Banche centrali, troppa autonomia?

L’ex-governatore della Banca d’Inghilterra critica l’eccessiva indipendenza concessa oggi alle banche nazionali di vari paesi, fra cui alla Banca Centrale Europea. Un tema d’attualità anche in Svizzera
/ 20.08.2018
di Ignazio Bonoli

Il ruolo di garante dell’ortodossia monetaria e di principale strumento di lotta contro l’inflazione della banca nazionale (o centrale) di un paese viene spesso messo in discussione. Recentemente anche il presidente americano Trump teme che la politica della US Reserve finisca per contrastare quella dei dazi doganali e per provocare un rafforzamento del dollaro, accompagnato dall’aumento dei tassi di interesse. Sul fronte opposto, la banca centrale cinese – che è controllata dal potere politico – contrasta la politica commerciale di Trump anche con una svalutazione dello yuan, la moneta cinese.

In entrambi i casi il problema è quello dell’indipendenza (o meno) della banca centrale dal potere politico del paese. Anche in Svizzera il tema è stato di attualità durante la campagna per il voto sull’iniziativa «Moneta intera». L’iniziativa, tra le altre cose, chiedeva un diverso orientamento della Banca Nazionale, che avrebbe dovuto seguire le istruzioni del governo, oltre che provvedere al suo finanziamento. Anche in questo caso, uno degli argomenti contro l’iniziativa concerneva l’indipendenza della banca centrale.

Del tema si occupa un interessante volume dell’ex-governatore della Banca d’Inghilterra, Paul Tucker, dal significativo titolo Unelected Power, nel quale pone in discussione la legittimazione delle banche centrali in uno Stato di diritto. Il «potere non eletto» è quello dei governatori delle banche centrali che, di regola, non sono eletti da un Parlamento. Secondo Tucker, si tratta di un potere assoluto, al quale oggi andrebbero posti alcuni limiti. In sostanza, la discussione verte ancora una volta sull’indipendenza delle banche centrali, che è la fonte del potere dei loro governatori.

Abituati a vivere nell’ombra e a non dare pubblicità al loro lavoro, oggi sono spesso protagonisti non solo della politica economica, ma sempre più spesso anche della cronaca. In questo senso si possono anche definire i «Nuovi padroni dell’universo». La stampa anglossassone, per esempio, si compiace di chiamare il governatore della Banca Centrale Europea «Super-Mario». In realtà, con le crisi monetarie, il potere dei tecnocrati delle banche centrali è andato aumentando.

Storicamente questo ruolo così importante è abbastanza recente e l’indipendenza della banca centrale mal si concilia con lo Stato democratico. Il primo esempio di questa funzione è probabilmente quello della Bundesbank tedesca dopo la guerra, che doveva essere indipendente dal potere politico degli occupanti alleati. Nel tempo però questa indipendenza è stata limitata con una legge emanata dal Parlamento. Dopo la caduta del sistema monetario e il passaggio ai cambi flessibili, l’indipendenza delle banche centrali tedesca e svizzera è stata spesso citata come strumento essenziale nella lotta contro l’inflazione.

In seguito, vari studi hanno dimostrato che l’indipendenza è un fattore decisivo nel mantenimento della stabilità monetaria. Ed è proprio l’esempio tedesco che ha permesso di conferire un grosso potere autonomo alla Banca Centrale Europea. Oggi però il grande potere che accompagna questa indipendenza suscita qualche perplessità. Le banche centrali comprano grandi quantitativi di titoli statali, non solo, ma anche azioni e possono diventare «padrone» di Stati e imprese o dominano il mercato immobiliare attraverso i tassi ipotecari. Oggi sono perfino riuscite a introdurre interessi negativi, che sono una specie di imposta sul denaro, normalmente riservata allo Stato.

Queste le principali critiche di Tucker. Molti economisti e giuristi rispondono però che la politica monetaria è troppo importante per l’economia e l’ordine politico di uno Stato, per cui l’indipendenza e il successo nella lotta contro l’inflazione non sono in contrasto con la democrazia, tanto più che la storia dimostra come il finanziamento dello Stato mediante la stampa di moneta porti spesso al disastro economico e politico. Del resto è lo Stato che nomina il governatore, spesso a tempo limitato, e le grandi decisioni politiche vengono concordate.

Anche secondo Tucker l’indipendenza è accettabile, ma se accompagnata da un chiaro mandato, che obbliga la banca a operare nei limiti e nei tempi di questo mandato. In Svizzera il mandato, attraverso la legge, è piuttosto generico. La BCE avrebbe superato questi limiti con l’acquisto di titoli di vari Stati indebitati, garantendone quindi il rifinanziamento a condizioni di favore, evitando le necessarie ristrutturazioni. Tucker propone alcuni suggerimenti per migliorare la situazione: in primo luogo più trasparenza, obiettivi chiari e misurabili, limitare il numero di compiti allo stretto necessario. Tra l’altro propone anche di porre un limite massimo al bilancio della banca. Limite che in Svizzera sarebbe difficilmente applicabile, date le frequenti spinte al rialzo sul franco che la BNS deve contenere. In sostanza la banca centrale dovrebbe limitarsi al minimo fattibile per raggiungere i propri obiettivi. Cosa che – secondo l’autore – oggi alcuni banchieri centrali sembrano aver dimenticato.