Anche per il 2018 l’AVS deve annunciare una perdita di 2,2 miliardi di franchi. Preoccupa il fatto che un risultato negativo viene annunciato ormai per la quinta volta consecutiva. Questo conferma una tendenza di fondo che vede l’AVS sempre più in difficoltà nel rifocillare il conto che deve garantire almeno un anno dei contributi da versare ai pensionati. In termini monetari, per lo scorso anno questo si traduce nel fatto che i contributi versati dagli assicurati attivi sono stati di 1,04 miliardi di franchi inferiori alle rendite percepite.
Se nel 2017 i rendimenti del fondo AVS (oggi detto Compenswiss) sono stati sufficienti a coprire una perdita analoga, nel 2018 non lo sono più stati. Già in febbraio Compenswiss aveva avvertito che negli investimenti si registrava una perdita di 1,2 miliardi. Oggi abbiamo i dati concreti della perdita dell’AVS nel 2018, che è stata di 2,2 miliardi di franchi. Solo nell’anno della crisi finanziaria del 2008 si era registrato una perdita superiore. Sui mercati dei capitali erano, infatti, andati persi circa 4 miliardi di franchi.
Le cifre sono importanti, ma confrontate con il totale delle spese dell’AVS nel 2018 si tratta in sostanza del 5%. Le uscite sono state, infatti, pari a 44 miliardi di franchi, la maggior parte delle quali è dovuta al pagamento delle rendite. Le spese d’amministrazione sono state di circa 200 milioni di franchi. Impressionante è però il ritmo d’aumento delle uscite totali. Solo a partire dal 2013 le spese dell’AVS sono aumentate del 10%, salendo da 40 a 44 miliardi di franchi.
Si valuta inoltre che questo aumento tenderà ad accelerare. Secondo le proiezioni, entro il 2023, le spese saliranno a 49,4 miliardi di franchi, ma nei successivi cinque anni raggiungeranno la cifra di 57 miliardi. Si constata, infatti, che durante questi anni giungeranno all’età di pensionamento i figli del cosiddetto «baby boom». Secondo lo scenario di riferimento dell’Ufficio federale di statistica, il numero di donne e uomini che raggiungeranno l’età di pensionamento di 65 anni e oltre salirà nel 2035 da 1,6 a 2,4 milioni. A quel punto, l’evoluzione demografica, cioè l’invecchiamento della popolazione, si ripercuoterà pienamente sui conti dell’AVS. Non solo, ma se fino a pochi anni fa le cifre di previsione dell’AVS potevano essere considerate piuttosto pessimistiche, oggi sono invece piuttosto precise. Infatti, per il 2018 il divario tra contribuenti e beneficiari di rendite era stimato in 1,032 miliardi, nella realtà è risultato di 1,038 miliardi di franchi.
Risultati e proiezioni sottolineano la necessità di una riforma del primo pilastro. Che non può consistere solo nel pacchetto su cui si andrà al voto il 19 maggio. Si tratta in ogni caso di una iniezione di soldi benvenuta, soprattutto perché accompagnata da un aumento dello 0,3% dei contributi sui salari a carico di dipendenti e datori di lavoro. Gli introiti previsti basteranno a riportare in attivo i bilanci dell’AVS solo fino al 2022, mentre oggi il fondo AVS si vede costretto a vendere ogni mese titoli in misura di 125 milioni, al fine di disporre della necessaria liquidità.
Nel prossimo mese di agosto, il Consiglio federale prevede di sottoporre alle Camere il nuovo messaggio per la riforma dell’AVS. Esso prevede in particolare un ulteriore aumento delle entrate attraverso l’IVA, mentre si cercherà per l’ennesima volta di parificare l’età di pensionamento di donne e uomini a 65 anni. Un primo passo per quello che sarà probabilmente un generale aumento dell’età di pensionamento, come già avvenuto in parecchi altri paesi.
Ma gli appelli ai contribuenti per salvare le istituzioni sociali non finiscono qui. Anche l’Assicurazione contro l’invalidità (AI), per la prima volta dopo il 2011, chiude i conti con un passivo di 65 milioni di franchi, su un totale di uscite di 9,3 miliardi. La riforma del 2009 prometteva conti in pareggio e dal 2011 l’AI riceveva un miliardo di franchi, grazie a un supplemento di imposta. Supplemento che però è terminato nel 2017. La cosa preoccupa anche l’AVS, poiché il suo fondo è ancora creditore di 10,3 miliardi dall’AI, e non sono prevedibili ammortamenti nei prossimi anni. L’Ufficio federale delle assicurazioni sociali continua a prevedere un’estinzione del debito nel 2030. Ipotesi piuttosto ottimistica, considerato che si riflette ancora su come risanare l’AI. Alcune riforme sono state fatte, quella sulla riduzione delle indennità ai minori è in corso, ma se si decideranno nuovi finanziamenti esterni, la volontà di risanare potrebbe venir meno.