Cash russo per Maduro

Russia-Venezuela – Mosca insieme alla Cina si sta mangiando l’economia venezuelana e il petrolio di Pdva è il boccone più ambito
/ 04.12.2017
di Angela Nocioni

La militarizzazione della dirigenza politica del Venezuela è ormai completa. Il presidente Nicolás Maduro, non appartenente alla casta militare (è un ex autista della Metro di Caracas) e anche per questo guardato con diffidenza dai generalissimi venezuelani, ha nominato Manuel Quevedo, capo di stato maggiore della Guardia nazionale, a capo di Petróleos de Venezuela, l’impresa pubblica del petrolio che controlla le riserve di greggio più ricche del mondo. Quevedo è anche ministro dell’Energia, il che concentra nelle sue sole mani un potere gigantesco perché il 90 per cento delle entrate in dollari venezuelane dipende dal settore energetico.

E mentre Pdvsa, come ex gioiello di Stato, annuncia pomposamente di aver «iniziato a rimborsare 233 milioni di dollari di interessi su due obbligazioni vicine alla scadenza, giorni prima della fine del periodo di 30 giorni di grazia» cercando così di seppellire i timori internazionali di un default sostanziale del Paese, indebitato per oltre 150 miliardi di dollari con l’estero – debito impossibile da saldare e in gran parte in mano a Cina e Russia che riscuotono a rate comprandosi a prezzi stracciati quel che resta di produttivo in Venezuela – il presidente della società nazionale di pediatria, Huniades Urbina, fa sapere che nell’ultimo mese sono morti 7 bambini per denutrizione.

Sono sedici i minori morti di fame da gennaio. Una cifra folle nell’ex «Venezuela saudita», uno dei paesi più ricchi del mondo. «Con la crisi che abbiamo per la scarsità di cibo, la gente sta mangiando meno, i piccoli mangiano porzioni piccole, con una qualità di proteine bassissima, ed è questo che sta producendo l’aumento dei casi di malnutrizione». Emblematico è il caso dell’ospedale J.M. de los Ríos di Caracas, il miglior centro pediatrico venezuelano. Nell’ospedale è stato registrato un aumento del 30 per cento mensile dei casi di denutrizione di diverso tipo, leggera o severa, durante gli ultimi due anni. Secondo un’inchiesta svolta dalla Caritas locale in 32 località tra le più povere la malnutrizione nei bambini fra 0 e 5 anni è aumentata dal 54 al 68 per cento fra l’aprile e l’agosto scorsi.

L’opposizione venezuelana ha intanto accettato di riprendere il dialogo con il governo, in corso a Santo Domingo. Esponenti dell’opposizione venezuelana, che hanno posto come condizione necessaria la presenza di mediatori internazionali, si sono già consultati con rappresentanti del Cile, del Messico e del Paraguay i quali hanno confermato la loro disponibilità a partecipare al negoziato.

Nelle stesse ore Luisa Ortega Díaz, l’ex procuratrice generale del Venezuela, ex chavista di ferro diventata simbolo della ribellione contro lo strapotere governativo, scappata da Caracas dove rischiava di finire in carcere come è successo a leader dell’opposizione, ha presentato alla Corte penale internazionale (Cpi) dell’Aja una denuncia contro Maduro e altri membri del governo per crimini contro l’umanità.

Rimane intatto, e strategico per la comprensione della reale partita politico-economica in corso a Caracas, il credito di sei miliardi di dollari che l’impresa statale russa del petrolio Rosneft vanta su Pdvsa. E che il governo russo si guarda bene dal rinegoziare. È questo infatti il cavallo di Troia con cui, silenziosamente, Mosca si sta insinuando nel cuore del capitale petrolifero del Paese: la Faglia dell’Orinoco, la più grande riserva del mondo di shale oil (petrolio sporco, costoso da raffinare) in un Paese ormai in bancarotta.

Mosca ha appena firmato con Caracas un accordo per dilazionare nei prossimi dieci anni il pagamento dei 3 miliardi e 150 milioni di dollari di debito venezuelano nei suoi confronti per l’ultimo credito statale concesso nel 2011. Il nuovo calendario di pagamenti prevede quote minime per i prossimi sei anni e lascia per ora in sospeso il mancato pagamento di altre rate per vecchi prestiti accumulati negli anni. Una boccata di ossigeno finanziario per Nicolás Maduro.

Perché tanta disponibilità da parte di Mosca? «Perché lo sviluppo delle relazioni tra Russia e Venezuela dipende dal grado di mutuo beneficio tra i due Paesi» ha detto sibillino il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov. In realtà offrendo sostegno economico al boccheggiante Maduro, il presidente Vladimir Putin aiuta se stesso.

La Russia, insieme alla Cina, si sta mangiando l’economia venezuelana e il petrolio di Pdvsa è il boccone più ambito. Ma è un boccone proibito. Perché l’impalcatura costituzionale venezuelana blinda la struttura pubblica dell’impresa statale del petrolio. Spiega Roland Denis, ex viceministro della pianificazione degli albori del chavismo e da anni ormai critico feroce del regime venezuelano: «Mettere a tacere il parlamento, controllato dall’opposizione, per eliminare l’ostacolo a iniezioni di cash russo, è uno degli obiettivi principali di Nicolás Maduro. I russi in cambio di soldi freschi vogliono l’industria del petrolio, affare vietato per legge».

Citgo, l’impresa di raffinazione di proprietà venezuelana negli Stati Uniti è già ipotecata al 49,9 per cento dall’impresa russa Rosnefet. Ad ottobre Maduro e il presidente di Rosnefet, Igor Sechin, hanno firmato un nuovo accordo per l’investimento russo di 20 miliardi di dollari in progetti petroliferi nei giacimenti della valle dell’Orinoco. Mosca sta studiando come trasportare petrolio venezuelano nella raffineria Essar Oil nel porto indiano di Vadinar.

Pdvsa mette a tacere le voci annunciando su Twitter che «è stato avviato il processo di trasferimento per pagare gli interessi sulle obbligazioni».

Le agenzie di rating, nelle scorse settimane, avevano dichiarato «default selettivo» per 200 milioni di dollari di Pdvsa.

«Confermiamo la solvibilità e la solidità della nostra industria petrolifera, in una lotta contro le sanzioni illegali» sostiene l’azienda di Stato.