Battisti e lo sgarbo fra vicini

La cattura – Arrestato in Bolivia il terrorista italiano latitante in Brasile da anni
/ 21.01.2019
di Angela Nocioni

L’arresto in Bolivia di Cesare Battisti, sessantaquattrenne ex militante di un gruppuscolo terroristico italiano degli anni Settanta (i Proletari armati per il comunismo) condannato all’ergastolo in Italia per quattro omicidi compiuti durante gli anni di piombo, ha generato un tesissimo quanto silenzioso braccio di ferro tra il governo del Brasile e quello della Bolivia.

Il guazzabuglio mediatico che in Italia ha accompagnato la cattura di Battisti, al centro di un complesso caso giudiziario, ha lasciato in ombra il contesto in cui l’arresto è avvenuto.

Vale la pena tracciare la cornice diplomatica della vicenda perché la relazione tra i due Paesi geograficamente confinanti e politicamente agli antipodi – il Brasile, la potenza continentale in mano al neopresidente di ultradestra Jair Bolsonaro e la Bolivia, governata da dieci anni dall’indio e socialisteggiante Evo Morales – è stata fondamentale per la definizione dell’esito finale.

Non era infatti scontato che la Bolivia decidesse di rispedire Battisti in Italia. Tanto meno che lo facesse subito, senza prima esaminare ed eventualmente respingere la richiesta di essere accolto come rifugiato politico che Battisti avrebbe presentato in gran segreto il mese scorso alla Conare, l’organismo boliviano che analizza le domande degli aspiranti rifugiati (organismo di fatto totalmente governativo, dettaglio essenziale in questa vicenda).

Questi, in sintesi, i fatti.

Battisti, scappato a Rio de Janeiro nel 2004 per evitare la galera, finito in cella in Brasile nel 2007 e poi uscitone, dopo una rocambolesca serie di colpi di scena, è riuscito per anni a evitare l’estradizione in Italia perché il 30 dicembre del 2010 l’allora presidente del Brasile Lula da Silva, del Partito dei lavoratori, sinistra di governo, come ultimo atto alla fine del suo mandato, decise di respingere la richiesta di estradizione avanzata dall’Italia. Decisione politicamente discutibile e come tale discussa, ma legittima, giudicata formalmente e sostanzialmente impeccabile da una sentenza dello stesso Tribunale supremo, massimo organo giudiziario brasiliano che aveva valutato Battisti estradabile e aveva rimesso nelle mani del capo dell’esecutivo, come da Costituzione, la decisione politica sull’accoglimento o meno della richiesta italiana.

Da quel giorno Battisti, padre di un minore brasiliano, ha vissuto in Brasile con lo status migratorio di un qualsiasi cittadino straniero con regolare permesso di lavoro e di residenza permanente. Oltre la frontiera brasiliana sarebbe stato arrestabile, ma finché non si fosse mosso dal territorio brasiliano era protetto dalle leggi brasiliane.

Già l’anno scorso, fiutando un cambiamento di clima politico, aveva provato a varcare la frontiera con la Bolivia. Tentativo maldestro mai chiarito nei dettagli. Si ipotizzò anche una trappola. Fatto sta che fu fermato al confine. L’unico reato a lui imputabile allora era la detenzione di una quantità di denaro contante superiore a quella consentita dalla legge. Per averlo commesso fu portato in caserma. Per qualche ora il governo italiano diede per certo ed imminente il suo rientro in Italia, ma poiché le leggi brasiliane impedivano di estradarlo senza la regolare firma del decreto di estradizione, Battisti fu liberato.

Tecnicamente solo un blitz (illegale in quanto contra legem) avrebbe potuto prelevarlo dal territorio brasiliano e caricarlo su un aereo per portarlo in Italia senza la firma di un regolare decreto.

Negli ultimi mesi tutte queste condizioni sono cambiate. L’avvento al governo del presidente Temer (destra estrema) prima e di quello Bolsonaro (ancora più estrema) poi, un mutamento di equilibri nei rapporti tra Tribunale supremo e governo ha terremotato il quadro generale per Battisti, che è scappato prima che lo andassero a cercare. Quando il 13 dicembre hanno bussato a casa sua a Cananeia, litorale di San Paolo, per eseguire la richiesta di fermo del giudice Fux, l’italiano non c’era già più. È stato arrestato il 12 gennaio a Santa Cruz, nella parte orientale della Bolivia. Solo e senza soldi.

Poiché non risultava aver compiuto i tramiti migratori a un posto di frontiera, per la Bolivia era colpevole di ingresso irregolare e poteva essere espulso. La legge prevede che l’irregolare sia espulso oltre il confine più vicino. In territorio brasiliano quindi.

Per questo il presidente Bolsonaro è furioso. Perché dopo aver promesso al governo italiano e soprattutto alla sua opinione pubblica «la consegna del regalino» , aspirava a montare sulla consegna di Battisti all’Italia uno show politico non minore rispetto a quello allestito per l’arrivo di Battisti all’aeroporto di Ciampino.

Morales, ora accusato dalla sinistra interna al suo governo (compreso il fratello del suo vicepresidente) di aver «regalato a Bolsonaro un aspirante rifugiato senza aver dato il tempo a nessun giudice di esaminare la richiesta d’asilo», ha fatto in realtà un grosso sgarbo al suo potente vicino.