Benvenuti nella stagione del caos

La crisi dell’ordine americano divide L’Europa in due gruppi e inaugura una fase anarchica e pericolosa
/ 26.06.2023
di Lucio Caracciolo

C’è una stagione per l’ordine e una per il caos. La prima è segnata dall’egemonia di una potenza o di un gruppo di potenze. La seconda dal decadere dell’egemonia e quindi dell’ordine, mondiale e regionale. Viviamo questa seconda fase. Ma non ne siamo perfettamente consapevoli né disposti a trarne le conseguenze ultime. Le quali riguardano, come europei, la crisi del nostro sistema a guida americana. Sistema del quale è parte anche la Svizzera, pur mascherata da neutra, per ragioni più identitarie che strategiche. O forse solo per inerzia.

La crisi dell’ordine americano si riflette sulla sua organizzazione di sicurezza in Europa: la Nato. Mai come in questa guerra contro l’Ucraina le differenze interne all’aerea atlantica, passata dai dodici membri fondatori all’attuale trentina, è apparsa più palese.

Grosso modo possiamo distinguere due gruppi di Paesi. Il primo, centrato sulla Polonia, concerne gli Stati a ridosso della frontiera con la Federazione Russa. Cioè coloro che vorrebbero veder la fine della guerra insieme alla fine della Russia. Non basta difendere vittoriosamente l’indipendenza dell’Ucraina, serve abolire una volta per tutte la potenza russa dal libro della storia. Il grande «protettore» di questo schieramento, esteso dalla Scandinavia al Mar Nero e appena allargato alla Finlandia (domani forse anche alla Svezia), è il Regno Unito.

Nel gruppo di Paesi a cui appartiene la Svizzera si vuole la salvezza dell’Ucraina ma non se si rischia la guerra con la Russia

Siamo abituati a considerare Londra quale (not so) brilliant second di Washington. Non è così semplice. I britannici sono sì decisi a stare per principio con la loro ex colonia nordamericana, in quanto ascesa a superpotenza globale. Ma curando di porsi, quando possibile, un passo avanti. Segnalando così agli americani quanto abbiano bisogno degli inglesi per muoversi in un mondo che conoscono poco e cui non sono intellettualmente troppo interessati. La differenza fra un ex impero e una ex colonia.

Il secondo gruppo, abbastanza frastagliato, comprende i Paesi dell’Europa centro-occidentale, in particolare Germania, Francia, Italia e Spagna, insieme al Benelux e ai «finti neutri» Austria e Svizzera. Il punto di vista che avvicina questa parte d’Europa consiste nel volere la sconfitta della Russia, quindi la salvezza dell’Ucraina, ma non fino a rischiare la guerra con Mosca in vista della sua cancellazione dalla carta geografica.

All’interno di questa Europa vi sono sfumature dovute alla storia, alla geografia e soprattutto al grado di influenza di questi Paesi. La Francia si è sempre considerata sovraordinata al resto dell’Europa continentale e cerca di profittare oggi della crisi economica, politica e identitaria della Germania per tornare a visioni golliste che parevano ormai obsolete.

Gli Stati Uniti d’America faticano a tenere insieme queste intenzioni e questi interessi, spartiti lungo una faglia Est-Ovest simile a quella della guerra fredda ma a valori rovesciati. Con in più l’acuta questione turca, ovvero il rifiuto di Ankara di risolversi al rango di sentinella atlantica alla frontiera con la Federazione Russa. Erdoğan, rieletto contro tutti i pronostici, insiste anzi nella postura estroflessa e nelle dichiarate ambizioni imperiali.

La Turchia è, più di altri Paesi, il marchio di questa fase piuttosto anarchica della politica internazionale. Il più importante esercito atlantico dopo quello americano è schierato su più fronti e in modi apertamente differenziati rispetto agli interessi del Paese leader. Sicché Ankara cura contemporaneamente il rapporto con lo storico nemico russo, cui concede l’esenzione dalle sanzioni e con cui ha negoziato a partire dal febbraio 2022 ogni possibile margine per un cessate-il-fuoco in Ucraina. Allo stesso tempo i turchi si presentano sui territori nordafricani e balcanici, nel Levante e in Asia centrale. Certo, la loro crisi economica è sempre più profonda e il rischio di bancarotta è dietro l’angolo. Ma questo non sembra per ora alterare le ambizioni turche, che affondano in una visione della propria storia abbastanza smisurata.

Questa fase di disordine internazionale rilancia infatti il ruolo di potenze che fino a pochi anni fa potevamo considerare secondarie e che ora si riscoprono – forse velleitariamente – dotate di ambizioni grandiose. Citavamo prima la Polonia, in Europa. Lo stesso vale, in misura ben maggiore, per il Giappone in Asia. Per tacere della fantasiosa galassia che un tempo chiamavamo Terzo Mondo o area dei non allineati, cui oggi abbiamo attribuito il meraviglioso ossimoro di «Sud globale».

Tanta carne al fuoco non promette il ritorno a una qualche forma di ordine internazionale negli anni a venire. Sarà probabilmente questione di decenni, con relativi conflitti di minore o maggiore intensità. Sulla soglia della terza guerra mondiale, che Henry Kissinger immagina probabile entro cinque anni se cinesi e americani non troveranno un compromesso.

Conviene allacciare le cinture di sicurezza.