, sullo sfondo della grande sfida fra Usa e Cina per il primato mondiale.