America Latina in sofferenza

Pil precipitato, nuovi milioni di disoccupati e 24 milioni di bambini bisognosi: questi gli effetti della pandemia da Covid-19
/ 18.01.2021
di Angela Nocioni

Russo, cinese, americano, o inglese. Venga da dove venga, un vaccino contro il Covid-19 e le sue varianti è atteso in America latina come manna dal cielo. Una vaccinazione di massa è un’emergenza assoluta. Non solo sanitaria, anche economica. Le analisi dei principali organismi internazionali, anche di quelli di opposta matrice d’origine, concordano nel denunciare il rischio imminente di un nuovo decennio perduto da un punto di vista economico (e quindi sociale) per il Continente. L’ultimo decennio perso ci fu negli anni 80, quando la crisi del debito mise in ginocchio l’economia latinoamericana con una serie di drammatici effetti a catena.

L’impatto della pandemia da Coronavirus dal Messico alla Patagonia ha avuto conseguenze pesantissime.
Si tratta della zona geografica più colpita in tutto il pianeta, nonostante non se ne parli come di un luogo di grande emergenza. Ci sono al momento quasi 15 milioni di persone infette e ci sono stati finora oltre 480’000 morti. Si tratta ovviamente di cifre inferiori a quelle reali perché molti contagi rimangono sconosciuti, lì come altrove, e molte morti non vengono denunciate come provocate dal virus, lì come altrove. Ma anche peggio d’altrove viste le condizioni medie della sanità pubblica. Le misure di limitazione agli spostamenti e le chiusure delle attività economiche, imposte in maniera diversa nei vari paesi, hanno avuto conseguenze inevitabili e drammatiche nell’economia.

Secondo la Commissione economica per l’America Latina e Caraibi, la Cepal, l’ultimo organismo in ordine di tempo ad avere pubblicato delle analisi dettagliate al riguardo, la regione soffrirà nei prossimi mesi una contrazione economica ulteriore rispetto a quella dell’8% registrata nel 2020. La contrazione degli ultimi mesi ne determinerà infatti una conseguente nei prossimi.

Le imprese chiuse per obbligo di isolamento hanno licenziato molti addetti. Le strade delle città rese deserte dalle quarantene hanno cancellato in un batter d’occhio moltissimi lavoretti in nero, dagli ambulanti, ai camerieri, alle colf. Essendo il lavoro informale l’unica entrata reale per moltissime famiglie, ciò ha creato uno sprofondare nella miseria che sfugge alle statistiche ma è visibilissimo nella quotidianità. Il Fondo monetario internazionale fa una diagnosi allarmante della situazione: l’epidemia ha cancellato buona parte dei successi ottenuti nella regione negli ultimi cinque anni. Secondo il Fondo monetario solo nel 2025 si riuscirà a recuperare, nella più rosea delle ipotesi, il reddito reale pro capite che la regione aveva nel gennaio del 2020.

L’Organizzazione internazionale del lavoro e la Cepal concordano nello stimare che si siano persi 48 milioni di posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione avrebbe raggiunto l’11%, quasi 3 milioni di imprese hanno chiuso. La disoccupazione ufficiale all’11% nasconde, secondo la Cepal, una disoccupazione reale almeno doppia. I più colpiti sono i giovani, le donne e i lavoratori poco qualificati. L’aspetto più triste della crisi economica riguarda i bambini. L’Unicef stima che in tutta la regione, compresi i Caraibi, siano almeno 24 milioni i bambini che hanno bisogno di assistenza umanitaria, il numero è più del triplo di quello dell’anno scorso. «Non avevamo mai visto tanti bambini bisognosi di un intervento di assistenza immediata, contemporaneamente, in tanti paesi» denuncia l’Unicef.

Secondo la Banca mondiale quasi 30 milioni di persone sono a rischio di scivolare nella estrema povertà. Un arretramento impensato fino a 12 mesi fa, quando la stessa Banca mondiale aveva previsto una diminuzione del 4% per il 2020 del numero delle persone in miseria. C’è stato un collasso storico dell’attività economica. Considerando che negli ultimi 6 anni la crescita economica è stata molto bassa, in media dello 0,3%, è improbabile che prima dei prossimi cinque anni ci possa essere un pieno recupero.

Di fronte a questo disperante panorama la Cepal raccomanda che gli aiuti statali alle famiglie e alle imprese non diminuiscano, si augura che aumentino le strategie di aiuto pubblico all’economia e quelle di politica fiscale perché, avverte, se invece diminuissero, il recupero previsto – già difficilissimo – sarebbe impossibile.
Non è chiaro con quali soldi dovrebbero essere realizzati questi interventi pubblici, visto lo stato generale delle casse pubbliche. Sta di fatto che lo stesso Fondo monetario, tradizionalmente il primo a prescrivere politiche di riduzione di spesa pubblica, sembra dubitare che si possa evitare l’implosione economica, e conseguentemente l’esplosione sociale, senza un intervento pubblico di sostegno alle imprese e al lavoro.