Sei uomini circondano la famiglia all’aeroporto: marito, moglie e due bambini, di quattro e di sette anni. I quattro vengono portati in un ufficio nelle vicinanze, dove all’uomo viene notificato un documento in una lingua che non conosce, e gli viene chiesto di firmare. Di chiamare un avvocato o l’Ambasciata non se ne parla proprio. Uno dei bambini è ammalato, non viene permesso alla madre di aprire i bagagli per prendere le medicine. Vengono prese foto segnaletiche di tutta la famiglia, inclusi i bambini. I quattro vengono trattenuti per dodici ore, senza cibo né acqua e infine espulsi dal Paese. No, non è l’ennesimo racconto dal Pakistan o dall’Iran, non è neanche successo alla frontiera degli Stati Uniti a qualcuno proveniente dall’Iran: siamo a Zurigo, e la famiglia è quella di Mehran Marri, rappresentante per i diritti umani dei baluchi alle Nazioni Unite.
Le autorità svizzere hanno notificato a Mehran un documento che lo bandisce dalla Svizzera, e gli nega quindi la possibilità di parlare come d’abitudine alla Commissione per i Diritti Umani delle Nazioni Unite, per i prossimi dieci anni. Facendo un favore, un grossissimo favore a Islamabad che è chiaramente dietro il provvedimento in questione. Provvedimento che viola ogni pur minima pretesa di legalità e che porta in ogni riga il marchio dei servizi segreti pakistani. Il nome, anzitutto: il provvedimento è a nome di Mehran Baluch, nato in Pakistan. Mehran Marri (e non Baluch) è nato in Afghanistan, è cittadino britannico e con il Pakistan non ha nulla a che vedere. I dati suddetti sono in genere adoperati dall’Isi per cercare di mettere le mani su una delle voci più attive e più visibili nel denunciare le violazioni di legalità e diritti umani in Balochistan. Mehran viene accusato di essere a capo di una inesistente organizzazione terroristica, anche questa in uso alla narrativa dell’Isi, e soprattutto di aver sposato la sorella di Brahumdagh Bugti, considerato dal Pakistan un pericoloso terrorista. Strano ma vero, però, nessuno tocca Brahumdagh, che per inciso aveva quindici anni l’ultima volta che è stato in Pakistan: Brahumdagh Bugti vive da anni a Ginevra, e gli è solo stato vietato di svolgere attività politica.
Sono state cancellate d’ufficio dal governo svizzero, però, tutte le prenotazioni d’albergo effettuate a nome di altri leader baluchi che dovevano incontrarsi a Zurigo per concertare una strategia comune cercando di portare all’attenzione internazionale lo stato in cui da sempre vive la popolazione baluchi. Un altro Tibet, ignorato dai più. La verità è che il Pakistan è sul piede di guerra a causa delle ricorrenti campagne apparse sui muri di Ginevra e dopo su taxi e autobus di Londra: Free Balochistan, liberate il Balochistan. Ginevra aveva, al contrario di Londra, giustamente ignorato le proteste di Islamabad in nome della sacrosanta libertà di espressione. L’Europa non è il Pakistan, giusto? Ma evidentemente Islamabad e i suoi servizi segreti hanno altre frecce al loro arco per convincere le autorità di un qualunque paese europeo a comportarsi alla loro maniera. Nel documento notificato a Mehran si legge infatti che la sua presenza potrebbe «incidere sulle buone relazioni» tra la Svizzera e il Pakistan. Sarebbe interessante capire come. Ma una cosa è certa: agire in violazione così patente della legalità nei confronti di quattro cittadini europei non è cosa da prendersi alla leggera in nessun senso e costituisce un pericoloso precedente.
La moglie e i bambini di Mehran sono stati illegalmente detenuti e schedati, visto che non c’erano accuse a loro carico. Tenere due bambini piccoli per dodici ore senza acqua né cibo è contrario a ogni norma di decenza e di umanità, non è soltanto illegale. Notificare un provvedimento su informazioni non verificate e non corrette, in una lingua sconosciuta a chi lo riceve e senza la presenza di un legale è contrario a ogni norma di diritto. Tentare di estradare in Pakistan un oppositore politico del governo, che riveste una carica più o meno ufficiale alle Nazioni Unite non solo viola il diritto internazionale, ma significa mandare a morte certa, e prima alla tortura, un essere umano.
Di recente il governatore, al soldo del governo, del Balochistan ha dichiarato che l’unica soluzione possibile nella provincia è il genocidio: sterminare tutti gli oppositori così da avere mano libera nello sfruttamento della regione. Il genocidio è già in atto da anni, e non si ferma nemmeno davanti a donne e bambini. Migliaia di persone scomparse, fosse comuni, corpi torturati e abbandonati poi ai bordi delle strade sono soltanto alcune delle cose che Mehran Marri denuncia da anni instancabilmente alla Commissione Diritti Umani e al mondo intero. Se noi, l’Europa, accettiamo di spegnere la sua voce e quella di altri come lui, se accettiamo di togliere i manifesti dalle strade e dagli autobus, se accettiamo di rendere «flessibili» i nostri standard in fatto di legalità e diritti umani, se distogliamo lo sguardo da quello che accade in Balochistan o in altri posti del mondo, siamo peggio che testimoni silenziosi. Siamo complici.